Da “Il Foglio” qualche giorno fa:
La Lega vuole arginare Salvini tornando al consiglio federale
“Se ti circondi di gente come Borghi e Bagnai, vien da tremare al pensiero della possibile squadra di ministri”, dice Borghezio
Borghezio dice che l’errore di Salvini è stato proprio nel non sapere presentarsi come un leader affidabile: “Se invochi i pieni poteri e ti circondi di gente come Borghi e Bagnai o Zanni….
Borghezio è una nullità che non ha mai espresso una azione politica in vita sua. Ma la stessa posizione l’ha espressa prima il “potentissimo Giorgetti”, oratore monosillabico e delle frasi incompiute: “…Ancora date retta a Borghi e Bagnai?”.
Giorni fa abbiamo riportato l ’ottimo discorso del senatore Bagnai contiene la competente illustrazione del programma sovranista e di lotta alla UE totalitaria, che è stato incarnata (almeno noi credevamo) dal governo Giallo-Verde.
Invece adesso risulta che la Lega “NORD” non vuole l’uscita dall’euro, che anche Salvini non la vuole e forse non l’ha mai voluta. E che il partito intero rigetta il “sovranismo” e comincia l’epurazione del Salvinismo non già da Salvini, ma dai nuovi venuti, che “non sono dei nostri” ed hanno influenzato il Capitone.
Si ha l’impressione che molti di noi abbiano avuto un’allucinazione. Effettivamente, col senno di poi, tutti i video di Galloni, Malvezzi, Conditi e Grossi, le esortazioni di Fusaro, in passaggi tv di Dragoni e di Rinaldi, gli articoli di Blondet o della Nicoletta Forcheri – che proponevano i mezzi per riconquistare la sovranità monetaria e la libertà politica ci siamo accorti che non avevano nessuna eco nel “governo del cambiamento”: questo non ha applicato mai nessuna idea sovranista – nemmeno quella facile e che non avrebbe potuto suscitare le reazioni di Bruxelles, la vendita dei titoli pubblici nelle aste al minor tasso invece che al peggiore per noi. No, il governo, autisticamente, è avanti ad applicare i suoi rachitici provvedimenti scritti nel loro contratto, reddito di cittadinanza e quota cento, malcotti e mal concepiti.
C’è mai stato davvero il progetto sovranista? Perché abbiamo mai creduto di sì?
Ricapitoliamo. L’alleanza di 5 Stelle di Di Maio e Lega di Salvini – due partiti opposti in senso profondo – non poteva avere che la funzione storica di Comitato di Liberazione Nazionale: come il CLN del 1945 in cui per battere regime fascista stavano insieme i comunisti staliniani coi monarchici, cristiani e liberali, in un governo del tutto provvisorio, solo per rifare insieme le regole del regole del gioco politico “nuovo”; e poi, una volta stabilite le regole, competere su sponde opposte con i propri programmi avversari.
Che proprio questo fosse lo scopo, parve confermarlo la scelta comune di proporre Paolo Savona, un così celebre euro-critico e autore di un Piano B di uscita (o espulsione) dell’Italia dall’euro, che a Mario Draghi si rizzarono i capelli in testa (conoscendo in Savona uno più bravo di lui) e mobilito il suo Mattarella perché ponesse il veto, con una azione di dubbia legittimità.
La cosa notevole ed ammirevole fu che Di Maio difese la nomina di Savona fino al punto da ventilare un impeachment del siculo al Quirinale: cosa non fattibile (il siculo dovuto esser giudicato dalla Corte Costituzionale, dove sono tutti suoi compari…) ma che testimonia che il programma di mettere in discussione la posizione servile e subalterna dell’Italia nella UE, era ben presente in Di Maio e si deve ritenere, nei 5 Stelle.
Poche settimane dopo, a Savona – a cui il Deep State de’ noantri non faceva nemmeno trovare le chiavi dell’ufficio e il computer al ministero, fu trovato un altro posto come presidente della CONSOB. Senza alcuna spiegazione a noi elettori, né da Di Maio né da Salvini.
Chiaramente il programma massimo era accantonato. La sola cosa che legittimava ancora il governo Giallo-Verde era però quella che più stava a cuore agli italiani, anche meno anti-UE, e meno avvertiti politicamente: l’opposizione all’ondata di migrazioni selvagge di delinquenti clandestini di ogni razza e colore. A questo allarme popolare, Salvini in quanto ministro dell’Interno rispose con sgangherata e parolaia semi-efficacia, che però soddisfaceva la pancia del paese. E sono cominciati suoi “successi di sondaggio”
I 5 Stelle diventati “Lega Sud”
Quanto al 5S, ha cominciato a governare non come se fosse in un governo provvisorio da Comitato di Liberazione Nazionale, bensì per attuare il suo programma decrescitista – a cui non era stato autorizzato dalla volontà popolare, perché avrebbe invece dovuto proporre all’elettorato in successive elezioni – dove la Lega sarebbe stata all’opposizione e in competizione.
