Sapete chi sta istigando la secessione della Catalogna? Chi s’ingerisce delle questioni della Spagna per destabilizzare l’intera Unione Europea?
Ma Vladimir Putin, ovviamente. Ve lo conferma di David Alandete. Che non è un blogger ignoto, ma un direttore editoriale del maggior quotidiano progressista ispanico, El Pais, l’equivalente del nostro La Repubblica. Lo fa sul sito online, a dire il vero,non sul cartaceo. Ha cominciato il 22: a sostenere l’indipendentismo catalano, ha scritto, “c’è la stessa macchina di notizie false di cui la Russia s’è servita per indebolire gli Stati Uniti e l’Unione Europea – essa dispiega tutta la sua potenza in Catalogna, secondo le analisi dettagliate dei siti pro-russi e dei profili Facebook condotte da questo giornale. Dopo le campagne occulte a favore del Brexit, di Marine Le Pen e dell’ultradestra tedesca , il Cremlino ha visto nell’indipendentismo catalano un’altra opportunità di allargare le fratture europee e consolidare la sua influenza internazionale. Si vale di pagine web che pubblicano voci, di attivisti come Julian Assange, di una legione di robots digitali e milioni di pagine automatiche sui media sociali per assicurare che le menzogne siano condivise milioni di volte su Internet”. Fra i complici di Putin Alandete addita “Justin Raimondo, director del sitio web AntiWar y activista antiglobalización”, ma soprattutto – gravissimo indizio – “che ha appoggiato Trump”. La prova sta nel fatto che ha pubblicato un articolo che si domandava: “Catalogna: una piazza Tiananmen spagnola?”.
https://elpais.com/autor/david_alandete/a /
Successivi articoli di questo Alandete portano altre prove della stessa concretezza: “Siti pro-russi pubblicano storie in inglese, spagnolo, russo e tedesco dove equiparano la crisi in Spagna ai conflitti in Crimea e in Kurdistan” (25 settembre),
“Hacker russi aiutano a tenere attivo il web referendario” , in quanto i siti secessionisti, chiusi dalla polizia in Spagna, sono emigrati su server “russi o di satelliti” (27 ), fino al “Le reti pro-russe aumentano del 2 mila per cento la loro attività a favore del referendum in Catalogna”; aiuto comprovato dal fatto che lo hashtag “catalan” aumentato di 2 mila volte nell’ultima settimana”.
Guarda un po’: prima di “Catalogna” non parlava nessuno, adesso ne parlano tanto sul web e nei tweet. I russi. I complici.
Magari può essere un indizio il fatto che il nome di David Alandete compare nella “Guida dei falchi israeliani” stilata nel 2004 dal professor Shlomo Avneri, che può essere consultata con profitto qui:
https://www.project-syndicate.org/commentary/a-field-guide-to-israeli-hawks?barrier=accessreg
Così si capisce meglio come, dopo la esplicita minaccia di morte contro Putin “se non porta le sue forze armate fuori dalla Siria”pronunciata da Ayelet Shaked, la ministra della giustizia talmudica in Israele, dovunque i media e la propaganda occidentale stanno accelerando quella mostrificazione o satanizzazione di Putin – la sua “reduction ad Hitlerum” – che deve rendere urgente e inevitabile la guerra finale di Usa ed Europa contro la Russia, secondo la volontà di Sion.
Già ci hanno spiegato, che il Cremlino è dietro la campagna per il Brexit e che ha pagato Marine Le Pen; adesso il Time ci rivela che c’è la Russia anche dietro il crollo elettorale di Angela Merkel e l’affermazione dello AfD. Infatti “un terzo dei voti a favore dello AfD vengono da cittadini che parlano il russo”, cosa più che probabile dato che i voti al partito”populista” sono stati tanti nella ex Germania Est, dove si concentrano anche i poveri, gli sfavoriti, i più spaventati dall’invasione di immigrati e probabilmente i più critici della politica anti-russa della Merkel (a cui sono contrari l’80 percento dei tedeschi). Anche qui è illuminante vedere che l’autore dell’articolo del Time su come Putin ha fatto perdere Merkel, si chiama Simon Shuster (j). E l’autore dell’articolo sul britannico Observer sulla “campagna di disinformazione guidata dal Cremlino [e da chi sennò?] contro il cancelliere Angela Merkel” per l’ondata di immigrati, si chiami Jacub Janda. Sul New York Times c’è financo un Mikhael Schwirtz che si domanda fra lo sgomento e l’angosciato: “German election mistery: why no Russia meddling?” : Il mistero delle elezioni tedesche: perché nessuna ingerenza russa’?
Il New York Times è così profondamente impegnato e dedito a sostenere che Putin ha influenzato le elezioni americane facendo vincere Trump invece di Hillary – senz’altra prova che la ripetizione dell’accusa, ancora e ancora e ancora, ossessivamente – che non riesce a capacitarsi. E insinua: se non c’è stata alcuna ingerenza di Putin in Germania, vuol dire che c’è sotto qualcosa di loschissimo.
