L’Europa tra la perdita delle radici e la paura del futuro
Quando una nazione perde il contatto col suo passato, con le sue radici, sostituendo i valori tradizionali con quelli artificiali, decade rapidamente, smette di pensare, di creare e svanisce.
Di giorno in giorno queste parole vengono più spesso attribuite all’Europa. Peraltro le pronunciano ad alta voce non solo la gente comune ma anche gli studiosi molto autorevoli.
«L’Europa si salverà solo se ritornerà a fare figli. Abbiamo eliminato i legami con la tradizione e la natura: di questo passo siamo destinati a scomparire» spiega Eugenio Mazzarella, filosofo stimato ed ex parlamentare del PD.
Quali conseguenze potrebbe avere per l’Europa la perdita della propria identità e delle sue radici? Perché la società europea si sta sempre più smoralizzando? Sputnik-Italia ne ha parlato con Gianluca Marletta, saggista, autore dei libri “La fabbrica della manipolazione” e “Unisex: cancellare l’identità sessuale.
— Gianluca, come definirebbe i valori fondanti che oggi identificano l’Europa?
— In realtà, paradossalmente, sembra che l’Europa di oggi si autodefinisca proprio attraverso la “negazione” di qualsivoglia “valore” duraturo. Quello che definisce oggi la cultura occidentale è, in effetti, l’esaltazione del provvisorio, del precario e dell’effimero in tutti gli aspetti dell’esistenza: il che è davvero un controsenso. Nessuna civiltà ha mai potuto prosperare e soprattutto durare nel tempo a partire da fondamenta inconsistenti come quelle sulle quali pretende di edificarsi l’Occidente contemporaneo.
Perché in questo momento nelle società europee c’è un chiaro spostamento verso i valori non tradizionali e quelli tradizionali molto spesso vengono negati? Chi sta dietro questo movimento?
— Facciamo una necessaria premessa: nessuna moda o cambio di paradigma può mai essere considerato un fenomeno “spontaneo”. Nel caso dell’Occidente, in particolare, è almeno dagli anni 50/60 che i “poteri forti” spingono verso una progressiva dissoluzione dei valori e delle identità di tipo tradizionale. Le ragioni di questo operare sono molte: da una parte, la creazione di un “uomo senza identità” —resettato da ogni tipo di legami sociali forti, emancipato dai “corpi intermedi” come la famiglia, privo d’identità religiosa e spirituale — ha condotto all’avvento sociale del “consumatore perfetto”: un uomo che “vive per comprare” perfettamente adatto alle necessità del capitalismo più estremo. Dall’altra, l’individualismo estremo e l’assenza di punti di riferimento da un punto di vista culturale e spirituale rendono le masse occidentali estremamente fragili e permeabili da parte di qualsiasi influsso ideologico: un uomo senza “centro” è una foglia al vento, utilizzabile per qualsiasi progetto da parte dei “poteri forti”.
Questo cambiamento dell’uomo occidentale è stato indotto, negli ultimi decenni, attraverso vere e proprie “rivoluzioni culturali controllate”: la cultura della droga negli anni 60-70, la “rivoluzione sessuale” e, più di recente, il gender, la “cultura dell’effimero”; tutti fenomeni elaborati e pubblicizzati soprattutto a partire dall’establishment culturale anglosassone.
— Ci sono oggi in Europa movimenti che difendono i valori tradizionali? Come difendono i loro diritti?
in Europa esistono certamente gruppi e movimenti che si battono per la difesa dei “valori naturali” (preferirei definirli così, più che “tradizionali”, visto che l’affermazione, ad esempio, che un figlio abbia bisogno di “un padre e di una madre”, non è un elemento ideologico legato a qualsivoglia “passato da difendere” ma un semplice “dato di fatto”). Alcuni di questi movimenti, come il Family Day in Italia o la Manif Pour Tous in Francia —che si sono battuti contro l’invadenza dell’ideologia gender e delle lobby LGBT- possiamo addirittura dire che siano nati in maniera del tutto spontanea: vera espressione di un sentire diffuso. Il problema, tuttavia, è la mancanza di un appoggio politico ed economico: questi movimenti agiscono senza poter contare su un sostegno mediatico, con pochissime risorse, senza nemmeno l’aiuto delle principali autorità religiose dell’Occidente, le quali sono spesso timorose e poco disposte a schierarsi apertamente “contro” la cultura dominante.
— Cosa gli europei o meglio gli italiani pensano delle minoranze sessuali? Quale mood domina nella società cattolica italiana?
