Caro contribuente. Visto che la cricca che vi governa per conto terzi vi ha accollato altri 20 miliardi di debito per salvare la “sua” banca, ricordatevi almeno questa foto:
e’ una grande storia d’amore. Lui è Giuliano Amato, l’immarcescibile e il mai imputabile, oggi elevato a giudice costituzionale, ossia topo nel formaggio, dal Napolitano. Quello fra le sue braccia è Giuseppe Mussari, capo di Monte dei Paschi, e messo dalla cricca alla presidenza dell’ABI, Associazione Bancaria Italiana.
Risale al 2010, quando – da intercettazioni di telefonate pubblicate da Corriere e Repubblica – risulta che Giuliano Amato disse a Mussari: “Io ti aiuto a prendere la presidenza ABI”, poi gli chiese dei fondi per il Tennis Club di Orbetello, di cui l’Intoccabile e Immarcescibile è presidente.
Roba da poco, 150 mila euro. Però pensate solo quel che succederebbe se una telefonata simile venisse fuori che l’ha fatta Virginia Raggi: apriti cielo, la magistratura “apre un dossier”, i giornali impazzano, il PD urla: disonesti, incapaci!
Invece, allora, niente. Amato era, come sempre, l’Impunibile. Mussari era dato “vicino a D’Alema”. Che infatti, sprezzante, sulla donazione al tennis club di Orbetello, sibilò: “Era uno dei compiti istituzionali della Fondazione”.
Provare che è stato Amato a mettere Mussari al vertice della potentissima Associazione Bancaria è ovviamente impossibile. Fatto sta che è stato a quel vertice – la confindustria di tutte le banche italiote, – finché il bubbone Montepaschi è scoppiato.
E’ un bravo banchiere, Mussari? Degno della raccomandazione dell’Immarcescibile? Accettato dagli altri banchieri perché ne aveva conquistato il rispetto le sue capacità tecniche e professionali?
Vediamo. A quel tempo era già noto che Mussari, per Montepaschi, aveva acquistao la banca Ambroveneta da Santander, che l’aveva pagata 9 miliardi, per 16,7: un sovrapprezzo clamoroso, incomprensibile, che ha fatto subito pensare che nascondesse qualche tangente miliardaria…
Forse c’era anche questa. Ma quel che ha scoperto l’indagine, era che Mussari e il vertice intero di Montepaschi non avevano capito a quanto ammontava la spesa. Ai magistrati, Piero Mantovani che era capo di Antonveneta, testimonia che al primo colloquio con Mussari e Vigni (il vice) “Ho colto in costoro uno smarrimento […] Forse solo in quel momento realizzarono che l’esborso sarebbe stato ben più elevato” di 9 miliardi. Per 9 miliardi Santander aveva rifilato Antonveneto a Mussari, ma il gran banchiere senese non s’è accorto che Antonveneto ha un passivo da 7,9 miliardi. Che si somma dunque al prezzo d’acquisto.
Quando glielo dicono, “ha un momento si smarrimento”. Montani se ne va chiedendosi – e lo dirà ai magistrati: “Ma questi han capito veramente quel che devono pagare?”.
Mussari, il gran tecnico, il futuro presidente dell’ABI, apparentemente non sa leggere i bilanci. O almeno così ci hanno fatto credere: perché questa è l’estrema linea di difesa, quella cui è ricordo un altro fallito politico, Gianfranco Fini in Tulliani: “Sono stato coglione, non disonesto”. Ma io tendo a credere nella incompetenza assoluta. Lo dimostra il fatto che Mussari e l’intero vertice della banca chiedono soccorso alle banche d’affari internazionali, Deutsche Bank, JP Morgan, Nomura per nascondere il buco, e si mettono nelle loro mani. Queste capiscono al volo i gonzi con cui hanno a che fare, e gli propongono dei derivati, “Alexandria”, “Santorini”, “Fresh” che produrranno perdite miliardarie a Montepaschi, e lucri miliardari a loro… quelli non sanno leggere un bilancio, figurarsi se sanno come funziona un derivato di DB o Morgan il Pirata. Sono infatti i derivati di salvataggio che Montepaschi adotta, la causa a cascata della sua rovina. Incompetenza su incompetenza.
Ricordo questi vecchi fatti – per cui dovrete pagare voi contribuenti – perché questo è il motivo radicale del degrado italiano: l’accurata e sistematica selezione e promozione di ignoranti nei posti-chiave che esigono competenza, responsabilità, esperienza. Attratti dal fatto che quei posti sono strapagati, la “politica” li ha occupati tutti – impedito che ci andassero quelli che sanno il mestiere, e ci ha messo i suoi – scelti precisamente in quanto incapaci.
Come dimostra Amato con Mussari, ma il fenomeno è visibilissimo anche nel privato: Vivendi sta per papparsi Mediaset, e Berlusconi, il grande imprenditore, è smarrito anche lui, s’è fatto cogliere di sorpresa, non ha capito i giochi del sagace energico Bolloré: in una parola, è un inadeguato al mondo moderno. Come aveva già dimostrato facendosi ammazzare il suo Gheddafi e poi espeller dal governo italiota da Draghi, Merkel e Sarko, è sotto il livello intellettuale e culturale che occorre non dico per vincere, ma per sopravvivere. Anche lui s’è scelto solo yes men. Non è un caso. E’ quel che han fatto Amato e D’Alema mettendo Mussari dove non doveva. Il risultato è il conto che siete chiamati a pagare voi, mica loro.
E’ così che l’apparato pubblico, anche e soprattutto quello tecnico – la “macchina amministrativa” – non risponde nemmeno più alle direttive del governante. E la sua sola occupazione è farsi strapagare, specie a livello dirigenziale.
