Ecologismo è una bella parola, progressista, promossa dalle centrali finanziarie mondiali – che hanno bisogno del cambio di paradigma di creare il nuovo mercato finanziario programmato nel protocollo di Tokio e instaurare l’economia “sostenibile” globale, tutta green e proteine da insetti invece che da manzi. Greta è ottima ed è limmagine stessa dell’innocenza.
Le stesse centrali globali guardano con soddisfazione il crescere dei Verdi in Germania, prossimi a sostituire i socialdemocratici nella GroKo ; s’è notato con piacere il partito ha ufficialmente proclamato di essere Pro-LGBT; insomma ha aderito ai “nostri valori”, il che lo situa nella sinistra che piace.
Perché, trattandosi di tedeschi, la soddisfazione delle centrali suddette è venata di inquietudine: nella loro memoria storica è fisso il ricordo che Herman Goering, il 28 agosto ’33, annunciò “il divieto assoluto della vivisezione” resa reato penale, dichiarando che era ” una legge necessaria per proteggere gli animali e mostrare simpatia per il loro dolore, ma è anche una legge per l’umanità stessa”.
Che molti capi nazisti erano notoriamente vegetariani convinti, amavano la natura e le foreste, volevano energie rinnovabili ed agricoltura sostenibile; un insieme che si univa col mistico concetto di Volk e della necessaria purificazione del suo Sangue dagli agenti estranei; insomma l’ecologismo sfociò in Blut und Boden, sangue e suolo…antisemitismo e tutto il resto.
Insomma: le suddette centrali sono in guardia contro l’Ecofascismo. Invitano le sinistre a controllarne la nascita, e i media a denunciarne e prevenirne i minimi sintomi.
Ecofascismo: lezioni dall’esperienza tedesca, è il titolo di un saggio commissionato da queste centrali. Firmato da Janet Biehl e Peter Staudenmaier, due tedeschi che però lavorano per gli americani, è il primo libro che porta alla luce il pericolo dell’Ecofascismo, e la prima volta che appare il termine. Non è affatto recente – lo hanno pubblicato nel 1995 – e passa in rassegna minuziosamente l’ideologia dei gruppi tedeschi d’estrema destra dell’epoca per rilevarne le venature ecologiste del loro messaggio.Si va dal Freiheitliche Deutsche Arbeiterpartei, o FAP (che recluta skinhead) al Deutsche Volksunion, o DVU, fino a certi esponenti dell’ Antroposofia ed della Lega Mondiale antivivisezione (Weltbund Schutz des Lebens, o WSL) . Si trattava, allora, di gruppuscoli minimi e senza peso nell’opinione pubblica; tanta attenzione era alquanto ridicola.
Ma ora che lo AfD è salito al 10 per cento e più, con un messaggio anti-immigrazione, le antenne sono tese allo spasimo. “L’inquadramento del sentimento anti-immigranti come forma di ambientalismo è insidiosa e, e diverrà prevalente via via che la crisi climatica peggiora e sempre più gente cercherà rifugio da essa” emigrando nelle zone temperate d’Europa , scrive il giornalista Jason Wilson: da militante ecologista, è colto da dubbio che la promozione mondiale del panico sul clima non finisca per far risorgere – da Greta – il nuovo Hitler.
il “collapsismo” è segno di ecologismo di destra
“L’Ecofascismo sta conoscendo una rinascita nelle fetida cultura dell’estrema destra”: così suonava il mitigato titolo di un articolo del Guardian del marzo 2019. Sottotitolo: “Alcuni vedono l’incombente collasso ecologico come un’opportunità per riordinare la società secondo le loro linee preferite, francamente genocide”.
Questo articolo, anche se esplorava per lo più i fascio-ecologisti d’ area anglo, indica che bisogna sospettare di più coloro che uniscono ecologismo al “mito del collasso della civiltà” consumista attuale, col ritorno alla terra e l’abolizione dei valori LGBT e simili.
