Se l’ennesima falsa accusa al governo di Assad servirà a giustificare il rinnovato intervento USA e occidentale in Siria, lo sapremo nelle prossime ore. In questo quadro, il sito Strategika invita a considerare se le truppe turche e quelle americane (e occidentali) non stiano muovendosi di concerto, nonostante sostengano il contrario. Perché attenzione: secondo Debka File, il 3 aprile, il giorno stesso in cui Trump annunciava il “rapido” ritiro delle forze statunitensi in Siria, Marines Usa insieme ai commandos francesi spediti da Macron sono invece arrivati al Nord della Siria. Avrebbero preso posizione lungo il fiume Sajur, una delle tre sorgenti che alimentano l’Eufrate in Siria dalla vicina Turchia. Precisamente a Dadat, villaggio ad otto chilometri ad Est del Sajur, dove sono arrivati con parecchi blindati, artiglieria pesante e mezzi del genio militare, e dove hanno costituito una nuova base.
Sempre secondo DEBKA, lo spiegamento delle forze francesi mirerebbe a contenere l’avanzata dell’esercito turco, che dopo aver preso Afrin (che sta rapidamente turchizzando: se la annetterà) starebbe minacciando di avanzare a Manbij, dove sono altre truppe Usa. “Le truppe francesi”, scrive il sito ebraico, “dovranno servire da appoggio terrestre ai Marines a MAnbij e ai loro caccia e elicotteri d’assalto piazzati nella base militare aerea americana di Remelin”.
La Francia combatterà contro la Turchia? Poco probabile. Molto più probabile che si tratti del trucco temuto da Strategika. I turchi penetrano sempre più a fondo in Siria, apparentemente, per sradicare i curdi (protetti dagli Usa e da Parigi); gli americani usano tuttora, per “spiegare” i motivi della loro presenza e fortificazione, la logora scusa della “Lotta contro lo Stato Islamico”; ma ovviamente restano per pesare sul futuro della Siria e contrastare l’influenza dell’Iran; ma niente più facile che a queste motivazioni si aggiunga il rinnovato proposito di contrastare la presenza militare russa sul litorale mediterraneo. Non è affatto detto che gli interessi di Ankara e quelli di Washington siano in contrasto. Le forze turche stanno penetrando ancor più profondamente in Siria, fino alla provincia di Homs dove hanno stabilito un primo check-point.
Insomma mentre gli americani lasciano che le forze turche avanzino in territorio siriano con le loro milizie ausiliarie sotto il pretesto di sradicare la sovversione curda, essi – gli americani – completano di fortificare i loro insediamenti nel Nord-est della Siria; stanno mettendo in sicurezza delle basi d’invasione che minaccia le forze russe affacciate sul Mediterraneo. Washington ha formato truppe anti-Assad arabe e curde nel Nord-Edt che ha fortificato, mentre la Turchia ha riorganizzato e rimpolpato la “Armata Libera Siriana” in “Armata Nazionale Siriana”; formata da turcmeni e arabi siriani ma anti-Assad. Insomma, secondo Strategika, “la Turchia fa da punta di lancia mentre per ora gli Usa formano uno scudo, che stanno espandendo. E’ una conquista di nuovo tipo, e una guerra ibrida.
Damasco e Mosca avrebbero capito il piano, e per questo hanno intensificato con accanimento gli attacchi contro Douma, ultimo lembo di Goutha Est, ormai liberata al 95%: è imperativo eliminare la pustola cancerosa terrorista prima che il disegno americano (e turco?) si attui. Il cancro da estirpoare è la milizia più ferocer, Jaish al Islam: un gruppo che lì tiene prigionieri migliaia di ostaggi che ha rapito nel 2013 dalla città di Adra, molti alawiti, che giorni fa ha persino portato in parata dentro delle gabbie: scudi umani, era il messaggio. Tra l’altro, Jaish al Islam due anni fa ha ammesso di aver usato armi chimiche contro un sobborgo curdo di Aleppo.
I ribelli possiedono armi chimiche (e le hanno già usate in passato)
e da giorni, fino a poche ore prima del falso attacco al gas su Douma, con “centinaia di donne e bambini uccisi”, i comandi russi avevano avvertito che i ribelli stavano preparando un false flag al gas. Insomma tutto dice che questi terroristi abbiamo la protezione Usa e francese. E che servano a creare il casus belli, il pretesto per ulteriori azioni sovversive della NATO.
E come non bastasse, contemporaneamente (Quindi in coordinamento con gli USA) si sono rifatti vivi quelli di Daesh. forze dell’ISIS che restano in Siria orientale presso il confine con l’Irak (sono circa 3 mila) hanno attaccato posizioni governative siriane in vaste operazioni offensive. La maggior parte dei terroristi dell’IS stanno a nord dell’Eufrate, dove sono stanziate le truppe USA.
Si aggiunga il lungo viaggio che il reuccio saudita Mohammed Bin Salman sta conducendo in tutti gli Stati Uniti, con il pretesto di mostrare la sua volontà di rendere il suo paese wahabita e feudale, moderno ed aperto. Ha anzitutto dichiarato, MBS, che Israele ha diritto ad avere la sua terra. Ma c’è stato, soprattutto, un colloquio con Trump – che appunto davanti a lui ha messo in questione la presenza americana in Siria, costata miliardi di dollari…Il principe ha protestato che anzi, al contrario, occorreva una più forte presenza Usa in Siria. Trump ha risposto: per questo bisogna pagare. Siccome il principe gli ha fatto presente le “centinaia di miliardi” spesi fino ad oggi dal regno per le comuni cause, Trump ha risposto; “Senza di noi [americani] non durereste due settimane; e dopo le due settimane, volereste su aerei di linea in classe economica, e addio ai vostri jets privati”. Noi non eravamo presenti, quindi dobbiamo fidarci di Strategika riporta questo colloquio parola per parola. Gliene lasciamo la responsabilità. Se è vero, magari un nuovo intervento in Siria è stato pagato.