Non ti perdere il nuovo colloquio fra Eugenio Scalfari e Bergoglio, mi avverte un amico. Che dire: ormai domina un senso di disagio e di pena. L’immagine complessiva: due decrepiti ricoverati, che si credono papi (o forse Dio) e straparlano di una religione di loro invenzione; che celebrano i loro sintomi adulandosi a vicenda, compiacendosi della loro alta “cultura” e “spiritualità”.
Scalfari ovviamente, avendo fatto il classico a Reggio Calabria 75 anni fa (ai suoi tempi dovevano essere buoni anche là) vuol far sapere che lui sa di filosofia ed è anche teologo.
“Santità, se me lo consente ora vorrei io porle due domande. Le ho già prospettate un paio di volte nei miei recenti articoli, ma non so come Lei la pensa in proposito”.
«Ho capito, lei parla di Spinoza e di Pascal. Vuole riproporre questi suoi due temi?».
Bergoglio indovina addirittura i pensieri di Scalfaro, li anticipa. I due si intendono senza parlarsi.
Il motivo per cui si son visti è infatti questo: papa Scalfari è tormentato da Spinoza, 1632-1677. Da come la Chiesa lo ha trattato. Non si da pace: “Spinoza sosteneva che Dio è in tutte le creature viventi: vegetali, animali, umani. Una scintilla di divino è dovunque. Dunque Dio è immanente, non trascendente. Per questo fu scomunicato…”
“E a lei non sembra giusto – ancora una volta Francesco indovina i pensieri dell’amico, li previene – “Perché? Il nostro Dio unico è trascendente. Anche noi diciamo che una scintilla divina è dovunque, ma resta immune la trascendenza, ecco il perché della scomunica che gli fu impartita». Ma benignamente, El Papa chiede a Il Papa del Giornalismo perché secondo lui la scomunica deve essere tolta all’immanentista e panteista.
Eugenio si lancia: “La ragione è questa: Lei mi ha detto in un nostro precedente colloquio che tra qualche millennio la nostra specie si estinguerà. In quel caso le anime che ora godono della beatitudine di contemplare Dio ma restano distinte da Lui, si fonderanno con Lui. A questo punto la distanza tra trascendente e immanente non esisterà più. E quindi, prevedendo questo evento, la scomunica si può già da ora dichiarare esaurita. Non le sembra, Santità?”.
Provate a rileggere la frase di cui sopra, “alta” e “filosofica” di Scalfari: egli s’immagina – glielo ha detto El Papa – che “tra qualche millennio” la specie umana si estinguerà. Allora le anime si fonderanno in Dio. Non chiedete: perché mai le “anime” dovrebbero “fondersi con Dio” solo dopo l’estinzione della specie, e non anche prima? Non chiedete, perché questo è “pensiero”, anzi pensiero alto, che a voi profani sfugge – e se non vi trovate nella fortunata condizione dell’esaltato Pensatore, sarete tentati di ritenere che il Fondatore abbia interrotto la sua quotidiana assunzione di aloperidolo e sulpiride, e sia quindi ricaduto nello stato a lui abituale di grandiosità delirante.
Invece tutto è chiarissimo: se Dio fosse lui, Eugenio,avrebbe da tempo non solo salvato Spinoza, ma risolto la questione della identificazione di Immanenza e Trascendenza, che tanto intensamente preoccupa le masse di ultranovantenni vicini all’estinzione, e quindi desiderosi di portare un po’ della loro immanenza nella trascendenza.
Il fatto allarmante è la risposta di Francesco: «Diciamo che c’è una logica in ciò che lei propone…”. Insomma se vede qualcosa di logico, siamo di fronte a un caso – ben noto alla letteratura psichiatrica – di folie à deux. A suo onore, va detto che El Papa resta inconcusso su Spinoza. Non posso, dice, togliere “ una scomunica emessa per censurare l’immanenza e confermare la trascendenza».
Il semidio Eugenio sorride sagace: “Se Lei lo facesse, Santità, avrebbe contro di sé la maggioranza della Chiesa?”. Ha capito tutto: Francesco vorrebbe, ma i tradizionalisti non glielo lasciano fare.
