La “rivoluzione culturale” che è in corso in Usa è un tumultuoso ribollire di idee negre, raccolte con venerazione dai media e dai miliardari umanitari che le finanziano. Così’ le tv hanno dato lo spazio dovuto al “gran maestro Jay capo della NFAC” che descrive come creerà uno stato etnico nero all’interno gli Stati Uniti, poiché i suoi uomini sono tutti ex tiratori estremamente disciplinati ed esperti tiratori … finiranno davvero male per questi ragazzi (i bianchi del KKK)”. Il che è un bel passo avanti per un movimento che erra nato contro la discriminazione subita dai negri. Non più uguaglianza, ma superiorità.
Nella Zona Liberata di Seattle, i giornalisti che vi sono stati ammessi hanno parlato rapiti di “concerti, proiezioni di documentari, pacifici raduni…. ”fino a quando la polizia, forzando la mano della sindaca Jenny Durkan, l’hanno sgomberata: dopo “quattro sparatorie – due fatali – rapine, aggressioni, violenze e innumerevoli crimini contro proprietà. La morte in una sparatoria di un sedicenne e il ferimento di un quattordicenne grave lunedì”, scrive Buchanan. Ma la sindaca, a imperitura memoria di quella che ha definito “un’estate d’amore”, ha annunciato che avrebbe preservato un giardino comunitario e opere d’arte e murales che i manifestanti hanno creato all’interno della zona autonoma”.
Buchanan commenta: “Le statue di Washington, Jefferson, Jackson, Lincoln, Grant e Theodore Roosevelt vengono abbattute, mentre i murales e i graffiti dei disadattati che hanno distrutto il centro di Seattle devono essere conservati”.
Ma questo è appunto il sintomo più significativo della serietà della rivoluzione in corso: il rigetto di tutta la storia passata, e più radicalmente di ogni figura esemplare nobilitante, con la scusa che erano comunque razzisti e schiavisti, – per tornare allo stato originario senza obblighi né riconoscimento di alcuna superiorità, né cultura, né civiltà. La tabula rasa, il progetto delle vere rivoluzioni.
Del resto l’abbattimento delle statue sembra essere agli ultimi, per mancanza delle stesse: ciò perché perché sono le autorità, sindaci e governatori progressisti, a farle abbattere loro per primi, in segno di sottomissione ai voleri negri, prevenendo i loro desideri – prima che essi li esprimano. Le ultime ad andare, quelle di Cristoforo Colombo e della regina Isabella che stavano davanti al Campidoglio di California dal 1883, con decreto del locale Senato a maggioranza assoluta. A New York, a fare il “defund the police”, è stato Bill De Blasio, il sindaco, che ha tagliato un miliardo di dollari al Dipartimento degli agenti.
Questa urgenza dei privilegiati bianchi o appena colorati di anticipare, precorrere le volontà di Black Lives Matter e Antifa, di fumati e drogati in rivolta, fa nascere un dubbio: che in fondo a voler rigettare ogni esemplarità nobilitante, a volersi congedare da ogni cultura superiore al negrismo, siano loro.
Il dubbio diventa certezza dopo che un giovane lettore, Massimiliano, studente di chimica, mi scrive:
sfogliando una rivista online, il Journal of Organic Chemistry, mi sono imbattuto in questo editoriale:
Confronting Racism in Chemistry Journals
Ossia “Lottare contro il razzismo nelle pubblicazioni scientifiche di Chimica”.
In questo editoriale, firmato all’unanimità da tutti i membri e i collaboratori, evocato sacralmente “il brutale omicidio di George Floyd” come prova dei “secoli di violenza sistemica subiti dai neri americani”, notano che anche la Chimica ci sono “i gruppi sottorappresentati” che non riescono a pubblicare nei giornali scientifici a causa dei “pregiudizi e discriminazioni”: sono meno rappresentati non solo “i neri”; ma i “generi”, insomma la “diversity” non è garantita per nulla.
Ragion per cui, i redatttori fanno sapere ai futuri chimici neri che, che loro hanno deciso: “ Ci impegniamo a intraprendere le seguenti azioni:
- Raccogliere e rendere pubbliche le nostre statistiche sulla diversity all’interno delle nostre riviste, includendo i nostri redattori, consulenti, revisori e autori; riferire annualmente sui progressi
- Formazione di redattori nuovi ed esistenti per interrompere la distorsione nella revisione tra pari (peer review)
- Inclusa la diversità dei collaboratori del giornale come metro di giudizio esplicito della validità del direttore
- Nominare un difensore civico che funga da collegamento tra i redattori e la nostra comunità
- Sviluppare un piano di diversità attuabile per ogni rivista che compare nella ACS (American Chemical Society”
Insomma d’ora in poi, quando il Journal of Organic Chemistry riceve una ricerca, prima di pubblicarla esamina anzitutto una cosa: quanti negri, quante lesbiche e transessuali, quanti latinos e gay hanno contribuito alla ricerca? Se le quote delle “minoranze sottorappresentate” non risultano rispettate, il comitato di redazione non pubblica; e considera il direttore responsabile del giusto mix; lo giudicherà in base alla sua apertura ai LGBTQ* e ai suoi pregiudizi…
Insomma, commenta il giovane lettore: “Gli editori di questa rivista americana” , per antirazzismo, “hanno accettato di schedare, di fare delle classifiche razziali di tutti gli autori, editori e reviewers di tutte le istituzioni (università, laboratori eccetera) che scrivono e lavorano per la rivista. Questi dati saranno consegnati alla ” community ” che vedrá poi come agire. La ” community ” é la seguente:
https://axial.acs.org/2020/06/19/editorial-feedback/
Che poi in seguito prendereranno ” provvedimenti “. Le dico come finirá. Tutte le istituzioni verranno tacciate di razzismo avendo in maggioranza scienziati bianchi o asiatici, essendo quelli i piú intelligenti popoli della Terra. I suprematisti neri imporranno ” quote nere “. Fallirá tutto. Si mangeranno la scienza nell’occidente”.