D’altra parte, il fatto che la campagna mediatico-politica sul “Russiagate” continui anche adesso che Trump è stato normalizzato e fa ciò che richiede il deep state, ossia nuove guerre, non ha ormai altro scopo che questo:preparare la giustificazione della guerra “vera” e grossa, contro la Russia , come esige Sion.
Vi sarà già noto che il 19 settembre scorso, è comparso sui media mainstream un breve video dove l’attore Morgan Freeman, con la sua vecchia faccia di negro ragionevole, dice agli americani,fissando su di loro lo sguardo:
“Durante le ultime elezioni, siamo stati attaccati. Siamo in guerra con la Russia. Voglio che il nostro presidente sieda nel suo ufficio ovale e vi dica: concittadini americani, durante le ultime elezioni siamo stati attaccati dalla Russia…”.
Non è che il vecchio negro queste cose le ha pensate da solo (anche se è noto per essere filo israeliano). Il video è stato prodotto e pagato da un “Committee to Investigate Russia”, creato fresco fresco da alcuni dei più fanatici khazari neocon incistati nel potere statunitense: David Frum, già braccio destro di George W. Bush ed ora direttore della rivista The Atlantic, Norman Ornstein, dell’American Enterprise Institute, il think tank ebraico dietro l’11 Settembre (20 membri dello American Enterprise erano entrati nel governo di Bush jr. per pilotare l’invasione dell’Irak, il “nemico principale” di Israele all’epoca), Max Boot, un ebreo nato a Mosca ed oggi nel molto influente Council on Foreign Relations, l’attore e regista Rob Reiner, così fanaticamente j che mesi fa accusò Jared Kushner di “aver voltato le spalle al giudaismo” in quanto genero di Trump. Infine nel mucchio è James Clapper, l’ex capo della National Intelligence sotto Obama, che si è dimesso quando è stato eletto Trump: un notorio guerrafondaio, esponente di rilievo del deep state militare-industriale ammanicato con gli interessi israeliani.
“We are at war with Russia”, siamo in guerra con la Russia, compita Morgan Freeman, ventriloquo pagato di questi bellicisti per Sion : è loro l’ossessione che l’America deve subito rispondere con la guerra, perché Putin ha forze armate in Siria, perché gli iraniani sono in Siria troppo vicini ad Israele che si sente in pericolo esistenziale, perché Putin non ha obbedito a Netanyahu che è andato come un pazzo a parlargli del pericolo iraniano per lo Stato ebraico.
In questi giorni in cui la Corea del Nord minaccia di assorbire l’attenzione e sviarla dal Nemico Principale del momento per Sion, infiniti articoli e speciali tv hanno passato il messaggio: è Teheran che ha realizzato i missili di Kim, è l’Iran che collabora a fargli costruire l’atomica; non perdiamo tempo a fare la guerra a Pyongyang; colpiamo l’Iran e tutto si risolve.
E’ lo stesso “ragionamento” che vedemmo all’opera l’11 Settembre, quando i Wolfowitz e gli altri J nel governo Bush proclamarono: sì, è stato Osama bin Laden! Per questo bisogna invadere immediatamente l’Irak che ha le armi di distruzione di massa, e rovesciare Saddam che sta con Al Qaeda. Perché Israele voleva distruggere l’Irak che, in quanto potenza regionale , la minacciava “esistenzialmente”.
Ammaestrati dal passato, non prendiamo alla leggera questa pioggia di accuse contro Putin. Proprio loro incredibilità, stupidità e assurdità è, per noi, il segno più minaccioso, segnala insieme l’isteria irrazionale del gruppo direttivo e gli eccessi di una propaganda già di guerra: anche nel 1914 si proclamò che i tedeschi tagliavano le mani ai bambini belgi, e tutte le opinioni pubbliche antitedesche ci credettero. La mostrizzazione e satanizzazione passa anche per questi spudorati eccessi.
Si prenda nota di questo passo, le parole con cui sul New York Post, il tenente colonnello Ralph Peters argomenta che bisogna che gli Stati Uniti facciano subito la guerra ai russi in Siria:
“Bashar al-Assad e i suoi sostenitori hanno abbandonato cinicamente a noi [americani] l’onere di distruggere l’ISIS per concentrarsi, loro, sul macello di civili, lo sterminio dei combattenti per la libertà e il torturare a morte migliaia di detenuti a morte.Ora che noi abbiamo fatto il lavoro pesante anti-ISIS, ci vogliono escludere dal gioco finale e schiacciare i nostri alleati kurdi e arabi”.
