SU EUTANASIA E DINTORNI: UN PUNTO AL DI LÀ DELLE FAZIONI

di Gianluca Marletta

L’infiammato dibattito sul suicidio assistito, in questi giorni, ha riproposto ancora una volta quel “dialogo fra sordi” che si ripresenta puntualmente in queste occasioni. Sinceramente, mi sorprende molto l’ingenuità di molti pro-vita che identificando le proprie (legittime) convinzioni “confessionali” con una presunta “legge naturale” accettabile da tutti cercano dialogo con l’altra sponda. Qui, secondo me, bisogna avere il coraggio di guardare la realtà: le “visioni del mondo” che dividono gli uomini NON sono compatibili e non vi è nessun ponte fra di esse! OVVERO: che una persona legata ad una visione spirituale della vita rifiuti l’eutanasia (e qui cambia poco l’essere cristiani o musulmani o indù) perché è convinta che l’esistenza abbia uno Scopo, un Fine è che quindi la stessa sofferenza possa avere un senso divino, karmico, purificatorio o sacrificale, è comprensibile. …ma mi spiegate per quale ragione un ateo de iure o de facto dovrebbe accettare tale posizione? In nome di cosa?

Guardiamoci intorno: la nostra è una società che invoca il suo suicidio. Le categorie più endemicamente depresse sono i giovani (la generazione più ricca della storia, almeno in Occidente) e il mondo dello star-system (i vincenti del mondo moderno con tasso altissimo di suicidi, abuso di alcool e droga e disagi psichici). Se persino i vincenti di questo mondo invocano la morte, mi spiegate perché non dovrebbero farlo quelli che si trovano in carrozzina? Qualche giorno fa, dal suo attico cosparso di dollari, Saviano ha sentenziato una verità solenne: “la vita è una MERDA!”. E l’ha detto uno ricco e famoso.

Capite allora che il problema va bene oltre il piano banale delle polemiche politiche?

Capite che qualsiasi esistenza, privata del Centro e del Principio, è alla lunga insopportabile? Capite anche, cari amici pro-life, che la questione non sta nell’invocare una presunta “legge naturale” di cui non frega niente a nessuno, ma che il problema è ontologico (anzi metafisico) e rimanda a prospettive (legittimamente) inconciliabili?

Il nostro mondo è così ormai: galassie di tribù che interagiscono h24 ma parlano idiomi incomprensibili fra loro. Nessuno convincerà l’altro. Solo un cambiamento ontologico (una con-versione) può trasformare l’uomo. Ma chi potrà mai pretendere di “convertire” una società che è ormai irresistibilmente innamorata della sua stessa MORTE? @MIUI| https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=508944639882614&id=100023012465356

 

MB:

Aggiungo solo che la Conferenza episcopale non ha saputo che trovare parole untuose,  vacue,  reticenti e in fondo affrettate, tanto per  scrollarsi  uno sgradevole dovere.  Cito:

“Si può e si deve respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato” …. Si è  sviluppata la riflessione dei membri del Consiglio Permanente rispetto al tentativo di introdurre nell’ordinamento italiano la liceità di pratiche eutanasiche. I Vescovi [mica si sono esposti da soli: no] hanno unito la loro voce a quella di tante associazioni laicali [non nel condannare,  non sia mai! ma ] nell’esprimere la preoccupazione a fronte di scelte destinate a provocare  [la perdita delle anime ? ] profonde conseguenze sul piano culturale e sociale”.  Beninteso, “Consapevoli di quanto il tema si presti a strumentalizzazioni ideologiche”,  hanno evitato il tema,  ma “si sono messi in ascolto delle paure che lacerano le persone davanti alla realtà di una malattia grave e della sofferenza”, e tanto per cominciare, “hanno riaffermato il rifiuto dell’accanimento terapeutico”

Impagabile la frase: “Alla Chiesa sta a cuore la dignità della persona, per cui i Pastori non si sono soffermati soltanto sulla negazione del diritto al suicidio, ma hanno rilanciato l’impegno a continuare e a rafforzare l’attenzione e la presenza nei confronti dei malati terminali e dei loro familiari”.

Alla Chiesa “sta a cuore la dignità della persona”, e non invece “il destino eterno della persona”.  Non hanno saputo né voluto ricordare il necessario: che col suicidio ci si gioca la salvezza eterna, si finisce all’inferno dove si soffrirà incomparabilmente più dei dolori di qualunque malattia, e ciò per l’eternità e  senza rimedio.  E’ chiaro che sarebbero stati derisi dai media, rimproverati da Eugenio Scalfari, biasimati  dai Radio Radicale,  scherniti con rabbia  da questa opinione pubblica che ama la propria Morte, come nota Gianluca. Ma avvertire dei pericoli della dannazione è un atto di carità elementare,  da  cui i sacerdoti non possono esimersi. Ricordare importune ed opportune che Satana è in agguato negli ultimi momenti dell’agonia. Se uno su un milione per queste parole si ravvedesse,  basta a giustificare una vita  – e a guadagnare a sé il Paradiso.