D’accordo, per il governo Giallo-Verde le difficoltà e i pericoli cominciano proprio ora; inutile parlarne, perché si riveleranno presto da soli, in Italia e in Europa. Ma una cosa mi pare certa: salutiamo la comparsa di due politici di stoffa. Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
E’ un mio parere personale, ma in questo modo con cui hanno strappato la vittoria (e i loro elettori) dalle fauci della sconfitta già segnata, mi ha colpito. E sorpreso.
Un mio lettore, al leggere il mio articolo in cui spiegavo la trappola che Mattarella stava tendendo all’Italia, l’ennesimo governo “tecnico” alla Monti con supporto PD (“Sarà il solito governo PD-golpista”), appena Salvini e Di Maio hanno fatto capire che una soluzione fra loro era ancora possibile, ha subito scritto:
“…alla faccia dei destrorsi masochisti, vittimisti, tuttologi e dietrologi, che con le loro sensibili antennine percepiscono in anticipo inganni, catastrofi e sventure e vogliono pontificare come novelle Cassandre. Sursum corda”.
Mi accusa, insomma, di pessimismo eccessivo, di “chiamare” catastrofi. Può darsi. Ma io sono sicuro che sarebbe andata proprio così come ho scritto, se non fosse stato per la qualità, la stoffa, di cui hanno dato prova i due. Il guizzo con cui si sono svincolati dalla trappola tecnocratica ed europeista, è quello sorprendente, che indica un carattere e una audacia che nella scena politica, personalmente, non vedevo da quarant’anni. Come posso spiegarmi?
Proprio il giorno prima il professor Galli Della Loggia, sul Corriere, elencava le mancanze di qualità dei due, anzi dei tre (Renzi): hanno fatto solo lavoretti (come fosse colpa loro e non della recessione ventennale indotta dall’euro), non hanno mai mostrato interesse per arte e cultura, scienza e musica (Bersani, la Boldrini, la Fedeli invece..), hanno fatto solo politica e nient’altro (non come D’Alema, Fassino, Rutelli insomma …); solo Renzi ha la laurea, gli altri due non hanno finito gli studi. Ma soprattutto, “chi ricorda di aver mai sentito Salvini, Renzi o Di Maio fare un vero discorso, magari condito con quella dose di alta retorica che ascoltiamo qualche volta da certi politici stranieri? Chi li ha mai sentiti sviluppare un argomento qualunque servendosi, diciamo, di almeno una decina di periodi?” – del tutto ignorando che il podio da cui i politici di questa generazione si rivolgono ai loro elettori, la loro tribuna, il loro balcone di Palazzo Venezia, sono Facebook e Twitter: che hanno una loro retorica, eccome, solo non quella antiquata di Macron ridicolo.
Tutto vero, tutto vero magari. Ma l’elenco professorale delle “mancanze di qualità” di Salvini e Di Maio rivela una sola cosa: che la qualità politica è di natura completamente diversa; qualcosa che i professori non vedono, anche perché non s’impara in seminari e corsi. E’ qualcosa che si ha o non si ha; una dote nativa, rozza e primordiale se si vuole, a cui possiamo alludere con termini forzatamente imprecisi: avere “polso”, “tenere il timone” con mare avverso, la prontezza di “saltare sull’occasione propizia” che in politica non si presenta mai due volte, la tenacia di non darsi per vinto, il tentare e ritentare.
Le scialuppe di Salvini e Di Maio, 48 ore prima, stavano affondando; li abbiamo visti riemergere dall’onda, mantenendo il timone con la prua al mare: contro gli urli e le proteste confusi della ciurma grillina, inesperta e anarchica Di Maio, contro il Decrepito e i suoi nani e ballerine, Salvini; contro minacce, veti, e altolà “autorevoli” e “internazionali” e credetemi, non è un coraggio da poco: da quarant’anni non vediamo, verso la BCE, la UE e la NATO, altro che cacasotto – senza aver perso la rotta.
Fino a che punto, e da quanti anni, abbia perso la rotta Forza Italia, ce l’hanno ricordato gli stessi suoi esponenti in queste ore in cui hanno discusso ad alta voce di bocciare il governo Lega-5 Stelle: votarono sì al governo Monti, legalizzando il golpe che aveva rovesciato illegalmente Berlusconi; votarono il governo Enrico Letta, il piddino adoratore di Beniamino Andreatta e Ciampi causa della nostra perdita di sovranità monetaria; adesso voteranno contro il governo messo insieme dal loro alleato di centro-destra, o al massimo si asterranno.
