“2030, non possiederai nulla e sarai felice”.
Diligentemente, questo articolo è apparso su Repubblica (“Green”) del neocon Molinari:
“Usare, non comprare”. La filosofia dell’abbonamento ha i suoi vantaggi (economici e ambientali)
La “Subscription economy” permette di accedere a servizi o prodotti in abbonamento invece di acquistarli. Una strategia commerciale che accontenta aziende, clienti e stimola l’economia circolare
Quando il possesso cede il passo all’usufrutto. È il concetto alla base della Subscription economy (economia della sottoscrizione), un modello di business che permette ai consumatori di usufruire di beni servizi in abbonamento e quindi senza acquistarli a titolo definitivo. Gli esempi più immediati sono quelli di Netflix, Spotify, Amazon Prime e Apple Arcade ma rientrano nella stessa categoria anche i noleggi a lungo termine e la mobilità condivisa. Si paga un tanto al mese, in base all’uso, e restano chiari gli equilibri tra proprietario e utilizzatore.
Un fenomeno in forte espansione ha una filosofia di fondo capace di convertire i paradigmi aziendali. Per capire meglio ci siamo rivolti a Domenico Martellotta, co-fondatore e responsabile dello sviluppo del business di Sidea Group, azienda che affianca i clienti nella loro transizione verso i modelli di business della Subscription economy. “Si parla di economy perché la trasformazione verso modelli di consumo sottoforma di subscription è un dato oggettivo che investe non soltanto le industrie dell’intrattenimento, dei media o del software, già abbondantemente impattate da questo modello, ma anche industrie come quelle del manufacturing o del retail (vendita al dettaglio)
Il gruppo di consulenza strategia McKinsey&Company ha suddiviso l’economia della sottoscrizione per il retail in tre categorie: il rifornimento di merci e di materiali di consumo, la persona e gli accessi di tipo premium. Si tratta di macrocategorie elastiche al cui interno rientrano ampie gamme di prodotti che vanno dall’uso di consumabili (per esempio per le stampanti) fino alle assicurazioni, dalle scatole di cosmetici che si possono acquistare a prezzi moderati fino ai corsi di formazione, passando da elettrodomestici e vestiti.
Vantaggi e svantaggi per i consumatori
Che siano clienti business o privati, i vantaggi sono tanti: “La logica della Subscription economy prevede una relazione di fiducia tra l’utilizzatore finale e l’azienda. Affinché il cerchio della fiducia si chiuda positivamente, è importante che al cliente sia consentito di gestire l’uso di un abbonamento con il massimo della flessibilità, della sicurezza e della trasparenza”. Per contro gli svantaggi sono pochi: “Se un cliente ravvisa che la sua esperienza non è soddisfacente o non ha bisogno del bene può disdire l’abbonamento”, spiega Martellotta. “Oggi il mercato sembra presentare delle complessità, un esempio è quello del noleggio a lungo termine o dei leasing. Avere un’automobile significa avere rapporti con diversi interlocutori tra assicuratori, meccanici, carrozzieri e gommisti. Alcuni consumatori prediligono un unico interlocutore e il massimo servizio possibile pagando una rata mensile omnicomprensiva”, aggiunge Martellotta. In caso di necessità il consumatore chiama il servizio clienti dell’azienda a cui paga la rata e i suoi bisogni dovrebbero essere soddisfatti.
Subscription economy ed economia circolare
Usare un prodotto per il tempo necessario significa di fatto usufruire di qualcosa che non è di primo uso, questo dà vita a un mercato secondario e, oltre a ciò, ci sono parametri di sostenibilità: “Le aziende della Subscription economy fanno i conti con i concetti di equità, di sviluppo sostenibile e di economia circolare che impattano in maniera differente su diversi business. Volendo fare un esempio, quando l’industria della moda troverà il modo di gestire l’usato o i capi da riciclare, potrà facilmente sfruttare le community legate al marchio e dare vita a un ciclo di economia circolare“. Magari mettendo in condizione i consumatori di acquistare a prezzo vantaggioso capi usati o di collezioni passate o, perché no, concedendone l’uso con un abbonamento.