Potreste credere che “lo Stato” sia sempre stato così. Non è del tutto vero. Io che sono vecchio, ricordo anni in cui la dirigenza pubblica era alquanto competente, sapeva progettare il futuro collettivo, e aveva stipendi più bassi. La “politica” ha eroso queste competenze, le ha sostituite con i suoi scherani con la tessera del partito. Ma lo scadimento decisivo è avvenuto in tempi abbastanza recenti, diciamo una ventina di anni fa.
Quando cioè, l’Occidente decreta la globalizzazione. Gli intoccabili e immarcescibili come Giuliano Amato o Napolitano, capiscono benissimo cosa questo significa: che il sistema Italia, da loro reso poco efficiente per mangiarne il grasso che cola, sarà investito dai venti tempestosi della concorrenza globale; il lavoratore tessile da 1,7 milioni di lire al mese sarà messo in concorrenza col messicano a 450 mila, col pakistano a 150 mila; la Fiat crollerà perché arrivano le auto giapponesi, che sono – semplicemente – di qualità migliore e più economiche. Insomma l’intera industria italiana, anzi l’intero settore produttivo viene esposto alla competizione globale; molti cadranno, alcuni lotteranno per sopravvivere, nel tremendo darwinismo tecnologico e sociale che sta per profilarsi. Ci saranno estinzioni di massa, riduzioni di paghe e di posti nel crudele clima di darwinismo sociale che sta per abbattersi sul sonnacchioso paese.
Con una sola eccezione: l’impiego pubblico. Quelli che gli economisti chiamano “servizi non vendibili” all’estero. Puoi importare un computer cinese, ma non un impiegato cinese da mettere al posto dell’impiegato comunale, del tranviere dell’ATAC, un messicano al posto dell’impiegato della Regione Sicilia o Calabria. Non puoi comprare un servizio pubblico dall’estero anche se costa un decimo.
Lorsignori l’han capito benissimo, ed è stato – ne sono convinto – in quel preciso momento che han deciso di farsi un ricco riparo di privilegi intangibili, mentre gettavano noi nella tormenta della competizione globale. Si son costruiti l’Isola Meravigliosa, il Castello di Cristallo delle Istituzioni: si sono decretati paghe altissime, si sono scritti loro le leggi che eterizzano il loro potere e privilegio, hanno imbarcato qualche milione di complici con paghe più alte che nel privato; sono saliti nella Arca di Noè dorata fra le nuvole, ed hanno tirato su la scala.
Il nostro destino non li riguarda, ormai hanno separato il loro dal nostro. Il calo del nostro prodotto interno lordo non li allarma, dato che loro aumentano l’esazione fiscale e si prescrivono gli aumenti. Sempre più ignoranti, sempre più incompetenti, sempre più inadeguati anche intellettualmente al mondo moderno – non fanno che ricevere ordini dalla centrali del pensiero unico americo-anglo – e sempre più ricchi. Nomina dopo nomina, scadimento dopo scadimento, siamo alla ministra della Pubblica Istruzione che ha fatto le elementari, al ministro del Lavoro che sputa sui giovani disoccupati e mostra il suo odio per gli intelligenti: “Vadano all’estero, così non rompono i coglioni qui”. Il che significa: non abbiamo bisogno di culture, esperienze, professionalità, perché al vostro posto abbiamo già messo nostri figli scemi, e i nostri Mussari. E sono stati loro, direttamente loro, a lasciare che l’Italia abbia perso il 25% della sua produzione industriale – negli stessi anni in cui i loro emolumenti e privilegi crescevano.
E avete visto come reagiscono appena si profila un pericolo dal basso, dal popolo, al loro potere inadempiente e indebito. Il Comune di Roma ha accumulato 13 miliardi di debito sotto i loro compari e scherani; non si sono mai nemmeno occupati di riscuotere gli affitti dell’immenso patrimonio immobiliare, tanto lo Stato ripaga da sempre tutti i loro buchi e furti.
Ma appena viene insediata la sindaca del5 Stelle, compare improvvisamente un Organo di Revisione che boccia il bilancio della Raggi: “E’ la prima volta!”, esultano i giornali: infatti. Prima, nessun organo aveva rivisto i conti di nessuno. La Regione Calabria non fa nemmeno bilanci scritti – così non sbaglia. “A casa, a casa!”, urlano le opposizioni. Quelle opposizioni che prima erano al potere e mai, dico mai, sono state disturbate da una “bocciatura” dei loro bilanci da parte di “revisori dei conti”.
E non basta. La magistratura apre dei dossier, dice e non dice, intercetta, e taglia uno dopo l’altro i personaggi di fiducia della sindaca. E lei, poverina, è culturalmente inadeguata – un po’ meno di Mussari però sì.
E viene intercettata notte e giorno, lei. “Dalle intercettazioni dello scandalo Campidoglio spunta una relazione tra la Raggi e il suo braccio destro ora rinnegato, Raffaele Marra”. Sulle loro “relazioni”, mai è stato sollevato tanto scandalo. La magistratura è stata discretissima sul grande amore che ha unito Amato a Mussari.
Finisce che voto 5 Stelle. Anche se so che non basterà. E’ tardi. Ormai l’italiota, dopo decenni di selezione darwiniana a rovescio, sta assumendo le fattezze e i costumi del selvaggio, tatuaggi, linguaggio belluino e inarticolato, nessuna tradizione né memoria del passato, incapacità di tenere in piedi una produzione industriale, espulsione rituale dei “cervelli” come qualche millennio fa il capro espiatorio.