Si aggiunga questo: che mentre Salvini – ispirato da un dio? – s’è sforzato di trasformarla Lega da partito localista e nordista in formazione “nazionale, è stato invece il Movimento 5 Stelle a diventare sempre più “meridionale”, fino a configurarsi in una Lega Sud – dando voce alle istanze deteriori meridionali, assistenzialismo e anti-industrialismo parassitario.
Per esempio: il reddito di cittadinanza, che andava bene per il Sud della inoccupabilità strutturale (infatti sono meridionali il 61% dei beneficiari), non doveva essere esteso sul piano nazionale, non pari pari. Al Nord è stato percepito quasi come un’offesa.
La frattura del Paese fra due metà ormai inconciliabili – e il Sud indietro rispetto al Nord non di una, ma di almeno due (o tre) fasi di sviluppo industriale e di cultura produttiva – è stata messa sempre più in piena e cruda luce, mentre avrebbe dovuto essere tenuta discretamente nell’ombra in una visione di opposizione unitaria “nazionale” alla dittatura UE. No-Tav, No-Ilva, no-trivelle, no-inceneritori, hanno definito sempre più i 5 Stelle, agli occhi del Nord iper-tassato ed affaticato nelle difficoltà dell’economia austeritaria, che ha perso industrie ed occupazione, come i capricci viziosi di meridionali fancazzisti.
Le perdite di favore nei sondaggi da parte del 5 Stelle, il Movimento doveva capirla appunto come la risposta dell’elettorato alle sua ambiguità e alla sua riduzione al meridionalismo deteriore. Invece lo stato maggiore, allarmato, ha voluto interpretarla come il risultato di troppi “cedimenti” alla Lega, alla eccessiva presenza mediatica di Salvini che “rubava la scena” coi suoi “successi” (parolai) contro le ONG scafiste – traendone la conclusione che per recuperare, bisognava 1) ritornare alle origini ideali del movimento (decrescita, economia circolare: con la ricomparsa del Grillo in veste di profeta invasato); e 2) l’abbandono di ogni mozione euro critica, e l’unione al partito del Deep State, il PD, per durare.
Ovviamente in queste considerazioni non si assolve affatto Salvini. A cominciare dalla sua stupida rivoltante estate al Papeete, alle invasioni di campo rozze e istituzionalmente maleducate, la sua grottesca ostinazione a mascherarsi con magliette da poliziotto, la farneticante richiesta di “pieni poteri”, fino alla sua indiscussa responsabilità nel provocare la rottura, contando che il furbo Mattarella avrebbe concesso le elezioni anticipate in cui lui avrebbe preso il 40% – c’è da essere sgomenti per il modo in cui ha “servito” agli avversari la sua propria testa sul piatto – e la possibilità di chiudere col “sovranismo” mai esistito se non nelle chiacchiere tv – chiudendo l’Italia, indisciplinata, in una gabbia di cui vedremo sempre più tutta la spietata durezza. Almeno fino al 2023, nessuna riscossa è possibile.
E vedo che insiste nella “linea”:
Stasera coi bimbi sto leggero: trancio di pizza cipolla e salame piccante
https://mobile.twitter.com/matteosalvinimi/status/1172578043463950336
Il punto è : constatata la palese insufficiente (mentale e culturale) di Salvini, una rivincita del Salvini non è nemmeno auspicabile. Lo vedremmo ripetere gli stessi errori, pronunciare le stesse parole, non studiare i dossier, fuggire i negoziati, fare il duro per finta, non capire … L’Istanza Sovranista merita – ed ha bisogno – di un leader articolato, istruito, capace e dialetticamente battagliero, all’altezza dei formidabili e quasi invincibili poteri nemici – interni e internazionali – che la momentanea ribellione italiana ha suscitato contro di noi.
Bagnai potrebbe essere il leader che occorre? Il suo limite è esterno a lui, e si vede nelle uscite di Borghezio: la Lega non lo accetta. Il senatore Bagnai non è un anziano della Lega; è uno di quelli che Salvini ha imbarcato come “migliori di sé” nella sua ventura di fare una Lega Nazionale. Ora che Salvini ha fallito, la Lega Nord è ben contenta di tornare nei suoi confini geografici e mentali, alle sue piccole ambizioni. Giorgetti, quando disse: “Ancora date retta a Borghi e Bagnai?” , esprimeva questa estraneità dei nuovi arrivati al tran-tran abitudinario della Lega “NORD”, quella degli Zaia, dei Fontana, dei Maroni. Quella piccina che coltiva il suo elettorato locale, quello sogna innocue secessioni domenicali nel pratone a Pontida. Quella del 7 per cento.
