Un’orgia di strilli, squitti, urla d’indignazione dai media. Data la stura a tutti i luoghi comuni del femminismo, esaurito il repertorio degli insulti sessisti e schifiltosità progressiste contro la “arretrata” e “medievale”. Perché ‘sta Isoardi è la “compagna” di Salvini e ha detto, sollecitata in una intervista, qualcosa come: “Una donna, per quanto in vista, deve sempre dare luce al suo uomo. E la luce, il sostegno, la vicinanza spesso si danno arretrando. Stando nell’ombra“.
Orrore! Come se avesse detto “negro” invece di “africano”. Intervengono nel vasto ed ampio dibattito Simona Ventura e Barbara Palombelli. Articolesse di donne liberate infiammano Il Fatto Quotidiano. Secondo i media, “si scatenano i social” e “il web è diviso”.
Non abbiamo abbastanza stomaco per riportare alcuni esempi di queste fioriture del perbenismo progressista. Ci limitiamo a constatare che ancora una volta, il “progressismo” è sinonimo di conformismo e provincialismo. Nemmeno gli passa per la mente quello che nella realtà dice la gente, quando viene interpellata davvero: che la “compagna di Salvini” ha espresso la sua libera scelta, da donna liberata qual è. Che oltretutto, a 35 anni, magari non arde dall’ambizione di fare la soubrette per tutto il resto della vita, ché il ruolo di oggetto sessuale nel mondo dello spettacolo, non è poi una gran liberazione.
Per questi indignati rubiamo due righe di Marco Palombi, notista de Il Fatto Quotidiano, certo non un leghista:
“…Queste frasi, così stupide, offensive e classiste, ci rimandano al problema dell’Intellettuale Progressista come fattore di impoverimento del dibattito pubblico. Laddove un tempo c’erano i grandi partiti del movimento operaio, oggi è infatti tutta “sinistra”, una cosa che pare non definirsi tanto nell’urto degli interessi, […] ma nel senso di sé che l’ appartenenza assegna ai suoi aderenti. Il paternalismo ottocentesco peraltro non riesce più a maschere il disprezzo che l’Intellettuale Progressista nutre verso “l’altro da sé” e che è l’unico collante che tiene insieme il suo clamoroso non capire un cazzo col bisogno di farlo sapere al mondo scrivendo e parlando. Gli intellettuali progressisti si pensano internazionalisti e sono turisti; vorrebbero difendere il lavoro ma sanno solo le parole che gli ha fornito l’accademia del padrone; s’imbottiscono di antifascismo folcloristico per non vedere il “tecno fascismo” su cui Pasolini vivo (non quello che hanno santificato da morto) li aveva pur messi in guardia . Spariranno certo, ma il danno che hanno arrecato al progresso in nome del progressismo non sparirà con loro”.
Titolo, infatti, è: “L’Intellettuale Progressista come fattore di regresso”. Agli altri, potranno piacere due video di Salvini. Due argomenti che l’Intellettuale Progressista non tratta.