Paolo Gulisano (medico)
L‘annuncio trionfale dell’americana Pfizer sul vaccino induce a rimanere prudenti per una serie di ragioni: la sperimentazione è ancora in corso, ma questi annunci servono ad addomesticare media e opinione pubblica. Inoltre desta perplessità la tecnica utilizzata. E anche gli infettivologi più autorevoli lamentano la mancanza di dettagli sull’efficacia.
Quest’anno a Natale non festeggeremo la nascita del Salvatore Gesù, ma di un altro salvatore: il vaccino anti Covid. L’annuncio è stato dato dal gigante statunitense del farmaco Pfeizer, in una nota stampa diramata nella giornata di lunedì 9 novembre, in base ai primi dati del trial di Fase 3 che secondo l’azienda ha raggiunto un’efficacia di oltre il 90%, un risultato definito “quasi sbalorditivo” da Kathrin Jansen, capo della Ricerca e sviluppo sui vaccini in Pfizer.
Per una strana coincidenza, il trionfale annuncio di Pfizer è venuto proprio all’indomani della discussa vittoria elettorale di Biden, che tra le priorità del suo mandato ha parlato immediatamente della lotta al Covid. Ed ecco che il vaccino della Pfeizer sembra già marcare l’inizio di una nuova era per l’America e per il mondo.
L’annuncio ha avuto anche dei notevoli effetti finanziari, con una impressionante risalita delle Borse. In poco tempo, dopo l’annuncio, l’indice MSCI dei mercati azionari mondiali ha raggiunto un livello record. Sono aumentate sia le azioni Pfizer e BioNTech, ma anche quelle di altre aziende impegnate nello sviluppo dle vaccino Covid-19, che si trovano nella fase finale dei test, come AstraZeneca e Johnson & Johnson. Anche qui, probabilmente, una coincidenza.
Pfizer e il partner tedesco BioNTech (una azienda germanica ma fondata da turchi) sono le prime aziende ad annunciare dati positivi da uno studio clinico su larga scala di un vaccino contro il Sars-Cov2. Le aziende hanno affermato di non aver finora riscontrato gravi problemi di sicurezza e si aspettano di chiedere l’autorizzazione per l’uso di emergenza del vaccino Covid-19 alla Fda statunitense entro la fine di novembre, per le persone di età compresa tra 16 e 85 anni. Cioè quando avranno a disposizione i dati di sicurezza, dopo 2 mesi di follow-up, sulla metà dei partecipanti al trial.
Quindi, si tratta di una sperimentazione ancora in corso, tutta da verificare. Eppure l’opinione pubblica, debitamente addomesticata dai media, ha reagito accogliendo trionfalmente. Questo aspetto conferma una volta di più che questa “pandemia” è in realtà una epidemia mediatica, gestita magistralmente dai costruttori del consenso.
Ricordate quando meno di due mesi fa la Russia annunciò di essere arrivata alla realizzazione di un vaccino? La notizia fu accolta con freddezza, se non addirittura con scetticismo e ostilità. Evidentemente non si trattativa del vaccino giusto. Agli ingenui che applaudono con entusiasmo a questa “conquista della scienza”, si potrebbe far notare che già da settimane è in circolazione un vaccino anti Covid di fabbricazione cinese, che non viene praticato solo oltre la Grande Muraglia, ma anche in altri Paesi.
Uno di questi è il Brasile, dove però è stato dato l’annuncio, proprio il giorno del proclama della Pfeizer, di una grave reazione avversa in un soggetto vaccinato col prodotto cinese. Si tratta del vaccino CoronaVac sviluppato dalla società cinese Sinova Biotech. Come riporta l’agenzia Reuters, il blocco è arrivato dopo un incidente definito grave su uno dei volontari coinvolti nella sperimentazione. Sul vaccino cinese finora si è sviluppato un duro scontro politico in Brasile, in particolare tra il governatore di San Paolo, tra i più convinti sostenitori del farmaco cinese e il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, che ha sempre definito il CoronaVac il vaccino “di quell’altro Paese”, sostenendo invece il farmaco sviluppato dall’Università di Oxford e dalla Astrazeneca. Un vaccino peraltro che in fase di sperimentazione sta dando diversi problemi.