— In realtà, non esiste in Occidente nessun “problema sociale” riguardante le cosiddette “minoranze sessuali”. Oggi più che mai, ognuno è assolutamente libero di essere ciò che vuole. Il problema insorge, al contrario, quando si vogliono imporre “agende politiche” fortemente ideologizzate che propongono e impongono leggi che, con la scusa di affermare ad esempio i “diritti degli omosessuali”, violentano i diritti reali dei più deboli. Un esempio evidente riguarda le leggi sul cosiddetto “matrimonio gay” con relativa adozione dei bambini, in nome delle quali si annullano i diritti concreti dei bambini sacrificandoli sull’altare dei “capricci” di un’esigua minoranza.
— Cosa Lei pensa delle leggi che permettono alle copie omosessuali adottare i bambini?
La natura umana è fatta per crescere armoniosamente attraverso il contributo di quei due aspetti complementari che sono il “maschile” ed il “femminile”. La differenza è ricchezza e completezza. Da questo punto di vista, l’idea che due uomini o due donne possano —come piace dire oggi- crescere altrettanto bene un figlio rispetto ad una coppia etero è, prim’ancora che un rifiuto della natura umana, un rifiuto della complessità e della vera differenza.
D’altronde, bisogna ribadirlo, queste “istanze” non hanno nulla di spontaneo. Il cosiddetto “matrimonio gay” è stato imposto in quasi tutta l’Europa a partire da atti legislativi calati dall’alto, spesso in aperto contrasto col sentire generale. I politici, semplicemente, sembrano ubbidire ad “agende politiche” compilate dalle lobby senza nemmeno sentirsi in dovere di consultare la popolazione. Possiamo davvero dire che mai come in questo caso le democrazie occidentali sembrano aver “gettato la maschera”, dimostrando di essere, in larga parte, nient’altro che la “mano esecutiva” di poteri e di interessi del tutto alieni alla volontà popolare.
— Perché oggi in Europa gli uomini cercano di diventare più simili alle donne? Fanno manicure, mettono gli orecchini e gli altri accessori puramente femminili, si rifiutano di fare il servizio militare. Quali conseguenze potrebbe avere questa tendenza sulla società europea?
— Si tratta di un’ennesima “moda indotta”: negli ultimi decenni, la cultura e i mass-media hanno lanciato un vero e proprio attacco contro il “maschio” in Occidente. Da una parte, si tratta certamente del “reflusso” di un certo “femminismo” degli anni 70 che ha criminalizzato culturalmente “il maschile”, ritenuto un elemento violento e negativo, generatore di un sistema definito come patriarcale ed “oppressivo”. Da qui, l’idea che la società vada “femminilizzata”, che l’uomo stesso debba rinunciare alla sua natura e alle sue caratteristiche.
Le ricadute vanno ben oltre l’aspetto “estetico” veicolato da un modello “androgino” e devirilizzato dell’uomo; l’uomo occidentale di oggi è, molto spesso, ridotto a parodia di se stesso, psicologicamente fragile, ossessivamente proiettato in una dimensione di vanità esteriore, incapace di assumersi le tradizionali responsabilità “di stato” che sono (dovremmo dire erano?) i ruoli di marito, di padre o di difensore della propria patria. Questa devirilizzazione del maschio ha contribuito, peraltro, insieme ad altri fattori, al crollo dell’istituzione familiare e quindi al collasso demografico. Il modello di uomo dominante oggi in Occidente è quello di un dandy capriccioso ed infantile, ossessionato dall’idea di prolungare indefinitamente una giovinezza che pur gli sfugge inevitabilmente. Non a caso, alcuni psicologi hanno coniato un neologismo per definire l’uomo d’oggi: “adultescente”.
— Esiste un parere molto diffuso che l’Occidente rischi di scomparire perché sta tagliando con allegria il ramo dell’albero su cui è seduto. Condivide questa visione?
— L’Occidente di oggi è “clinicamente” già morto. Privato della sua identità spirituale e culturale, colpito da una crisi esistenziale senza precedenti, demograficamente sprofondato in un tunnel senza ritorno che lo sta spopolando, quello che fu il cuore della civiltà occidentale è certamente destinato, nel giro di non troppi anni, ad essere colonizzato da popolazioni più giovani, prolifiche e vive.
Una civiltà privata di valori di riferimento forti che diano “senso all’esistenza” —ci insegna l’Antropologia Culturale- è destinata a scomparire. L’unica possibilità sarebbe quella che l’Europa riscoprisse in tempi brevi (molto brevi) la propria identità: ma a partire da quali figure, strutture o istituzioni politiche o religiose è possibile oggi pensare questo?
L’opinione dell’autore può non coincidere con la posizione della redazione.