Su Blaise Pascal, invece, si trovano d’accordo. “ Personalmente penso che uno come Pascal andrebbe beatificato”, asserisce il Fondatore. El Papa accoglie l’alto suggerimento: “«Lei, caro amico, ha in questo caso perfettamente ragione: anch’io penso che meriti la beatificazione. Mi riserbo di far istruire la pratica necessaria e chiedere il parere dei componenti degli organi vaticani preposti”.
Sistemata così la causa di beatificazione del gran francese, a Scalfari preme di superare in altezza il livello spirituale già eccelso raggiunto.
“ Santità ha mai pensato di mettere per iscritto un’immagine della Chiesa sinodale?
«No perché dovrei?».
Perché ne verrebbe un risultato abbastanza sconvolgente, vuole che glielo dica?
«Ma certo mi fa piacere anzi lo disegni».
Il Papa fa portare carta e penna e io disegno.
Si assapori nei minimi particolari la profondità del pensiero filosofico del Grande, che solo dei malintenzionati possono equivocare per demnenza:
“Faccio una riga orizzontale e dico questi sono tutti i vescovi che Lei raccoglie al Sinodo, hanno tutti un titolo eguale e una funzione eguale che è quella di curare le anime affidate alla loro Diocesi. Traccio questa linea orizzontale poi dico: ma Lei, Santità, è vescovo di Roma e come tale ha la primazia nel Sinodo perché spetta a Lei trarne le conclusioni e delineare la linea generale del vescovato.
“Quindi il vescovo di Roma sta sopra la linea orizzontale, c’è una linea verticale che sale fino al suo nome e alla sua carica. D’altra parte i presuli che stanno sulla linea orizzontale amministrano, educano, aiutano il popolo dei fedeli e quindi c’è una linea che dall’orizzontale scende fino a quello che rappresenta il popolo. Vede la grafica? Rappresenta una Croce“.
Tutto ciò è pieno di significato. Un significato abissale e profondo – Scalfari ha capito la Croce – sorto nella sua mente grandiosa e originalissima durante l’intervallo della somministrazione di aloperidolo. Un significato che a voi profani ovviamente sfugge, e nella vostra pochezza sareste tentati di invocare un TSO per il Grandde Vecchio. Sempre difficile convincere tali personalità a sottoporsi a un TSO volontariamente (“i matti siete voi, io sono sanissimo”): può aiutare a volte informarli che saranno ospitati in uno speciale stabilimento, dove incontreranno personalità all’altezza della loro irraggiungibile grandiosità: quasi sempre c’è fra gli ospiti un Napoleone, o un Giulio Cesare.
Ovviamente, invece, El Papa – tale è il suo livello di spiritualità – capisce subito il profondissimo significato: «È bellissima questa idea, a me non era mai venuto di fare un disegno della Chiesa sinodale, lei l’ha fatto, mi piace moltissimo».
La loro intesa è perfetta, sono fatti l’uno per l’altro, i loro pensieri coincidono senza il minimo scarto. Poco prima avevano risolto da statisti le grandi linee della politica mondiale. El Papa non è tranquillo sul G20: «Temo che ci siano alleanze assai pericolose tra potenze che hanno una visione distorta del mondo: America e Russia, Cina e Corea del Nord, Putin e Assad nella guerra di Siria».
Qual è il pericolo di queste alleanze, Santità?
«Il pericolo riguarda l’immigrazione”. Francesco ha intuito il formarsi una alleanza occulta fra Trump e Putin , fra Assad e Kim e Xi – insomma un’alleanza mondiale – contro gli immigranti, insomma a fianco di Salvini.
“Ecco perché il G20 mi preoccupa: colpisce soprattutto gli immigrati di Paesi di mezzo mondo e li colpisce ancora di più col passare del tempo».
Scalfari è d’accordo. Anzi, ci ha pensato prima de Il Papa: “Anch’io ho pensato più volte a questo problema e sono arrivato alla conclusione che, non soltanto ma anche per questa ragione, l’Europa deve assumere al più presto una struttura federale. Lei del resto questo tema l’ha più volte sollevato, perfino quando ha parlato al Parlamento europeo”.