Deve essere chiaro quindi al grande pubblico che non ci sarà il vaccino, l’”antidoto” per eccellenza come hanno scritto i giornali di regime, ma dei vaccini, di vario tipo, origine, e azione. Quindi non una sorta di Messia farmacologico, liberatore dell’umanità dalle schiavitù dei lockdown e dagli incubi del virus iniettati nella gente da governi e media subalterni, ma semplicemente diversi tipi di prodotti, in concorrenza tra loro, in una concorrenza spietata. La posta è alta, e non è la salvezza dell’umanità.
Pfizer e BioNTech hanno un contratto da 1,95 miliardi di dollari con il governo degli Stati Uniti per fornire 100 milioni di dosi di vaccino a partire da quest’anno. Hanno inoltre raggiunto accordi di fornitura con Unione Europea, Regno Unito, Canada e Giappone. Per risparmiare tempo, le aziende hanno iniziato a produrre il vaccino prima di sapere se sarebbe stato efficace. Ora si aspettano di produrre fino a 50 milioni di dosi, o abbastanza per vaccinare 25 milioni di persone quest’anno. Pfizer ha anche dichiarato che prevede di produrre fino a 1,3 miliardi di dosi di vaccino nel 2021.
Come mai Pfeizer si è trovata improvvisamente in pole position nella corsa al vaccino? L’azienda farmaceutica statunitense è un colosso da 220 miliardi di dollari. Buona parte di questi profitti negli scorsi anni è venuto dal suo prodotto più celebre, il Viagra, ovvero il doping per il sesso. Un prodotto sui quali effetti collaterali non si è mai indagato con la stessa meticolosità usata per l’idrossiclorochina. L’anno scorso in un articolo sulla Bussola segnalammo che la Pfeizer aveva deciso di interrompere le ricerche sui farmaci per le patologie neurologiche, come il Morbo di Parkinson o l’Alzheimer, che tanta sofferenza recano a pazienti e famigliari, per dirottare ingenti risorse economiche nella ricerca sui vaccini. Evidentemente i dirigenti dell’azienda avevano visto lungo, e ora il budget messo a disposizione da quella scelta ha dato una spinta ad avvantaggiarsi su altri concorrenti.
Ma restano diverse incognite su questo vaccino, che utilizza la tecnologia dell’RNA messaggero (mRNA), che si basa su geni sintetici. Una tecnica molto discussa, che ha fatto parlare, per le persone che verranno sottoposte a questi vaccini, di “organismi umani geneticamente modificati”. Uno scenario inquietante. Ma restano altri dubbi sul “vaccino dei miracoli”: al di là di questi risultati sperimentali, risulterà davvero efficace e sicuro, che sono i requisiti indispensabili per un vaccino?
Uno dei maggiori esperti mondiali di malattie infettive, William Haseltine, già professore ad Harvard, un luminare nella ricerca sul cancro e su malattie del sistema immunitario, ha espresso molte perplessità, e in una intervista a Business Insider ha lamentato la mancanza di dati dettagliati rispetto all’affermazione di efficacia. Peraltro Haseltine aveva già espresso analoghe osservazioni critiche sulle uscite delle altre aziende impegnate nella corsa. Inoltre, non è dato di sapere per quanto tempo durerà l’immunità data da questo vaccino, che allo stato attuale dell’arte dovrebbe essere somministrato in due dosi, a ventun giorni di distanza l’una dall’altra.
Vaccini che potranno essere somministrati solo dai sedici anni in su. Perché? Anche qui mancano risposte chiare, anche se il fatto che la mortalità al di sotto dei sedici anni è pressoché nulla dovrebbe tranquillizzare i genitori più ansiosi, anche se la maggior parte delle persone, manipolate dal clima di terrore, probabilmente ignora questo dato.
Insomma: questi vaccini prodotti in fretta e furia, col pretesto dell’emergenza, presentano una serie di incognite di non poco conto. A fronte di tutto ciò, non varrebbe la pena insistere con le cure con farmaci già esistenti e con molecole a basso costo? Perché di questi farmaci si mette in dubbio l’efficacia mentre vaccini ancora in sperimentazione dovrebbero essere la panacea? E’ una domanda che forse ha già una risposta. Una risposta che esula dalle scoperte della medicina e si colloca a livello di interessi politici ed economici.
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