di Mauro Faverzani
Pubblicato su Corrispondenza Romana
Il pensiero unico avanza e la libertà d’opinione subisce nuovi, preoccupanti attacchi. Ora non son più solo le leggi sulla cosiddetta “omofobia” ad imporre il bavaglio, l’ideologia cerca d’affermarsi anche in altri ambiti, principalmente in quello storico, poiché rileggere il passato consente di orientare il presente e riscrivere il futuro.
È quanto avviene in Spagna, dove il governo Sánchez, socialcomunista, ha da poco approvato un progetto di legge sulla «memoria democratica», che impone a tutti, dicasi tutti come vincolante il proprio punto di vista sugli eventi relativi alla guerra civile ed al regime di Franco, perseguendo penalmente chiunque “osi” pensarla diversamente. Verranno rimossi tutti i simboli del periodo, ritenuti contrari alla “dottrina” di regime, verranno cancellate tutte le benemerenze ed i titoli assegnati ai protagonisti dell’epoca, inoltre verranno dichiarate nulle le sentenze e le punizioni pronunciate in quel periodo, il che implica il diritto ad una dichiarazione di riconoscimento e di riparazione personale.Verranno liquidate anche le Fondazioni o perché ritenute prive d’interesse generale o a causa della loro attività, quando ritenuta affine all’apologia del franchismo: un provvedimento, questo, che pone evidentemente nel mirino la Fondazione «Francisco Franco», costretta ad andare in tribunale, per difendere il proprio diritto a sopravvivere.
Ovviamente la legge non poteva trascurare la Scuola, chiamata ad indottrinare le future generazioni ed a formare le nuove schiere di insegnanti. Verrà istituito un «Consiglio Democratico della Memoria» con funzione consultiva e verrà istituito un registro delle organizzazioni, per distinguere quelle allineate da quelle non allineate.Una situazione inquietante, ma non l’unica purtroppo. Ormai si moltiplicano – sempre più frequenti e sempre più preoccupanti – i segnali provenienti dall’esecutivo spagnolo, al punto da spingere gli stessi Vescovi a mettere in guardia i propri fedeli: il governo – afferma l’episcopato spagnolo – sta cercando di «decostruire e smantellare la visione cristiana del mondo» in un numero crescente di ambiti, dall’educazione alla statalizzazione, dall’eutanasia all’aborto, dalla giustizia alla «memoria democratica». Quello in atto è un vero e proprio progetto di destrutturazione globale, tale da porre a rischio le libertà individuali.
Non è solo questione di Covid, specificano i Vescovi:
«Siamo coinvolti in una profonda crisi istituzionale, con alcuni gruppi che cercano di aprire una nuova fase costituzionale e di sostituire un quadro politico, che ha dato grande stabilità alla Spagna».
Il monito, forte e chiaro, è contenuto in una dichiarazione di 95 pagine, pubblicata dall’episcopato lo scorso 28 luglio, per fissare le linee-guida pastorali per la Chiesa iberica sino al 2025:
«Con la sua missione profetica, la Chiesa è obbligata a denunciare questi attacchi alla libertà ed alla giustizia. Gli spagnoli non vivono più in una cultura ispirata alla fede cristiana. Per molti le verità cristiane sono diventate incomprensibili, così come le norme morali, che emanano dal Vangelo».
Durante la pandemia, precisano i Vescovi, «l’evangelizzazione è stata ostacolata dall’erosione dei legami familiari e dalla perdita di fiducia nella Chiesa». Molti, troppi hanno vissuto, insomma, «come se Dio non esistesse».
Durante l’omelia della S. Messa, celebrata lo scorso 25 luglio alla presenza di re Felipe VI e della Famiglia Reale, l’arcivescovo Julián Barroi di Santiago, ha esortato la popolazione ad evitare di «sostituire la realtà con l’ideologia». Un messaggio chiaro, tale da richiedere al più presto una reazione adeguata, per evitare che la coscienza e la storia della Spagna possano venir cancellate da propositi eversivi.
Ma siamo sicuri che tale rischio riguardi soltanto la Spagna?