Giorgetti, dipinto come il potentissimo numero 2, è un altro di quelli che non sanno mettere due parole in croce per esprimere un programma; la sua potenza sembra essere dovuta al fatto che ha i numero di telefonino di Draghi ed altri personaggi “importanti”, che gli altri leghisti non hanno; per di più, ha una storia di pro-euro e pro-UE. Come, credo, la maggior parte dei leghisti di via Bellerio. Perché deve essere chiaro che esistono due Leghe: quella “Lega per Salvini presidente” è diversa e distinta, persino nell’indirizzo, da quella di via Bellerio, la residuale formazione di Bossi. Questa, ha assistito con stupore mista a disagio al volo “nazionale” e anti-UE di Salvini, ammutolita dalla prospettiva di diventare un “grande” partito con tutte le incognite e gli incomodi del caso (fra cui: l’estensione al Meridione significava imbarcare per forza personale politico di Forza Italia Sud, rimasugli di clientelismi anche più vecchi e discutibili, che il nucleo leghista non ha alcuna capacità né volontà di disciplinare…).
Dove è la Band of Brothers?
Come occorrerebbe, oggi, un partito “banda di fratelli”, dove un leader fosse capace di unirli come re Enrico prima della battaglia di Agincourt, vedendo i suoi uomini intimoriti dalla soverchiante numero dei francesi: “Noi pochi? Noi pochi felici; noi banda di fratelli, perché chi oggi chi versa il suo sangue con me sarà mio fratello – e quelli che oggi stanno a letto sentiranno come maledizione non essere stati qua, con la loro virilità sminuita quando uno di noi parlerà di coma ha lottato nel giorno di San Crispino”!
Io temo che il partito chiamato Lega Nord non abbia né personalità, e ancor meno ambizioni, di asserragliarsi nel Nord per l’estrema resistenza sovranista, per mantenere viva la fiamma del populismo eurocritico. Anzi, che guardi Bagnai e Borghi come due estranei e rompiscatole. Come fu in certo senso il caso di Bossi; poteva usare Gianfranco Miglio, ma preferì farsi consigliare dal suo autista.
Che il Nord sia così privo di una classe dirigente politica, è una tragedia di cui occorre prendere atto una volta per tutte. Non che non esistano figure di eccellenza perfettamente adeguate: ma – basta pensare a Giulio Tremonti, colto, autore di libri, economista, ideologicamente compiuto – che torna però alla professione, essendo entrato nella politica un po’ a mezzo servizio di Bossi (che non valeva una sua calza bucata), e mai del tutto accettato come leghista dai leghisti. E a prendere i voti delle pance, certo, non è capace.
Come mai? Un mio amico straniero asiatico, che ha abitato a lungo in Italia, guardandoci come un entomologo studia le formiche – mi disse: “Come mai voi lombardi non occupate posti nella magistratura? Sono anche benissimo pagati … eppure fra i giudici, solo meridionali”. Io ho girato la domanda a diversi neo-laureati in legge; ancora recentemente ad una ragazza milanese che, appena laureata, stava facendo il tirocinio a 400 euro mensili in uno studio di avvocati, correndo qua e là in compiti da fattorina. Perché non fai il concorso per entrare in magistratura? Ideale per una donna: lavori quando vuoi, 7 mila euro al mese, vacanze lunghe, tempo libero, avanzamento automatico di carriera …
La risposta della ragazza neolaureata in Giurisprudenza: “…Ma è noioso”. Chiedetelo a Palamara, se è noioso fare il magistrato; chiedetelo ai procuratori che si spartiscono sedi, posti e cause; chiedetelo ai togati del Consiglio cosiddetto “ Superiore” che si contendono lacerti del potere come loro bottino. E’ il potere, quello che la ragazza lombarda trova “noioso”? No, se si considera il compito del giudice come un “ordine” e non di parte, lo sforzo di neutralità e lo scrupolo di servire con coscienza la dignità della giustizia fanno della funzione una sequenza di aridi doveri, fino alla pensione. E così, la ragazza si arrabatterà tutta la vita in una professione dove mai guadagnerà tanto, perché gli avvocati sono troppi – e lascerà il potere a chi – meridionale – ne ha la passione e la voglia. Al modo meridionale: ABUSANDONE, se non ne abusi, che potere è? E nessuno si offenda.