Un lettore:
“Ogni giorno ne esce una, e pazienza andassero a donne… Ma qui sono tutti froci. Prima i carmelitani scalzi che mantenevano i marchettari di mezza Roma adesso il priore di Montecassino – no dico MONTECASSINO – che frequentava i locali gay di mezza Europa sperperando i soldi del priorato. Non e’ possibile che queste cose avvenissero senza una rete larga ma molto larga di complicita’ e/o omerta’.
Nel mio piccolo il mio 8 per mille lo daro’ a tutti ma non alla Chiesa cattolica.
Gianni”
Forse la Chiesa ha avuto sempre al suo interno una quota di omosessuali, per ovvii motivi. Oggi ne è un verminaio infestato da cima a fondo, di veri e propri posseduti dalla lussuria invertita, ed è uno dei risultati diretti del Concilio. Come occorre ripetere, Giovanni XXIII annunciò nell’aprire il Concilio che ormai la Chiesa non si sarebbe “opposta” agli “errori” come in passato, quando li “aveva condannati talvolta con la massima severità”. Da adesso, “preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore”.
La rinuncia alla “severità” nel condannare le eresie non poteva che condurre alla fine del “rigore” nei comportamenti scandalosi. Salve le dovute eccezioni che ci sono per fortuna e grazia di Dio, gli alti gradi gerarchici hanno applicato quella “misericordia” decretata istituzionalmente prima di tutto a se stessi – come accade ad ogni burocrazia che sa approfittare a proprio beneficio di ogni falla delle leggi. Concedendosi lussi e vizi. Non sono tutti; ma come ho potuto constatare (sono stato per anni ad Avvenire) non c’è oggi persona laica nel mondo che – decidendo di fare il male – sia più “libera” di farlo di un prelato. Un laico incontra alcuni limiti esterni ed oggettivi: che so, un datore di lavoro che controlla la sua produttività, il giudizio del prossimo, il denaro contato: un privato di classe media non può semplicemente permettersi di andare a Berlino per orge, di dilapidare in champagne e ostriche; la cosa e l’ecstasys non se le può pagare a gogo; la vita nel “mondo” ha una sua ruvida concretezza per i più, una certa necessaria serietà – altrimenti si abbatte la sanzione sociale. Il prelato invertito non subisce controlli, non deve temere punizioni, non ha sopra nessuno che lo tenga sotto qualche sorveglianza. Un santo cardinale (ne esistono) che ha avuto il compito di trattare giudiziariamente i casi di devianza morale dei preti, mi ha detto: “Mi pare di andare a predicare alle prostitute ché, almeno, tengano gli occhi bassi”. Tutto il potere punitivo che aveva in mano il suo tribunale ecclesiastico si riduceva a questo. Non c’è più alcuna severità. Peggio: non c’è più alcuna normativa morale che possa essere opposta ai devianti…”Chi sono io per giudicare?”.
Si fida nell’auto-disciplina, nell’auto-controllo. In un balordo ottimismo sulla natura umana e le sue falle che la vecchia Chiesa non ha mai coltivato (sa che l’uomo è “ferito” dal peccato di Adamo, sicché ci è più facile fare il male che il bene), ma che Giovanni XXIII proclamò con tristo entusiasmo progressista: sappiamo, proclamò, che circolano “dottrine false, opinioni, pericoli da cui premunirsi e da avversare”. Ma non c’è bisogno di contrastarle con severità “ perché tutte quante contrastano così apertamente con i retti principi dell’onestà, ed hanno prodotto frutti così letali che oggi gli uomini sembrano cominciare spontaneamente a riprovarle, soprattutto quelle forme di esistenza che ignorano Dio e le sue leggi”.
Cioè: è nato l’uomo nuovo annunciato dalla Rivoluzione illuminista. Quello che non ha bisogno di essere guidato, perché da sé, “spontaneamente”, si tiene lontano da azioni ed opinioni “che contrastano coi principi dell’onestà”, avendone constatato razionalmente “i frutti letali”. Da sé capisce che le forme di esistenza che “ignorano Dio e le sue leggi” fanno male (a cosa? Alla salute? Al portafoglio?) Insomma si annunciava l’uomo autonomo. Che si dà da sé la propria legge.
Esattamente il contrario di quello per cui Cristo sarebbe venuto sulla Terra a liberare, perché “chi fa’ il peccato è schiavo del peccato”.
Andatelo a chiedere all’abatino finocchio di Montecassino, al superiore carmelitano finocchio che si serviva di prostituti, al monsignorino culatoncino polacco che ci ha presentato il suo “compagno”offendendo tutti i credenti…sono quelli che si regolano da sé. Pieni di soldi su cui non devono dare conto a nessuno – l’8 per mille ha riempito questa gerarchia di soldi nel momento stesso in cui perdeva i fedeli, e quindi s’è liberata dal controllo che i credenti hanno esercitato per secoli sui preti peccatori. Si è detto che la Chiesa ha sostituito il suo popolo con l’8 per mille. Ha creduto di guadagnarci, non dovendo più dipendere dalle elemosine e dai lasciti dei fedeli. Adesso vediamo quel che è diventata.
“Madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati», l’annunciava Papa Giovanni. Eccola la madre amorevolissima, dalla manica larghissima, che non ha più Inquisizione e nemmeno sorveglianza sulle coscienze nemmeno dei suoi diretti dipendenti,oggi indipendenti. Una potente storica ausiliaria delle “rivoluzione sessuale” che di lì a poco, nel ’68, avrebbe abbassato le difese sociali sulle devianze viziose e scandalose, e che oggi ha del tutto sollevato il solo tappo che, in qualche modo, ancora tratteneva la lussuria senza fondo, patologica, degli invertiti: la riprovazione, almeno la disapprovazione dei comportamenti. Saltato quel tappo – la benedetta “pressione sociale”, il sacrosanto “giudizio del prossimo” – ora quelli non hanno più limiti. Non abbiamo ancora visto nulla con l’abate di Montecassino: è stata aperta una fogna che non cesserà di spurgare liquami, lordando tutti noi con sempre più ripugnanti esibizioni di sconcezza, sempre più oltraggiose oscenità.
Perché – diciamolo una buona volta, prima che le leggi promosse e volute dalla lobby dei pervertiti ci vietino la verità – il loro vizio consiste esattamente e solo in questo, nella volontà di superare ogni limite, nella ricerca coattiva e disperata (da ossessi o da posseduti) , insaziabile, di oltraggiare i confini – anzitutto interiori – della dignità umana. Lo impararono sgomenti i medici che a San Francisco, nell’esplosione dell’AIDS, chiesero ai malati di aiutarli a risalire all’infetto numero 1: fu impossibile, ciascuno dei ricoverati aveva avuto in media 600 rapporti l’anno precedente con partner diversi, e quasi sempre sconosciuti incontrati nelle loro dark rooms. Oggi, il British Medical Journal segnala l’espandersi furioso di “maratone del sesso” dove cinque o più omosessuali si uniscono e copulano anche per tre giorni e notti, senza mangiare né dormire, perché si aiutano con psicofarmaci e droghe ad hoc, riducendosi a stracci e diffondendo le loro malattie veneree. Si vede qui come l’omosessualità sia animata meno dal desiderio di voluttà che da quello di violentare la natura.
http://www.unicri.it/min.san.bollettino/bulletin_it/1997-3/recenz9.htm
E’ proprio della patologia del finocchio credere ossessivamente che se la “felicità sessuale” gli sfugge, è colpa della società – essa, coi suoi “tabù”, lo ostacola, gli rende difficili tutti gli incontri che vorrebbe e sogna di avere nella sua fantasia malata di insaziabile oltraggio alla natura. Quindi esigono leggi “più permissive”, quindi pretendono leggi che puniscano chi li giudica male, che rendano un cimine “l’omofobia”…Sono quindi l’arma politica più straordinaria che la Sovversione abbia a disposizione.
Anche perché, come nota il lettore, sono assetati di potere per coprirsi a vicenda. La cosa fu notata da Engels con allarme in una lettera a Karl Marx del 1869. Era appena uscito un libello di tale Karl H. Ulbrichts (1825-1895), primo storico promotore dei “diritti degli omosessuali”, ed Engels scriveva: “I pederasti cominciano a contarsi e coprono di essere una potenza dentro lo Stato. Mancava l’organizzazione, ma a giudicare da questo testo, sembra che essa esista già in segreto…”.
Lo riferisce uno storico della Germania, Philippe Simonnot, nel suo recente studio Le Rose et le Brun, – Quel a été le rôle des homosexuels dans la montée du nazisme au Pouvoir ? (éditions Dualpha, 2015) – che mette in luce il pericoloso ruolo politico esercitato dalla finocchieria. Bismarck stesso prese misure segrete per ridurne l’influenza che esercitavano sul Kaiser Guglielmo II. La parte che hanno avuto gli invertiti nelle SA e nella salita al potere del Nazismo non è il caso di ricordarla (poi Hitler fece la purificazione…).
Chi ha fatto salire uno così ad abate di Montecassino?, si domanda un lettore – con quella faccia? La risposta è che la lobby della Kulandra nella Chiesa ormai non conosce più limiti nella decenza. Non la tiene più nessuno. E’ anche questo l’effetto finale del Concilio, mezzo secolo dopo. Perché a forza di essere “benigna e paziente” verso i figli suoi (da essa stipendiati, specialmente) non richiede più loro, né sorveglia in loro, che abbiano l’aspirazione alla santità.