E’ il contrario speculare della verità. Non si creda che Ralph Peters sia un militare in pensione che vaneggia su un giornale secondario. Egli è l’autore di questa mappa:
Che mostra il ridisegno dei confini in Medio Oriente, ossia la progettata frantumazione degli stati a cui Israele è nemica per linee di frattura etniche e religiose, che fu pubblicato sul Journal of the Armed Forces nel giugno 2006, e mostrato durante una riunione NATO a Roma, provocò l’uscita per protesta degli ufficiali turchi: vi si vedeva come la Turchia verrebbe smembrata per ritagliare uno stato curdo.
Attraverso Peter parla il complesso militare industriale filo-israeliano, una fazione estrema che ragiona: gli Usa sono tanto più forti della Russia, che non si corre alcun rischio a bombardare le loro basi in Siria e dar loro una lezione definitiva. Ovviamente ciò è nei desideri più ardenti di Sion.
I Kalibr russi hanno indotto la portaerei Roosevelt ad uscire dal Golfo
A Peter ha risposto in un articolo Andrei Martianov. Che non è affatto un filorusso: uscito dall’accademia navale di Kirov, oggi il personaggio lavora per lo US Naval Institute e la sua rivista Proceedings . Quindi è uno passato al nemico.
Ebbene: Martianov ricorda a Peters e a quelli per conto dei quali parla, che l’idea di una facile vittoria sulla Russia in Siria è dilettantesca. Ricorda che come (implicita) risposta alla morte del generale Asapov in Siria, ucciso con l’aiuto dei puntatori americani, l’aviazione strategica russa ha lanciato un missile da crociera invisibile X-101, che ha un raggio di 5.500 chilometri; arma che può lanciare dal proprio territorio o da quello iraniano senza problemi, data questa prodigiosa gittata. Ossia al riparo di una ritorsione Usa che non dispongono che di Tomahawk il cui modello TLAM-A Block II ha una gittata massima di 2500 chilometri, a BlocK Iv, il più prodotto, con un raggio di 1.600 . Senza contare i cento nuovi bombardieri strategici russi TU-22M3 che possono rifornirsi in volo e hanno a bordo un’arma “alquanto intimidente, lo X-32 di crociera, che dopo mille chilometri arriva sul bersaglio alla velocità di Mach 4,2″, praticamente imparabile, ed è mirato alle portaerei. Martianov ricorda al dilettante che il 7 ottobre 2015, quando una piccola lanciamissili russa lanciò tre Kalibr M14s su un bersaglio dello Stato Islamico in Siria, non fece impressione ai terroristi, “fece una tale impressione” a noi che “la portaerei Theodore Roosevelt e la sua squadra d’appoggio lasciarono quasi immediatamente il Golfo” e si posero prudentemente fuori portata dei Kalibr: i quali hanno una gittata di “soli” 2500 chilometri. Si sa che in caso di guerra “vera”, le portaerei Usa avrebbero una sopravvivenza di una ventina di minuti.
http://www.unz.com/article/russia-the-800-pound-gorilla/
Altre voci cercano di riportare alla ragione i promotori del conflitto diretto con la Russia in Siria. La credenza di costoro nella forza militare Usa come “la migliore armata della storia” è da ridimensionare, sostiene William J Astore su Tom Dispatch, 12 settembre 2017. Titolo: “The Superpower That Fought Itself — And Lost” – la superpotenza che ha combattuto se stessa – ed ha perso.
Dopo un ventennio di dispiegamenti continui, la Us Air Force è sempre sollecitata all’azione,ma non ha abbastanza piloti per i suoi caccia e bombardieri: gliene mancano 1200.
Forze speciali continuamente sollecitate (attualmente, circa 8 mila commandos sono dispiegati in 80 paesi, fra cui 500 in Siria) sono allo stremo psichico, con alto numero di suicidi
General: US special operations forces are stretched too thin
http://www.latimes.com/nation/la-na-special-operations-20170525-story.html
Le velocissime e manovrabilissime navi da guerra della Marina entrano in collisione con grossi e lenti bastimenti da carico
Forze disperse in centinaia di basi estere. Armamenti forniti dalla Cia o dal Pentagono agli alleati locali, che si ritrovano in mano ai nemici. Conflitti di sempre incerto successo. “Presenti dappertutto, vittoriose da nessuna parte”, commenta Astore. Gli sfugge però il fatto essenziale: che il Pentagono non fa le guerre per vincerle, ma per farle durare, come chiede il complesso militare industriale per mantenere il pieno impiego nelle sue industrie e non licenziare i lavoratori. Per l’America, “guerra” è qualcosa che si fa in casa d’altri, quindi non occorre che finisca.
Ma, come si vede, più che i materiali (che si sostituiscono) e i proiettili, l’F-35 che non funziona, sta cedendo “il fattore umano”. I piloti mancano. I naviganti sono incompetenti, stressati, disorientati. Le teste di cuoio si suicidano.