Sorridi, sei su scherzi a parte!

 

di Roberto PECCHIOLI

Un giorno Tommaso d’Aquino, docente alla Sorbona, entrò in aula, posò una mela sulla cattedra e avvertì gli studenti: “chi non crede che questa è una mela, se ne vada”. Intendeva parlare del principio di realtà e della capacità della retta ragione umana di coglierla. Il Dottore Angelico aveva torto. Ce ne siamo convinti attraverso l’osservazione di quella che – per semplificare- definiamo realtà. Deve aver ragione chi crede che è tutto sta nella nostra mente e che ciò che vediamo non è che un sogno o una rappresentazione. In caso contrario, vivremmo in un’immensa tragedia, un nonsense di quelli che solo certe opere dell’arte riescono a rappresentare: Kafka nel Castello o nel Processo, dipinti come l’Urlo di Munch o Crono divora i suoi figli di Goya. Il sonno della ragione genera mostri, o forse, banalmente, brutti sogni. Presto o tardi qualcuno verrà a risvegliarci gridando: sorridi, sei su scherzi a parte!

Non è possibile, infatti, che sia vero ciò che i nostri occhi vedono e le nostre orecchie odono:  non possiamo essere caduti tanto in basso. Non parliamo solo dei grandi accadimenti, ma di piccole cose, almeno in apparenza, che forniscono tuttavia la misura della deriva che sta seguendo la nostra civilizzazione, o meglio, che starebbe seguendo se tutto non fosse che una sceneggiatura, una finzione distopica alla quale segue la frase liberatoria. Siamo su scherzi a parte, per fortuna. In una solo giorno abbiamo subito vari choc interiori: meno male che la mela non è una mela e Tommaso è dimenticato anche dai preti.

Citiamo eventi che dimostrano la prevalenza totale, invincibile, del cretino, come scrissero in un fortunato romanzo degli anni 80 Fruttero e Lucentini. Alcuni detenuti del carcere genovese di Marassi sono stati trasferiti – in linguaggio carcerario si dice tradotti- a Roma non per assistere a un processo o rendere testimonianza, neanche per dare l’ultimo saluto a un parente defunto, ma per partecipare a una trasmissione televisiva, Italia’s Got talent del gigante internazionale Sky, proprietà del magnate australiano Rupert Murdoch. Si tratta di gentiluomini condannati in via definitiva per reati che vanno dall’omicidio preterintenzionale, al traffico di stupefacenti fino alla truffa. Componenti del gruppo teatrale organizzato in carcere, il cui significativo nome è Scatenati, sono arrivati a Cinecittà, riferisce Il Fatto Quotidiano, e hanno ottenuto quattro “sì “dai giudici della trasmissione, un “talent show “dedicato alla scoperta di nuovi artisti dello spettacolo.

Non ci sta un sindacalista degli agenti di custodia penitenziaria, indignato per il fatto che l’ampia scorta assegnata ai detenuti è dovuta partire a notte fonda, fuori dai turni di lavoro e in un orario in cui il regolamento vieta i trasferimenti. La replica della direttrice del carcere di Marassi è davvero degna di Scherzi a parte, altro format della televisione commerciale. “La trasferta fa parte di un progetto di lavoro esterno. Tutto si è svolto in totale sicurezza”. Che meraviglia! Il gruppo ha recitato la lacrimevole storia di una lettera immaginaria ricevuta da un carcerato dalla propria compagna. Che tristezza la separazione fisica e morale tra i due, omettendo che è causata non da un destino avverso, ma dai gravi reati commessi. Ma si sa, quel che conta è l’amore. Omnia vincit amor, anche i regolamenti di giustizia. Et nos cedamos amori, cediamo anche noi all’amore, in attesa del risveglio da Scherzi a parte.

La giuria si è emozionata – la compongono, tra gli altri il cuoco Bastianich (no, si dice chef, è uno “stellato”), Mara Maionchi, produttrice musicale e perfino Federica Pellegrini, la nuotatrice olimpionica. I galeotti – si potrà ancora dire? – hanno passato il turno. Si prevedono nuove vacanze romane per gli Scatenati, ospitati per l’occasione, che ingiustizia, in un carcere della capitale. La giustificazione tecnico giuridica della prestazione televisiva è che per uno di essi si è trattato di un permesso premio. Per gli altri, la copertura è il lavoro esterno disposto dalla direttrice del penitenziario, previa approvazione del giudice di sorveglianza. Il sindacalista, forse seguace di Tommaso, si appella invano al principio di realtà: “Gli agenti liguri hanno 39mila ore di straordinari non pagati e continuano ad accumularne. Il nostro ruolo non è scoprire talenti, è garantire la sicurezza all’interno delle carceri. È assurdo che una trasferta del genere sia stata autorizzata in periodo di Covid, quando la mobilità dei detenuti è giustamente ridotta al minimo. “

