Sul tribunale ebraico “divino” che vogliono a Gerusalemme

 

Del pezzo di Maurizio Blondet è interessante la seconda parte perché ci dà uno spaccato dell’esegesi a-cristologica mediante la quale gli ebrei postbiblici leggono la Scrittura.

In tale lettura sono essi, come popolo, ad essere l'”agente di Dio” per portare agli altri popoli la salvezza, nell’aldiqua’, attraverso un Tribunale Mondiale da istituire a Gerusalemme per giudicare le nazioni e comporne i conflitti (se questo vi ricorda la Corte Penale Internazionale dell’Aja ci siete andati vicini dato che la filosofia che oggi regge l’Occidente deriva da questa esegesi biblica).

Non si dice, nella lettera inviata dai rabbini a Trump citata da Blondet, ma lo si può sospettare, che i giudici di tale tribunale dovranno essere scelti tra gli “eletti”. Il tribunale, che i rabbini auspicano, eserciterà la sua giurisdizione sulle genti applicando ad esse le “sette leggi noachiche” ovvero quelle che Dio ha dato all’umanità, mediante Noe’, e che sono universalmente valide per tutti i non ebrei. Mentre per gli ebrei, perché speciali agli occhi di Dio, vale ben altra legge ovvero quella della Alleanza di Abramo.

Alleanza abramitica la quale naturalmente essi – che non tengono conto della sottomissione di Abramo a Melchisedek “Re di Pace e Sacerdote dell’Altissimo” (per la Chiesa figura tipologica di Cristo “Tu sarai per sempre Sacerdote al modo di Melchisedek”) – non considerano soltanto una successiva riformulazione della stessa Alleanza noachica, in vista della futura Incarnazione, e quindi non ammettono essere stata compiuta, ma al tempo stesso superata, dalla Nuova Alleanza di Nostro Signore Gesù Cristo ossia Colui che ha abolito ogni separazione tra “greco e giudeo” e ha aperto anche ai gentili l’Alleanza di Abramo che aveva approfondito ovvero “dettagliato”, quindi superato, quella di Noe’.

Ciò che gli ebrei postbiblici non accettano è che l’Alleanza che Dio dona agli uomini si sia progressivamente inverata in successive e più spirituali formulazioni nella lunga vicenda che va da, appunto, Noe’ per Abramo fino al definitivo adempimento in Cristo. Nella loro prospettiva la separazione “tra greco e giudeo” resta perché insuperabile e i gentili possono avere parte nel mondo futuro solo se obbediscono alle leggi noachiche e si sottomettono al Tribunale Mondiale dell’Umanità (gestito da chi?).

Il mondo futuro per essi non è né l’aldilà, come per i cristiani e gli islamici, né la restaurazione post-storica, quindi trasfigurata escatologicamente nella Luce Divina, dell’Origine edenica ma soltanto l’instaurazione nel mondo attuale, così come è, della “pace universale” sotto la guida (solo religiosa o anche politica?) di Israele. Nella loro esegesi biblica non c’è alcun posto per Cristo Re, Salvatore e Giudice del mondo, il suo ruolo messianico è invece attribuito al “messia collettivo” ossia ad Israele.

Per essi, nella migliore delle ipotesi Cristo è solo un profeta ebreo fallito mentre per i Toledot Jeshou del Talmud è un eretico che marcisce negli inferi. Non c’è chi spiritualmente sveglio non si avvede della straordinaria coincidenza tra la prospettiva esegetica dell’era messianica come era di pace universale, propria del giudaismo postbiblico, e la filosofia globalista e umanitaria dell’Occidente post-cristiano (si pensi, solo per fare un esempio al Kant de “La pace perpetua”).

Purtroppo molti sono i cristiani che oggi dormono a quattro cuscini il sonno della fede, scambiando lucciole per lanterne, perché non conoscono affatto la spiritualità del giudaismo postbiblico nonostante possono ogni giorno constatarne alcune ricadute politiche. LC.

Blondet & Friends (https://www.maurizioblondet.it/trump-si-sta-convertendo/)

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