“Smantellare  gli orrori “d’arte” del gesuita protetto da Bergoglio»  

Il vostro cronista si unisce a questo appello:

Infatti, se non avesse altri peccati, il più empio dei crimini del violatore di suore Rupnik è di avere – con la complicità dei suoi protettori, primo fra tutti il Vicario dei Rotschild – monopolizzato e sequestrato l’iconografia cattolica, imponendo come “stile ufficiale” della Chiesa le sue pseudo-infantili figure dagli occhi vuoti, con cui ha bruttato chiese e santuari importanti come Lorudes e San Giovanni Rotondo.

Ora apprendiamo da Il Messaggero che

Dalla Francia parte il movimento contro le orrende opere “d’arte” che tocca anche il caso Rupnik a Roma

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di Franca Giansoldati

Città del Vaticano – Le opere d’arte di un religioso che si è macchiato di abusi e sono contenute all’interno di chiese, monasteri e cappelle dovrebbero essere rimosse per rispettare le vittime. E’ quello che sta succedendo in Francia e che presto potrebbe essere applicato altrove, dove esistono manufatti artistici firmati da sacerdoti che hanno commesso reati sessuali e abusi di potere su vittime fragili. Il dibattito partito in sordina è ormai decollato e sta rimbalzando oltre i confini francesi. Tutto è iniziato a Charly, a sud di Lione, dove il sindaco di questa cittadina ha annunciato che le vetrate della chiesa saranno rimosse. All’origine di questa drastica decisione c’è la scoperta amara affiorata solo recentemente a seguito di indagini: l’autore dell’opera vetraria – il sacerdote Louis Ribes, morto nel 1994 – durante la sua vita si è reso responsabile di atti di pedofilia, insabbiati in varie circostanze dai suoi superiori.

ribes
Louis Ribes, il prete “artista”, morto nel ’94.

Da più di un anno le sue vittime, tutte ormai adulte, chiedono la rimozione dei manufatti artistici dalle chiese della regione e così ha preso corpo una sorta di Cancel Culture in versione ecclesiale prendendo di mira il caso più macroscopico e abnorme che in questo periodo sta affiorando dentro la Compagnia di Gesù, rimbalzando in Vaticano fino a lambire la figura del Papa. Il gesuita artista (famoso a livello internazionale) padre Marko Rupnik, accusato da numerose religiose e laiche di molestie e violenze, le cui opere d’arte musiva ornano i maggiori santuari del mondo: Lourdes, San Giovanni Rotondo, la cappella del seminario al Laterano e persino la cappella mariana voluta da Papa Wojtyla dentro al Palazzo Apostolico. Nonostante le reiterate denunce alle autorità vaticane e la condanna unanime del tribunale della Congregazione della Dottrina della Fede nel 2020 Rupnik è stato di fatto ‘graziato’ dalla “autorità superiore”, aprendo un giallo finora insoluto su chi abbia cancellato con un colpo di spugna un verdetto di colpevolezza (il cardinale gesuita Ladaria, prefetto del Dicastero che solitamente non agisce mai in autonomia davanti a casi particolarmente gravi, oppure Papa Francesco).

LA RIFLESSIONE

Il pontefice però in una intervista rilasciata alla agenzia americana AP ha respinto al mittente ogni insinuazione sottolineando che questo caso gli ha solo causato dolore («Per me è stata una sorpresa, davvero. Questo, una persona, un artista di questo livello, per me è stata una grande sorpresa e una ferita».

Intanto il dilemma se lasciare o meno al loro posto i manufatti artistici di preti accusati di abusi resta un rovello. E’ giusto smantellare opere d’arte? In Francia la questione si sta facendo seria. Da più di cinque anni il collettivo delle vittime del sacerdote Louis Ribes insiste per la rimozione dei dipinti e delle vetrate di quest’uomo, conosciuto prima della sua morte come “il Picasso delle chiese”. Dal 2021, almeno 60 persone lo hanno accusato di abusi sessuali e stupri commessi negli anni ’70 e ’80 nelle diocesi di Lione, Grenoble-Vienne e Saint-Etienne. Naturalmente la Chiesa ha riconosciuto i crimini, ma alcuni comuni tardano a rilasciare le opere, soprattutto per motivi finanziari. A Charly, a sud di Lione, il sindaco ha accettato di rimuovere le vetrate.