Fatto sta che, dagli ambienti del globalismo, sono partiti certi “inviti alla vigilanza” del sintomi di “fascismo” nell’ecologismo. Invito raccolto immediatamente da gruppi “rossi” della galassia Antifa (in Germania più violenta dall’americana): qualche settimana fa, l’Istituto europeo per il clima e l’energia ha tenuto la sua conferenza annuale in Germania, con oltre 200 partecipanti – tutti scienziati credenti nel problema Clima – ma la conferenza è stata tenuta in località segreta, per nascondersi da un gruppo chiamato Open Anti-Capitalist Climate Protest, che elevato serie minacce – infiammando i militanti col messaggio che i partecipanti alla conferenza erano “AfD” o contigui. Eco-nazi da stroncare sul nascere.
Perché “il prossimo genocidio sarà ecologico” , e di tipo razziale-nazista, proclamava lugubre un dotto articolo pubblicato nel 2015 sia sul New York Times sia su Le Monde : autore, Thimoty Snyder, uno storico contemporaneo, che ha pubblicato un libro sul nazismo e la sua ossessione dello “spazio vitale” da conquistare come movente della decisione genocida.
Storia della Fame Tedesca
Nel libro: Black Earth : The Holocaust as History and Warning (Tim Duggan Books, 2015), Snyder ha il merito di ricordare un elemento fitto nella memoria storica del popolo tedesco: la fame.
L’ossessione si dev’essere fissata nella Guerra dei Trent’anni (1618-1648), il sanguinoso groviglio di conflitti religiosi e di potere che non si riusciva a far finire, con squadre di mercenari, lanzi, tercios spagnoli che devastarono città e campagne coltivate del centro Europa, fino a quando col “silete theologi in munere alieno” i legisti trovarono l’accorgimento del “cuius regio eius religio”, i sudditi adottassero la religione del loro re locale. Un accorgimento disperato – che portò alla Pace di Westfalia e alla fondazione dello jus publicum aeuropaeum.
Ma non bisogna dimenticare il costo di quella conquista: il territorio tedesco e quello imperiale avevano perso almeno i due terzi della popolazione, in certe aree anche di più; metà dei maschi era scomparso, e non solo né tanto nelle battaglie quanto per la fame – le rapine e i saccheggi dei pochi alimenti per nutrire gli eserciti, le infrastrutture (dai mulini alle strade ai canali) devastate, l’impossibilità di arare e seminare, i contadini usati per il lavoro forzato militare, gli animali da lavoro espropriati, denutrizione, pestilenze.. Noi italiani non ne sappiamo molto perché la Guerra dei Trent’anni ci ha travagliato marginalmente:eppure la peste di Milano portata dai lanzi di Wallenstein dovrebbe darci un’idea, è il centro del romanzo di Manzoni. La Guerra dei Trent’anni fu la più colossale strage d’Europa, e forse del mondo.
L’incubo della Fame – con la maiuscola, la fame come disastro collettivo e estinzione di popolo – ha assillato la Germania in modo ricorrente anche nel pieno della modernità.
Nel 1845-46 il pessimo raccolto delle patate e dei grani si coniugò con la prima modernizzazione industriale nei suoi aspetti peggiori, la disoccupazione di massa, la pauperizzazione di mastri artigiani: una carestia medievale unita al cambiamento sociale. Furono scioperi, rivolte, denutrizione -e l’imperversare degli usurai di un piccolo popolo.
Nel 1870, l’esplosione demografica ( 27 milioni di bocche da sfamare nuove in meno di 45 anni) pone nel discorso pubblico, fra politici e militari, giornalisti e scienziati, il tema della piccolezza del territorio, di cui la Francia insidia la riva germanica del Reno, e la prima idea ossessiva del Lebensraum, lo spazio viale necessario.
