Se ci sarà un «dopo», che «dopo» sarà? – Danilo Quinto –

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.

(Dante, Commedia, Canto XXVI, verso 19)

Per la quasi totalità delle persone la certezza è doppia: il dopo ci sarà e sarà più bello di prima.

L’«andrà tutto bene», accompagnato dalle canzonette di Sanremo, dai balletti sui balconi, da «Bella Ciao», dai colori dell’arcobaleno e in attesa degli «abbracci», che dovrebbero risolvere tutto, ha questo significato:

siamo noi i padroni assoluti e incontrastati del nostro futuro.

Questo accade mentre le persone che hanno bisogno non hanno ancora ricevuto, in Italia, nemmeno un euro per sopravvivere; mentre nel Sud, lasciato per decenni nelle mani delle organizzazioni criminali, già si manifestano i primi segnali di «rivolta»; mentre il Governo si affida alla Scienza, che ha un solo consiglio da dare: «restate a casa»; mentre, a causa dei 37 miliardi tagliati negli ultimi vent’anni nella sanità, in onore dei patti scritti con l’Europa dei tecnocrati e dei burocrati, sembra si sia costretti a scegliere chi deve morire e chi deve vivere; mentre i mezzi militari sfilano per le strade di Bergamo per trasportare in altre città le bare dei morti, che non trovano più posto nel cimitero; mentre, fino a 20 giorni fa, quando i morti erano qualche centinaia (oggi si avvicinano ai 10.000, almeno quelli contati), si facevano circolare, sui canali informativi pubblici, voci di scienziati che sostenevano si trattasse solo di un’influenza, intere giunte comunali si facevano fotografare nei ristoranti cinesi per dare solidarietà, in nome dell’«antifascismo», si organizzavano aperitivi pubblici per «non fermare l’Italia»; mentre, con l’accondiscendenza della Chiesa, si sono chiuse le chiese, non si possono celebrare i matrimoni religiosi (ma quelli civili, sì) e i funerali, non si può pregare e non si può assistere alla Santa Messa, mentre si possono acquistare sigarette e giornali e si può fare la corsetta e far fare la pipì al cane; mentre medici e infermieri muoiono in tanti perchè, dopo due mesi dalla dichiarazione di stato di emergenza per epidemia, che indicava la data della sua fine al 31 luglio, senza darne adeguata comunicazione, ancora non sono stati dotati di mascherine e degli altri strumenti di protezione, come avviene per i farmacisti, per gli impiegati dei supermercati, dei servizi pubblici essenziali, delle forze dell’ordine … ; mentre aumentano i suicidi, tra chi soccorre i malati e tra le persone che sono chiuse nelle loro case, abbandonate a se stesse, sia in quanto malati sia in quanto vecchi lasciati in solitudine.

Abbiamo paura, perchè è inevitabile avere paura, ma nulla ci può distogliere dal nostro impegno quotidiano: aggrapparci alle cose della terra e non vedere il Cielo.

Possiamo tutto e vogliamo tutto. Il «grido rivoluzionario» del ’68, icasticamente coniato da Nanni Balestrini per il suo libro del 1971 – «Vogliamo tutto», appunto – spiega, a distanza di oltre cinquant’anni, l’«andrà tutto bene».

Quel «grido» ha seminato tanto e bene nel nostro Paese. Bisogna ammetterlo, proprio in questo momento. L’uomo vuole che «andrà tutto bene», è convinto che «andrà tutto bene» e «vuole tutto». Sa che il suo volere può e deve divenire potere. Quel «grido» è divenuto ideologia dominante, totalizzante. Pensiero unico, incontrastato e, ormai, incontrastabile.

E’ inutile girarci attorno. La certezza dell’uomo deriva da un delirio. Un’«alterazione della coscienza», così come la definisce la psicoanalisi. L’uomo può tutto e la sua Scienza diventa Potere, si trasforma in Tecnocrazia e asseconda questo potere assoluto dell’uomo. Lo sostiene e lo alimenta. Erige una forma di dittatura – senza precedenti rispetto al passato – sull’uomo e dell’uomo, determinando sia le sue scelte sia i suoi comportamenti.

Quale altra parola, se non «delirio», può meglio definire questa condizione patologica in cui si trova l’uomo contemporaneo?

Sono io a creare quello che mi circonda. Posso non solo crearlo, ma modificarlo, manipolarlo e adattarlo a seconda delle mie esigenze e dei miei desideri. Della mia libertà, che esercito senza alcun tipo di vincolo. Perchè la libertà non mi è stata donata. Me la sono presa e basta. Me la prendo ogni giorno, ogni momento della mia vita, quando e come voglio. Non c’è nulla che viene prima di me, a cui io debba soggiacere e obbedire.