Alice è caduta nella tana del Bianconiglio e vive felice nel paese delle meraviglie. La direttrice è riuscita a stupirci ulteriormente, se non sapessimo che tutto è un sogno. “Io sono dell’idea che il percorso trattamentale (sic !!) non possa essere abbandonato, nemmeno in questa situazione. Scontare una pena con finalità rieducative è un diritto costituzionale, come tale della massima importanza”. Ha anche assistito, immaginiamo a spese del ministero competente, alla registrazione del programma, anzi del “percorso rieducativo” degli autonominati Scatenati. “Mi sono commossa, sono stati davvero bravi. Spero che la loro esibizione possa avere anche un effetto educativo sugli spettatori, farli riflettere su tutti gli aspetti della detenzione, compresi quelli che spesso passano in secondo piano”. Riflettiamo, dottoressa, riflettiamo. Vogliamo trattamenti umani per i detenuti, ma l’educazione, semmai, è quella da impartire ai condannati; nel sogno-incubo in cui siamo immersi, noi preferiamo stare dalla parte delle vittime, i truffati, rapinati, morti ammazzati, a riflettere sulle sofferenze inflitte. Nessuno tocchi Abele, Caino torni ad essere ciò che è sempre stato: un mascalzone.

Ci piacerebbe, prima di risvegliarci, giusto per celiare un po’, chiedere ai giudici competenti –anche su Scherzi a parte ci sarà un giudice a Berlino – di autorizzare, anzi imporre al sistema sanitario di eseguire finalmente gli interventi chirurgici e praticare le terapie necessarie a milioni di persone, interrotte o rimandate per il virus, magari ricorrendo al meccanismo del talent show. Premi per i più attivi, la paletta che si alza nel voto favorevole, pazienti e famiglie finalmente felici. Oppure, di restituire un minimo di dignità alla scuola, mettendo in palio i banchi che non si trovano e costringono gli scolari a sedere sul pavimento, come è successo in una scuola genovese. Strana città in cui si incontrano più cani al guinzaglio che bambini al parco.

Nella piazza alberata del quartiere in cui viviamo, nel fine settimana si svolgerà una manifestazione per la quale- immaginiamo- è mobilitata l’intera troupe di Scherzi a parte. Alcuni animalisti – certamente muniti di mascherina e disciplinatamente distanziati secondo le regole della nuova quotidianità chiamata emergenza- sfileranno a favore dei cinghiali. Avete letto bene: a favore dei cinghiali. Ciò che non potete sapere è che la Wonderland sotto la Lanterna è il paradiso di codesti animali selvatici. A fine agosto, una nostra amica, nella medesima piazza della manifestazione, si godeva la frescura serale seduta su una panchina, dietro la quale grufolava un cinghialone di almeno un quintale. Alcuni mesi fa, transitando in una via centralissima del signorile quartiere di Castelletto, siamo stati bloccati da una pattuglia di vigili preoccupati, impegnati a transennare un tratto di strada, occupato da un grosso esemplare di suino selvatico, intento a rovistare con calma nei cassonetti dell’immondizia. Diventano virali, in città, filmati di cinghiali a passeggio tra automobili e passanti impauriti.

Il loro habitat preferito è il greto del torrente Bisagno, che scorre- si fa per dire, è una maleodorante palude inframmezzata da arbusti, erbacce, canneti e discariche abusive- in mezzo alla città. Un giorno abbiamo contato ben ventuno cinghiali, cuccioli compresi, nel solo tratto tra i ponti Sant’Agata e Serra, proprio vicino al carcere dalle porte girevoli per gli artisti televisivi. Eppure, c’ è chi trascorre il suo tempo gettando loro cibo, mostrandoli ai bambini e, ovviamente, scattando le immancabili fotografie da postare sulle reti sociali. Si chiede l’abbattimento selettivo, quanto meno la sterilizzazione di massa. No: c’è chi manifesta a favore dei “poveri” cinghiali, molti dei quali sono in verità porcastri del peso di un quintale e mezzo, i nuovi abitatori di una città in disarmo, detentrice di primati universali di denatalità degli umani.

Tra diritti dei detenuti e benessere dei cinghiali, si vive in una farsa che per dissolvenza si muta in tragedia. Meno male che è solo una rappresentazione, una costruzione della mente. Come il dialogo surreale con una dolce signora, in lacrime perché il cagnolino di una conoscente – malato di cancro e a cui era stata amputata una zampa- è stato soppresso dall’affranta padroncina. Dopo aver adeguatamente solidarizzato con la buona samaritana, le abbiamo chiesto che cosa pensa dell’eutanasia umana. Si è rianimata e, a ciglia asciutte, si è detta favorevole. Se uno non ha più voglia di vivere, o la malattia è grave, che senso ha andare avanti e – testuale – disturbare la vita dei parenti?

Ha ragione, signora, vivere è un disturbo, un peso ogni giorno più insopportabile per chi crede in ciò che vede, chiama mela la mela, non capisce più se è tutto un incubo ed assiste impotente alla deriva di una orgogliosa ex civiltà al capolinea. Tra detenuti stelle della televisione, animali selvaggi indisturbati in città, l’emergenza trasformata in quotidianità, vivere è davvero un gran disturbo. Fortunatamente, non è per sempre. Al colmo dell’angoscia, tutto svanisce e una voce allegra scandisce: “SORRIDI! SEI SU SCHERZI A PARTE!”