Le ricadute positive per l’ambiente sono innumerevoli. L’accesso alla multimedialità online permette di ridurre i supporti digitali quali cd, dvd, chiavi usb e persino dischi fissi.
Nella Subscription economy rientra anche la mobilità condivisa. Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) – benché i dati siano ancora da consolidare – una vettura in car sharing sostituisce 8 automobili. A Brema (Germania), laddove le informazioni sono più attendibili, i 3 mila utenti abituali di car sharing contribuiscono a emettere 2 mila tonnellate annue di CO2 in meno nell’ambiente.
L’Italia non è indifferente, anche se il Nord sembra essere più sensibile alla mobilità condivisa. Milano con oltre 2.600 veicoli in car sharing e Torino con 881, superano da sole la somma dei veicoli disponibili nelle altre città censite dall’Osservatorio Sharing Mobility riferiti al 2020.
Unendo le informazioni, le 7.104 automobili in car sharing permetterebbero di sostituire più di 56 mila automobili. Le automobili condivise stentano a entrare nella mentalità del nostro Paese in cui sono immatricolati oltre 39 milioni di veicoli. (Dati Aci, 2020)
Vantaggi e svantaggi per le aziende
Le aziende possono creare pacchetti e diversi livelli di accesso a fronte di abbonamenti più o meno costosi. Possono diminuire gli sprechi reimmettendo parte della produzione nell’economia, possono concentrarsi sulla fidelizzazione dei clienti. Ci sono anche effetti meno visibili: nel 2020, il costo globale dei pagamenti non andati a buon fine è stato di 118,5 miliardi di dollari (107,4 miliardi di euro), situazione tipica di chi conclude senza successo – per qualsivoglia motivo – una transazione online e lascia il carrello così com’è, senza portare a termine l’acquisto. La Subscription economy evita questo scenario, poiché le transazioni sono ricorsive, direttamente su conto corrente o carta di credito.
RIUSO
Nella Ciclofficina si impara a riparare le bici e a pedalare senza rischi
“Le aziende devono comprendere come poter evolvere i propri modelli di business e poi capire come gestire le complessità tecnologiche. – spiega Martellotta – È fondamentale l’uso di soluzioni tecnologiche specifiche che fanno da strumenti abilitanti verso i nuovi standard, per esempio di contabilità. Nel lungo periodo si ottiene così un circolo virtuoso in termini di crescita”.
I dati e l’osservatorio
“Numeri freschi relativi all’Italia non ci sono – conclude Martellotta – c’è però l’osservatorio Subscribed Institute che monitora la Subscription economy su scala mondiale”. Tra i dati elencati relativi alle crescite delle aziende che sposano la filosofia dell’abbonamento emerge che, limitatamente alle imprese Usa, europee e asiatiche, le cifre d’affari sono aumentate fino al 300% in 7 anni e che, i servizi o i beni concessi ai clienti, hanno una redditività fino al 40% superiore rispetto alla vendita tradizionale degli stessi.
Francesco Maria Agnoli: nell’articolo c’è una frase rivelatrice, che consente di individuare chi ci guadagna e chi ci perde, Se “i servizi o i beni concessi ai clienti, hanno una redditività fino al 40% superiore rispetto alla vendita tradizionale degli stessi”, ci sarà qualcuno che paga quell’ in più: ovviamente i locatari..
Luigi Copertino: Tante parole indorate – ecosostenibilità, ambiente, condivisione, sharing – per nascondere una grande operazione di esproprio, di induzione all’abitudine dell’usa e getta, di sottomissione (subscription?) e di dipendenza dalle multinazionali. È appunto il “comunismo delle multinazionali” o “capitalismo della sorveglianza” che dir si vuole. Una supposta indorata ma dolorosa. Ciascuno decida. Per quanto mi riguarda l’auto, un libro, la casa sono tutte cose che voglio sentire mie, toccare con mano, non percepire sfuggenti ed a tempo. Che vuoi, sono un seguace del Dio che si è fatto carne. Non uno spiritualista evanescente.