La mia vita è regolata dalle leggi che mi confeziono su misura, che saranno sempre giuste e amministrate sempre secondo giustizia, perchè lo stesso concetto di giustizia è solo mio. Io ne sono il titolare, lo confeziono e lo modifico a seconda delle circostanze. E’ del tutto relativo. Ne sono io l’autore e lo uso quando e come mi pare e piace. Non può essere condizionato da nulla, non può rispondere a nulla che sta sopra le leggi.

Sopra le mie leggi, esiste solo il nulla, il vuoto. E’ solo la mia coscienza a decidere quello che è bene e quello che è male. Solo a lei devo rispondere.

Insomma, l’uomo dice di se stesso: «Io sono».

Il Figlio di Dio ha usato la stessa espressione per definire se stesso: «Io sono».

Incontrando i Giudei, dice loro (Gv 8, 21-30):

«Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire».

I Giudei, che non capiscono, replicano: «Forse si ucciderà, dal momento che dice: Dove vado io, voi non potete venire?».

Gesù risponde, per chiarire: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che io sono, morirete nei vostri peccati».

Quelli chiedono: «Tu chi sei?».

Gesù risponde: «Proprio ciò che vi dico. Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto; ma colui che mi ha mandato è veritiero, ed io dico al mondo le cose che ho udito da lui».

I Giudei non capiscono che parla di Suo Padre e Gesù aggiunge:

«Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo. Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite».

Quando Gesù dice di se stesso «Io sono», svela la sua origine divina: rivela di essere Dio.

Quale altra grande ambizione può avere l’uomo «di questo mondo» se non quella di imitare Dio, ribellandosi alla Sua potestà, così com’è indotto a fare da quella realtà fisica e spirituale che per prima si oppose a Dio, perchè avrebbe voluto essere come Lui?

«Sarete come Dio», dice il serpente alla Donna che viene sedotta (Gen 3, 5).

Allora, se mi garba, posso provare ad essere come Dio, come accettò di essere il primo Uomo, che è il responsabile principale dell’originaria ribellione a Dio e del conseguente peccato originale, che marca ogni singolo individuo fino alla fine dei tempi.

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Posso sciogliere quello che Dio ha legato per sempre. Distruggo le famiglie e la società, in omaggio al mio desiderio che si veste di libertà.

Sono solo io – uomo – a stabilire, prima in modo clandestino e poi per legge, che sia cosa buona e giusta dare e togliere la vita quando voglio.

Posso anche crearla in laboratorio, la vita. La chiamo fecondazione assistita omologa, se uso gameti (ovuli e spermatozoi) appartenenti a entrambi i membri della coppia che la richiede, oppure eterologa, attraverso gameti provenienti da un terzo soggetto estraneo alla coppia (una donna che fornisca l’ovulo o un uomo che fornisca il seme). Tecniche programmate di riproduzione e di dissoluzione insieme all’uso di un linguaggio appropriato, che serve per nascondere l’iniquità.

Posso eliminare le vite che non mi piacciono. In fondo, che cos’è un embrione, se non un «grumo di cellule» di cui ci si può sbarazzare? Allora, organizzo gli screening della popolazione in gravidanza grazie alle tecniche di selezione prenatale, così faccio sparire dalla faccia della terra quegli orribili bambini down e quegli sgorbi di bambini che presenterebbero altro tipo di malformazioni. Che orrore! Se qualche piccolo essere sfugge ai controlli – ma è raro, perchè la tecnica è diventata sofisticata – sono stato previdente: ho previsto in alcuni Paesi, sempre per legge, la sua soppressione alla nascita.

Basta incunearsi in una comunità, poi le altre seguiranno le indicazioni, per spirito di emulazione o per convinzione indotta.

Io amo il bello e il buono. Perciò, quando non la voglio o non mi piace, mi accanisco su una creatura di quattro o trentasei settimane: un essere che posso eliminare senza tanti problemi e buttarlo poi nei rifiuti speciali, senza neanche una degna sepoltura e senza versare una lacrima.

Le lacrime? Non mi appartengono. Non so cosa siano. Io vivo per godere! Solo per questo. Ho diritto alla mia felicità!

(iL RESTO SU:

https://gloria.tv/post/2qeJfSLW8s14AVKWb6TkeH8DR)