Sul Palermitano Supremo essenziali precisazioni

Pino Cabras

GUERRA CIVILE NELL’ÉLITE OCCIDENTALE. IL CASO MATTARELLA

Come leggere la polemica che mette d’accordo tutti i furbacchioni, da Benigni a Meloni?

Trattandosi di Mattarella, dobbiamo tenere a mente le leggi ferree con cui egli si regola senza eccezione alcuna.

1) Sergio Mattarella non improvvisa MAI: se un suo discorso fa effetto, è perché voleva provocare esattamente quell’effetto. Pertanto, se dice che trattare con Putin è come trattare con Hitler proprio nel momento in cui si prospetta un vero negoziato globale, lo dice esattamente per affondarlo, anche al prezzo di una menzogna storica e una crisi diplomatica acuta.

2) I passi dell’Inquilino Permanente del Quirinale si muovono sulla base di informazioni privilegiate sulle volontà di altri potenti del suo livello precluse ai livelli inferiori della politica: quando Mattarella prende una posizione sa già cosa ne pensano gli ambienti con cui concorda le sue azioni e i suoi silenzi. Si tratta di ambienti sovranazionali che hanno determinato ogni passo della NATO e della UE negli ultimi decenni, e che oggi sono investiti (minacciati) dal ciclone Trump ma non hanno ancora esaurito tutto il loro potere e lo vogliono spendere in una sfida esistenziale.

Se le leggi matarellesche sono così inesorabili, la domanda è una ma articolata: cosa ha deciso il suo ambiente di riferimento per il futuro dell’Europa?

È una domanda scomponibile a sua volta in diverse sotto-domande: questo “ambiente” vuole continuare la guerra con la Russia con un maggiore livello di scontro?

Vuole riconvertire tutto in un’economia di guerra votata a un rapidissimo riarm

Intende superare la NATO e la UE che conosciamo creando una nuova istituzione che disobbedisce a Washington e serra le fila attraverso una nuova “governance” militarista che forza autoritariamente e avventuristicamente la mano fino a schiacciare le resistenze?

I due recentissimi discorsi europei del vicepresidente USA, J.D. Vance, sono stati a loro volta schiaffoni non improvvisati, delle sberle mirate che hanno umiliato e coperto di disprezzo le classi dirigenti europee proprio sul punto della libertà. Li ha trattati come i tristi regolatori di un sistema sempre più dittatoriale e orientato a conculcare chi dissente.

In sostanza, Mattarella, Starmer, Macron avevano già chiaro che c’era un nuovo sceriffo in città e hanno deciso di dare il segnale di voler reagire con un azzardo che contraddirebbe un’intera vita scandita da movimenti felpati in stanze ovattate.

Oggi – anche se non hanno certo il fisico del ruolo – puntano a ucrainizzare lo spazio pubblico europeo. Magari poi pensano di trovare un accomodamento con gli americani, ad esempio comprando armi Made in USA. Ma intanto la guerra civile in seno alle élite dell’Occidente collettivo è iniziata. Anche Zelensky – un ex (?) pagliaccio – non aveva il fisico del ruolo, ma ha avuto tempo per creare le condizioni di una guerra catastrofica. I pagliacci europei non vedono l’ora di far danno su una scala più grande. Benigni applaude. Meloni e Schlein pure.

BERSANI E LE DIPENDENZE

Lo sveglissimo Pierluigi Bersani durante la trasmissione di Giovanni Floris ha detto di aver capito che il presidente degli Stati Uniti vuole arricchire l’America attraverso l’impoverimento dell’Europa. Ha perfino spiegato che se il presidente vuole, può farlo per tre motivi: ha le tecnologie (e noi non le abbiamo), ha il riarmo (e le armi le paghiamo a lui), ha l’energia (“e il gas glielo paghiamo sette volte quel che le paga lui”). Bersani, senza accorgersene, ha descritto in modo semplice cosa significa essere disperatamente e colonialmente dipendenti da una potenza che ci assoggetta in termini industriali e militari con intenti sostanzialmente predatori e ostili, per giunta con una prospettiva di netto peggioramento.

Il punto che Bersani non capisce è che questo è anche il suo capolavoro. Non solo suo, ovviamente, ma di tutta una classe dirigente italiana ed europea che si è prestata a questa dinamica per anni e ci ha consegnati mani e piedi ai padroni dell’Occidente, pronti a sudamericanizzare l’intera classe media europea.

Bersani è uno dei tanti che ancora sta lì a giustificare senza un ripensamento l’immenso trasferimento di centinaia di miliardi di dollari al buco nero ucraino per “non essere dipendenti dal gas di Putin”, che poi era un gas a buon prezzo che i russi non si sognavano di usare in modo ricattatorio. Il tutto per difendere l’indipendenza di Kiev. Bella “indipendenza”: un paese comandato a bacchetta da Londra e Washington, con quest’ultima che ormai dice: mi prendo tutti i vostri tesori minerari e voi non potete farci nulla, anzi ora mandate al fronte i diciottenni.

Ecco, Bersani viene invitato a recitare il ruolo del vecchio saggio, un farfugliatore di perle di buon senso da elargire durante interviste sdraiate fra i mesti applausi a comando della claque in studio. Non è un vecchio saggio. Qualcuno un giorno dovrà rivelarglielo.