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«È una soddisfazione» ha detto Luc Gemet, 59 anni, vittima del sacerdote. Alla stampa francese ha raccontato che tra gli otto e i quattordici anni, mentre frequentava il seminario a Vienne-Estressin «ci ha chiesto di spogliarci per disegnarci. Questo era il pretesto per toccarci o violentarci, e dagli schizzi faceva dei dipinti». Le denunce che Luc (come altri) hanno inoltrato alle autorità non hanno avuto alcun effetto. Le opere del sacerdote Louis Ribes sono state esposte in molte chiese della regione. «Tutte le vittime sanno come è stato fatto, si riconoscono nei dipinti. La prima volta che mi è successo è stato mentre spingevo la porta di una cappella. Quando ho visto questi dipinti sono rimasto sconvolto, mi ci sono voluti tre giorni per rimettermi in piedi. Mi ha fatto ripiombare in questo abominio». Le vittime hanno raccolto oltre 14.000 firme e non si fermeranno. Finora sono tre le diocesi – Lione, Saint-Étienne e Grenoble – d’accordo a smantellare le opere. Chissà se questa sorte toccherà ai lavori internazionali di padre Rupnik.

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COPERTURE

In Vaticano è risaputo che Rupnik in tanti anni di attività artistica abbia goduto di amicizie e coperture influenti, a cominciare dal cardinale Angelo De Donatis, vicario della diocesi di Roma. I gesuiti della Compagnia di Gesù di recente hanno fatto un riassunto del doloroso caso evidenziando che da parte loro era già stata aperta una inchiesta preliminare per fare chiarezza sulle accuse di «molestie sessuali e di assoluzione di una complice (…) nel peccato contro il sesto comandamento». Già nel 2019 l’indagine preliminare aveva appurato che le «accuse erano credibili» e che era stato inviato un plico alla Congregazione per la Dottrina della Fede; nel frattempo a Rupnik erano state imposte “misure restrittive cautelari” a gennaio 2020. A sorpresa però poche settimane dopo a Rupnik fu affidato il compito inspiegabile di tenere la predica per il ritiro spirituale della Curia romana del primo venerdì della Quaresima. Oggi nessuno sa spiegarsi il motivo, né si riesce ad individuare la genesi di un gesto del genere. Infine a maggio, nonostante la sentenza unanime di colpevolezza da parte della Congregazione della Fede, il gesuita sloveno fu graziato e da allora Rupnik ha continuato a tenere conferenze in giro per il mondo, ritiri spirituali e accettare altri importanti incarichi artistici per ornare luoghi di culto con i suoi mosaici d’oro.

Papa Francesco: «Mai intervenuto per padre Rupnik» ma si apre il giallo su chi ha graziato il gesuita che abusò di tante suore

https://www.ilmessaggero.it/vaticano/papa_francesco_abusi_rupnik_vittime_vaticano_dimissioni_arte_francia_prete_pedofilo_chiese-7206233.html

rupnik

Rupnik: fine corsa?

4 febbraio 2023

www.settimananews.it

Fra qualche giorno la Compagnia prenderà una decisione drastica rispetto al caso Marko Rupnik (cf. qui). Una apposita commissione è al lavoro a livello centrale.

L’informazione è confermata da un intervento alla televisione slovena dal provinciale p. Miran Žvanut il primo febbraio: «Presso la curia dei gesuiti è in corso un processo. È stata formata una squadra di persone provenienti da vari ambiti che ora stanno raccogliendo ulteriori informazioni sui presunti abusi. A metà febbraio (queste persone) terranno una conferenza stampa dove presenteranno lo stato attuale del processo su questa questione» (Il sismografo, 3 febbraio).

È possibile che riguardi sia la sua persona, sia l’opera da lui avviata, il Centro Aletti.

La Compagnia prende distanza

La vicenda ha profondamente scosso la Compagnia di cui sono segno la lettera pubblica di p. Gonzales Faus (cf. qui) come anche il comportamento della curia generale e della provincia slovena. Il provinciale si era dapprima espresso, non tanto a difesa di Rupnik, quanto contro l’enfasi dei media.

Successivamente (6 gennaio) c’è stato un severo commento ufficiale: «Siamo rimasti profondamente scioccati dalle testimonianze pubbliche di suore che hanno accusato p. Rupnik di varie forme di violenza e abusi. Crediamo nella sincerità delle suore e delle altre vittime che hanno parlato della loro sofferenza e di altre circostanze relative all’abuso emotivo, sessuale e spirituale da parte del nostro confratello. È evidente che, come provincia (religiosa), in passato non siamo riusciti ad ascoltare le vittime o a prendere le misure appropriate per chiarire le cose e porre fine alle sofferenze. Accettiamo e comprendiamo pienamente l’indignazione, la rabbia e la frustrazione delle vittime e dei loro cari».