Durante la Grande Guerra, la Germania si trova a battersi sui due fronti (l’incubo che Federico il Grande invitava i posteri a scongiurare ad ogni costo), l’accerchiamento, la chiusura nei confini continentali, blocco navale. Il blocco in sé si calcola abbia portato a morte, per denutrizione e malattie, 900 mila civili tedeschi e austriaci . Un’esperienza, la fame, che non ha sicuramente risparmiato il giovane caporale Adolf, il cui apprendistato da civile, prima del 1914, era stata la condizione di un quasi pezzente, s’era svolto nei saloni riscaldati che le dame di carità avevano allestito a Vienna d’inverno, e dove i disoccupati leggevano tutti i giornali disponibili., discutendo di politica. Un suo conoscente di quei mesi ricordò: “Quando gli chiesi perché non si togliesse mai il cappotto nonostante si trovasse in una stanza ben riscaldata, mi confessò, umiliato, di non possedere neppure la camicia”. Ogni tanto l’amico gli regalava del grasso di prosciutto di scarto.
E’ in quelle sale coi miserabili che Hitler impara a concionare di temi politici, non escluso il concetto di LEbensraum di cui sono pieni i giornali; non l’hanno cderto inventato i nazisti, era la cultura mediatica dell’epoca intrisa di darwinismo, la lotta della razza per la sopravvivenza, le razze deboli che abitano la fertile terra nera dell’Est; contrariamente a Francia e Regno Unito, la Germqnia non ha colonie. L’armistizio di Versailles, che annulla il trattato di Brest-Litovsk che aveva aperto all’Est uno spazio pacificato, rinchiude i tedeschi in una spazio che sentono claustrofobicamente soffocato: siamo Volk ohne Raum, popolo senza spazio, non abbiamo da nutrirci.
E infatti l’incubo della Fame – concreta e collettiva di un popolo – visita di nuovo i tedeschi: nel 193-32, l’austerità del cancelliere Brauning, 14 milioni di disoccupati, altri 8 con lavoro precario…Quando il NDSAP viene elevato al potere da quegli affamati, ha un pensiero fisso: nutrire il popolo superiore, a spese degli slavi supposti inferiori. Già nel 1931, negli ambienti SA, viene instaurato un “Ufficio per la razza e il popolamento” RuSHA [Rasse- und Siedlungshauptamt ] e poi nel 1939 un RKF [Reichskommissariat für die Festigung deutschen Volkstums – Commissariato del Reich per il rafforzamento della razza – che elabora un “Piano Generale dell’Est”, perfettamente stilato da docenti universitari, militari e funzionari: uno “spazio” fra Polonia e Ucraina percorso da autostrade e treni veloci, con città nuove di popolamento. E grandi fattorie distribuite ai capaci agricoltori tedeschi, terre previamente spopolate dagli altri. Snyder attribuisce a militari tedeschi avanzanti un detto: “Bisogna che il russo muoia perché il tedesco viva”.
Non so s e sia vero. Ma si può credergli quando sostiene che il Grossraum Ost (Il Grande Est) delle terre nere è il .luogo concreto dell’escatologia nazista, il vasto luogo di natura pura ed ecologicamente e sacralmente rispettata , vergine, dove la razza pura fiorirà coltivando, perché – come predicava Walter Darré, ma credevano anche Rudolf Hesse e Fritz Todt (il genio degli approvvigionamenti) è col il ritorno alla vita rurale che la razza ritrova le sue antiche radici identitarie genetico-spirituali , di un Volk parzialmente inquinato dalle convivenza forzata, nelle città, delle altre razze.
Un replica di questa pulsione mi sembra altamente improbabile: non foss’altro per il declino demografico, la popolazione tedesca non sente il bisogno di occupare fisicamente un Lebensraum, per ararlo e seminarlo.La realtà è invece palesemente il contrario: sono le etnie in esplosiva crescita demografica che ci invadono dal Sud, in parte (solo in parte) per i cambiamenti climatici, venendo a stabilirsi da noi. Ma dire questo ci espone alla fulminea accusa di razzismo – fascismo senza ecologia.
Ciò non toglie che le centrali globali sorveglino con strana inquietudine il “greening” tedesco, ché non si muti in Ecofascismo.