“È vero, l’ho più volte sollevato». E ha ricevuto molti applausi e addirittura ovazioni. «Sì, è così, ma purtroppo significa ben poco. O l’Europa diventa una comunità federale o non conterà più nulla nel mondo. Ma ora voglio farle una domanda: quali sono pregi e difetti dei giornalisti?».
Qui Scalfaro dà un contributo vermente originale, tratto dalla sua propria esperienza. Indica come difetto principale dei giornalisti “fare proprie le idee di una persona più saggia e più esperta attribuendole a se stesso”.
El Papa apprezza, stupefatto di tanta acutezza: «Quest’ultima cosa non l’avevo mai notata. Che il giornalista abbia le proprie idee e le applichi alla realtà non è un difetto, ma che si attribuisca idee altrui per ottenere maggior prestigio, questo è certamente un difetto grave».
Ma questo è niente, piccole briciole di due intelligenze sovrumane. C’è ben altro nel colloquio: in poche righe, Scalfari e Francesco hanno inventato una nuova religione, che mette d’accordo credenti ed atei. Eccola:
“Il Papa naturalmente sa che io sono non credente, ma sa anche che apprezzo moltissimo la predicazione di Gesù di Nazareth che considero un uomo e non un Dio. Proprio su questo punto è nata la nostra amicizia. Il Papa del resto sa che Gesù si è incarnato realmente, è diventato un uomo fino a quando fu crocifisso. La “ Resurrectio” è infatti la prova che un Dio diventato uomo solo dopo la sua morte ridiventa Dio.
Bellissima intuizione, sarebbe bene che Francesco la mettesse per iscritto in un’enciclica dogmatica: Gesù era solo uomo, ma dopo la morte è ri-diventato Dio. Perché Francesco condivide la stessa idea nuovissima, rivoluzionaria, lo asserisce infatti Eugenio, il suo interprete fedelissimo:
“Queste cose ce le siamo dette molte volte ed è il motivo che ha reso così perfetta e insolita l’amicizia tra il Capo della Chiesa e un non credente”.
E’ questo che li rapisce e lascia infinitamente grati l’uno all’altro: questa amicizia così perfetta e insolita. Guardi che bella ruota di pavone faccio, Santità; certo anche la sua è meravigliosa. “Sì è vero, mi fa piacere che l’abbia notata. In Vaticano dove dominano gli invidiosi e i faresieri tradizionalisti, fanno finta di non vedere la mia ruota.
Mandano a monte le mie rivoluzionarie riforme, le lasciano a metà, disobbediscono…sono insopportabili. Sa che ho dovuto licenziare in tronco il cardinal Muller perché non obbediva avanzava obiezioni.
C’è chi dice che le riforma di Bergoglio falliscono perché sono squinternati prodotti di una mente sconnessa, bisognosa forse di cure. Non sarà certamente Eugenio, l’amico perfetto, il suo alter ego ed alter-papa, a diglielo. Per questo El Papa ha bisogno di parlare spesso con lui: ne riceve quella che nel DSM è chiamata “la fornitura narcisistica” (narcisistic supply) di cui, dato il suo disturbo, non po’ fare a meno, altrimenti diventa cattivo e ancor più sconnesso, aggredisce e incolpa dei suoi fallimenti i suoi sicofanti più leccapiedi, li umilia e li ferisce.
Qualcosa infatti è già visibile ” nel ristorante a Casa Santa Marta, la residenza del Papa dentro alle mura del Vaticano. Il tavolo di Francesco, infatti, non si trova più al centro del locale. Ora è in un angolo: Bergoglio mangia con pochi, selezionatissimi, commensali. E dà le spalle al resto della sala”.
Non è un pettegolezzo. E’ un sintomo. Infantilismo e dispetto malsano, di un’anima che non è certo avviata sul cammino di santità . Presto, questo Papa farà qualche gesto ancor più inconsulto e demenziale. Il problema è che i media sosterranno che è un gesto rivoluzionario.