PAOLO SENSINI – Non c’è nessunissima esagerazione nel sostenere che l’impostazione catto-progressista in fatto di immigrazione e la pratica dello schiavismo sono, in fondo, la stessa e identica cosa. Sì, perchè quando si fa di tutto e di più per accogliere milioni di persone a cui si sa benissimo che non si potrà offrire alcun futuro dignitoso, le cose sono due: o si è dei minus habentes che agiscono solo per riflesso condizionato, oppure si sta mentendo sapendo di mentire. Tertium non datur. Com’è possibile infatti offrire un lavoro decente a dei foresti quando vi sono già milioni di autoctoni disoccupati? Semmai questa massa di disperati li si impiegherà, come ormai si dice apertemente, in forme di “lavoro non retribuito”, la qualcosa non è altro che una forma di schiavismo-servilismo sotto altro nome. Ciò, oltre al degrado e agli innumerevoli conflitti che stanno già emergendo dovunque, genererà sulla pelle dei “migranti” un precedente a cui tutti gli altri lavoratori dovranno volente o nolente adeguarsi. O mangi questa minestra o salti dalla finestra, gli verrà detto con il sorriso sulle labbra da qualche “operatore del sociale”. In tal modo si entra lentamente ma in maniera inesorabile nel moderno servilismo. Una prassi del resto che emerge da tutti gli indicatori dell’economia reale, che è cosa ben diversa dalle bischerate che si insegnano nelle università i-tagliane.
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