Non da oggi, guardate. Era già il 22 dicembre 1972 che l’Osservatore Romano segnalava una Congregazione religiosa che “ha spazzato via dalle Costituzioni del fondatore tutte le pratiche di pietà – Messa quotidiana, lettura spirituale, meditazione, esame di coscienza, ritiro mensile, Rosario eccetera – tutte le forme di mortificazione, e ha messo in discussione anche il valore del voto di obbedienza, concedendo al religioso il diritto all’obiezione di coscienza, quando voglia sottrarsi agli ordini dei Superiori”. Da quarant’anni abbandonate le pratiche di santità; in tanti ordini non si prega più; cosa volete che rimanga, se non il carrierismo, i soldi, i prostituti e l’ecstasys?
Il fatto che esistano ancora buoni preti diocesani, poveri (con l’8 per mille, i vescovi danno loro uno stipendio di miseria) nonostante tutto aderenti alla dottrina, alla carità e alla fede, santamente sacrificati, è un miracolo, una prova dell’origine divina e della divina protezione che resta sulla Chiesa. Esistono; e più sono santi, più dediti alla preghiera, più sono ostacolati e devono soffrire la mano pesante della gerarchia. Fino al caso estremo dei Francescani dell’Immacolate (e delle sue suore), commissariate con l’accusa di non aver voluto “ assimilare adeguatamente ed applicare (…) le ricchezze dell’insegnamento conciliare”.
Questo è: infinita misericordia per “ordini religiosi in bancarotta, porporati accusati di aver protetto preti e vescovi pederasti, seminari in cui succede di tutto e di più”, assenza di sorveglianza e di responsabilità verso il porcàio, implacabile ferocia verso chi prova a fare una vita di santità. Il discrimine è il “Concilio”. Lorsignori difendono tutte le “libertà” che con il Concilio si sono concessi? L’unica difesa – ha ragione il lettore -è far mancare loro l’8 per mille. A ciò provvederanno gli scandali che sono montati e ormai alla luce del sole. Ma non basta. Siccome Cristo c’è, questi avranno il destino del sale diventato insipido, saranno calpestati.
Non posso chiudere senza evocare l’altro rigurgito di liquame italiota, quello che trabocca dalla procura di Napoli. Impropriamente detto “caso De Luca” dai media, mentre il governatore De Luca è per assurdo il meno colpevole. Chiamiamolo il “caso Scognamiglio-Manna”. Dal nome della giudicessa e del marito. Una famiglia marcia fino al midollo, assatanata di soldi e potere e di superamento di ogni limite: entrambi parti di caste pubbliche, entrambi benissimo stipendiati, della categoria dei ricchi di stato, volevano per lui una carica dirigenziale in una ASL, ancora più lucrosa e prestigiosa. Manifestano una corruzione morale unita alla tracotanza di chi è malfattore abituale, e alla cecità specifica di chi, immerso nel malaffare fino al collo, non si rende nemmeno conto che per voler troppo può perdere tutto. Il punto è che questi episodi di corruzione si mostrano sempre più negli alti gradi della dirigenza pubblica, della cosca e casta giudiziaria. Solo per ricordare i casi più recenti.
Silvana Saguto, presidente del tribunale di Palermo con il compito di occuparsi dei beni sequestrati ai mafiosi, e che li intascava o malversava , nominando amministratore di detti beni il marito, amici e commensali.
La Antonella Accroglianò, detta la dama nera, alta dirigente dell’Anas che si faceva pagare per concedere appalti, anche lei insaziabile, mai le bastavano le “ciliegie”, pretendeva sempre più “antinfiammatori”…una così abituale corruzione e abuso di potere che non bastano certo due o tre punizioni, o inchieste penali, per “educarne cento”. Questi si sentono i padroni della cosa pubblica e se ne appropriano come cosa loro. E come la Kulandra vaticana (e no), come l’abate di Montecassino o il cardinale dall’appartamento principesco, non ne hanno mai abbastanza. Non può bastare, né servire, applicare le leggi; qui bisogna domandarsi come sono state deformate le istituzioni, distorte le idee di pubblica dignità e di privato rispetto di sé, da rendere questi personaggi così assuefatti a fare del pubblico cosa propria, cosa nostra, infischiandosene del giudizio altrui e sicuri della propria continua impunità. Come nella Chiesa va’ messo in discussione il Concilio (almeno la sua applicazione oltraggiosa), così qui va’ messo in discussione il quadro istituzionale che ha prodotto questi arraffoni senza fondo, che ha dato loro questo atteggiamento umano da delinquenti nati. Non sfugga come la casta giudiziaria, implacabile con gli avversari politico-mediatici, sia di manica larga con se stessa: la dottoressa Scognamiglio, invece di stare in galera (preventiva, come usano contro noi comuni mortali) è stata “trasferita”.
Temo che anche questo peggioramento sia in qualche modo un effetto distante del Concilio e della sua manica larga ribattezzata “Misericordia”. Che cosa deve impedire ad un dirigente pubblico di arraffare? L’amor di patria, è stato abolito. Quel che restava di moralità in Italia era la moralità cattolica. Adesso è “la svolta antropologica” compiuta. Ecco l’uomo nuovo auspicato.