«Confidiamo che il difficile cammino del pentimento e della purificazione, gonfio di delusioni, difficoltà, dispiaceri, rabbia, vergogna e dolore, ci conduca gradualmente a un rafforzamento della fede autentica e a una profonda comunione all’interno della comunità ecclesiale».

In precedenza (21 dicembre) erano intervenuti i vescovi sloveni: «Con grande dolore e costernazione seguiamo le scoperte di abusi di vario genere da parte di p. Rupnik, perpetrati durante un ampio periodo di tempo e dei quali noi vescovi sloveni attualmente in carica siamo venuti a conoscenza mediante i mezzi di comunicazione. Avendo i superiori della Compagnia di Gesù confermato la veridicità dei fatti, condanniamo tutte le violenze psicologiche, sessuali e spirituali commesse da p. Rupnik, nonché il grave abuso nel sacramento di riconciliazione».

I vescovi alludono ai due processi canonici del caso: uno legata alla “confessione del complice” e un secondo alle denunce di alcune consacrate e della comunità Loyola (cf. qui).

La vicenda ha direttamente coinvolto i vertici della Compagnia, dal preposito generale p. Arturo Sosa, al responsabile per le opere in Roma p. Johan Verschueren. L’università Gregoriana ha deciso il 10 gennaio di annullare la collaborazione di p. Rupnik a tutte le attività accademiche: insegnamento, tesi e programmi futuri. Una scelta drastica che non riguarda la collaborazione delle consacrate del Centro Aletti.

Il suo nome è scomparso anche dai molti incarichi rivestiti nel Vicariato di Roma, come anche da una ipotizzata rettoria che avrebbe ospitato una comunità di preti ispirati all’esempio del Centro Aletti. Per quanto riguarda l’Annuario vaticano la cosa sarà possibile solo nella prossima edizione.

Le parole di Francesco

Il dato più eclatante è rappresentato dalle parole di papa Francesco nell’intervista concessa all’Associated Press del 25 gennaio. Conoscendo i buoni rapporti con Rupnik il giudizio espresso è particolarmente severo: «una persona molto limitata che, a volte, è potente», «una sorpresa per me, davvero. Una persona, un artista di questo livello, per me è stata una grandissima sorpresa e un dolore, perché queste cose fanno male».

Riafferma la presunzione di innocenza e la prescrizione come strumenti giuridici di civiltà e di rispetto, ma ammette la necessità di scavare di più nei casi di adulti vulnerabili. Richiama il primo giudizio sul caso della “confessione del complice” che «è stato risolto. Non so come, ma è stato concordato nel senso di un mutuo accordo. Penso che il risarcimento sia stato pagato, ma l’accordo non mi è chiaro, ma è stato risolto. Ma nel frattempo nasce quello dei venti o trent’anni in Slovenia. In altre parole, si diffonde, ci si accorge di trovarsi di fronte a una persona molto limitata che, a volte, è potente».

Non esclude nessuna conclusione: «Alcuni devono uscire dallo stato clericale perché non possono continuare in una situazione pastorale di questo tipo». E davanti alla domanda diretta di un suo coinvolgimento nel caso Rupnik è drastico: «Non ho avuto niente a che fare con questo. L’ho sempre inviato lì (al tribunale “naturale” ndr.), perché era iniziato lì, quindi lascio che lo finiscano lì. Dovrò vedere se p. Rupnik fa appello. Perché deve fare appello qui (in Vaticano ndr.), ma non l’ha fatto, non l’ha fatto. Se l’appello va alla Dottrina della fede, lì diventa (responsabilità) del Vaticano».

Nel frattempo crescono le domande sia sull’evocato risarcimento (di chi? verso chi?), sia su chi abbia firmato la remissione della scomunica, sia su come comportarsi con gli scritti e le opere musive presenti in centinaia di chiese cattoliche e non.

Quest’ultimo aspetto appartiene ad una corrente di “damnatio memoriae” o “cancel culture” che si sta diffondendo. Cosi scrivono i vescovi sloveni: «Stante questa tragica consapevolezza, vi chiediamo di distinguere fra i suoi atti inammissibili e da condannare, e il suo straordinario lavoro sia nell’ambito dell’arte del mosaico che nell’ambito della riflessione teologica».

Il caso non sarebbe esploso se fossero mancate le testimonianze delle vittime, la cui voce è stata ripresa da molti, in particolare dal giornale Domani.

http://www.settimananews.it/vita-consacrata/rupnik-fine-corsa/