Come di colpo sembra vecchio e falso tutto ciò, di fronte a Salvini e Di Maio.
Trovo eccezionale come fattore del loro successo, e sorprendente, il rapporto che si è costruito fra i due. Mai visto che due capi di partiti distanti e in competizione, si tengano in contatto concordino, fra gli insulti, la linea comune. Mantenendo una fiducia reciproca, una lealtà fra di loro, quasi fossero fratelli che si conoscono da sempre.
Inaudita, poi, la generosa mancanza di diffidenza… Mi spiego: il riflesso meschino del politico mediocre, quando stringe un’alleanza di governo con il capo di un altro partito, è: “Non sto concedendogli troppo?”, “Gli sto regalando una posizione di favore”, “Non mi porterà via i miei elettori?”, “Come posso fregarlo prima che freghi me?” – questo, lettori, è la base del “far politica” in Italia da sempre, ed è in fondo il motivo per cui le alleanze sono sempre state instabili, o governi fragili, le pugnalate alla schiena del premier da parte dei più vicini, la regola; quello stile per cui Bossi pugnalò Berlusconi per conto di Scalfaro, Renzi ha pugnalato D’Alema (che aveva prima pugnalato Prodi), Bersani e Letta, e silurato Prodi alla presidenza della repubblica. Operazioni al difuori, in piena dimenticanza, di ogni programma politico vero. Potete moltiplicare gli esempi, le lotte sono sempre intestine in Italia, è la guerra civile permanente dei vicini contro i vicini, chi in una coalizione è in minoranza, sa che deve tramare contro la maggioranza, perché se sta fedele e tranquillo, perde voti, o teme di perderli. Questo è il motivo in fondo per cui i DC avrebbero aspirato al compromesso storico col Partito Comunista: non si sarebbero rubati gli elettorati, troppo lontani..
L’ora dei quarantenni
Salvini e Di Maio hanno apparentemente sepolto fra loro questo “stile” delle stilettate. Dei pregiudizi “destra” contro “sinistra” da strumentalizzare. Dei “vincoli europei”, eccetera. Del pensiero unico di ortodossia economica radicalmente sbagliata, che ci sta uccidendo collettivamente. In questo, il loro rapporto non è una novità assoluta in Europa, somiglia un po’ (se capisco) al governo che, nel dicembre scorso, ha unito in coalizione il Partito Popolare (ÖVP, centrodestra democristiano) di Sebastian Kurz col Partito della Libertà (FPÖ, di estrema destra, quello che fu di Jorg Haider) di Heinz-Christian Strache: saldamente d’accordo, superando senza timore veti e censure e altolà “mai coi nazisti”, con gli antisemiti, con gli amici di Putin. …
Di Maio, ha fatto fare al M5S una scelta di campo, “populista”, sovranista ed eurocritica, che non era scritta nelle stelle, anzi. Adesso, l’Italia sarà più vicina a Visegrad che a Bruxelles? Speriamo. E’ una dote – questa “amicizia” e lealtà – che se si conferma, è la migliore e sorprendente qualità dei quarantenni: quella generazione che hanno il diritto di mettersi al timone, perché il futuro è loro e loro ne sono responsabili, non di noi settantenni ed ottantenni. Comunque vada, saranno loro a dover affrontare le tempeste; e la fiducia reciproca, l’amicizia generazionale, non possono che esser loro d’aiuto.
Magari usano metodi e un linguaggio tweet, che pare barbarie a noi ottantenni. La mancanza di “qualità” che il professor Galli Della Loggia (anni 76) elenca, è notoriamente superabile. Salvini, come ho già detto,è stato capace di scegliere “gente migliore di sé”, in vista di un progetto politico che ha onestamente dichiarato, ed a cui crede davvero. Sennò non avrebbe fatto eleggere al Senato Alberto Bagnai, che è pure coltissimo, professor Galli, e maestro di cembalo al conservatorio. Salvini dunque sa ascoltare e scegliere persone colte; è quanto basta. La qualità animale, primordiale, del politico di polso, ce la mette lui. Vada come vada, ho visto nascere due politici di valore.