Quello è sicuro. Ma qui voglio notare come immediatamente l’istanza “anti-discriminazione”, nelle azioni di questi aderenti alla Rivoluzione, si trasformi in dittatura totalitaria e repressiva: schedature, preferenze razziali, censure, denunce al sorvegliante supremo dell’antirazzismo in Chimica.
La Associazione Chimica Americana (ACS) sta infatti dettando le regole e dando le disposizioni come l’Organo del Partito. “Consiglia” letture del tipo:
- L’equità e l’inclusione nelle scienze chimiche richiede azioni non solo parole
- Come supportare e promuovere i chimici neri
- Cosa devono fare gli editori per combattere il razzismo, il sessismo e la parzialità nelle loro riviste
Siamo in pieno maoismo, completo di Guardie Rosse e corsi di rieducazione: applicato alla Chimica USA.
La seconda cosa da notare è come questo comitato antirazzista della rivista, ancora una volta, esaudisca la volontà dei militanti negri non solo prima che si manifesti, ma senza che si manifesti affatto.
Da quel che risulta, nessun gruppo di militanti neri, nessun comitato suprematista della razza afro sta pretendendo vociando e sparando di prendere possesso di acidi e basi, metalli e metalloidi, né afferma – esercitando la giusta violenza – la supremazia afro sulle valenze chimiche, né imporre nuovi catalizzatori, e gestire al modo negro le formule di struttura; abbiamo ragione di ritenere che, pur mossa dall’invidia più acuta, la comunità negra non invidi il genio di Mendeleyev né pretenda la sua quota nella tavola periodica degli elementi, anzi ne ignori del tutto l’esistenza.
No. Tutto l’antirazzismo immediatamente totalitario in nome della “diversità di genere”, viene instaurato dalla volontà delirante del gruppo dei redattori del JOC, fra cui spesseggiano bianchi, non di rado j. Sono loro,i bianchi, che per ideologia sono disposti a distruggere la scienza, la loro scienza stessa: che poi è un dato ricorrente di ogni totalitarismo “di sinistra”, basti ricordare la genetica staliniana egemonizzata da quel Lysenko, che affermava la “ereditarietà dei caratteri acquisiti” per fedeltà all’ideologia di Marx ma, anche più, al proprio potere tirannico sulla comunità.
Il che ci induce a guardare con un altro occhio tutte le genuflessioni pubbliche, ostentate, dolenti dei bianchi davanti ai militanti negri. Si inchinano appena possono (e in vista di telecamere) i frequentatori delle migliori e più costose università; piegano il ginocchio i più pagati giocatori delle squadro di successo; si genuflettono, ornati di sciarpe africane, la Pelosi e tutti i senatori deputati democratici, che sono ricchi sfondati. Con ciò, certo, provano ad esorcizzare l’invidia negra, che hanno sentito sul collo per tutta la loro vita; ma intanto, il potere e i miliardi se li tengono loro.
La rivoluzione “culturale” in corso infatti, tra il ribollire di idee avanzate dai negri militanti, ne manca vistosamente di una: pretendere la tassazione al 90% dei redditi al disopra – diciamo – dei 50 miliardi dei plutocrati, i cui nomi sono noti, che dispongono attualmente ciascuno di 100-200 miliardi con cui possono permettersi vizi di potere dannosi (come Bill Gates) o sprechi superflui come Elon Musk, e alimenta il Deep State.
Come sempre,le rivolte negre non si tramutano in rivoluzioni; restano jacqueries e disordini senza sbocco politico, se i plutocrati non li aiutano. E i Soros li aiutano, ma solo fino al punto di far cadere Trump, di obliterare la Chimica, di abbattere le statue di Junipero Serra e Colombo – ma non oltre.
Il che suggerisce che c’è una logica in qusto delirio. L’ha colta Brandon Smith, un giovane attore di colore: ” La guerra civile è probabilmente inevitabile. Perché? Perché collettivisti e narcisisti [le sinistre ideologiche deliranti ] non sono mai soddisfatti di quel che hanno raggiunto. Desiderano un controllo illimitato sulla vita degli altri e useranno qualsiasi mezzo per ottenere quel controllo, non importa quanto distruttivo”.