Terapie nascoste…il suono

STEFANO  MARIA CHIARI –  I sensi ci sono stati donati per attingere alla conoscenza del reale, sperimentandone la verità in relazione a noi stessi; è vero e se n’è già scritto, lo spirito deve governare e dominare tali sensi, affinché le percezioni ricevute possano essere filtrate, calibrate e soprattutto comprese alla luce di quella verità che è oltre l’apparenza, quella alla quale si accenna, balbettando a tratti, magari quando ci si imbatta nelle evidenze sperimentali della quantistica; ma se la materia è energia, lo spirito è molto più che materia e pertanto possiede in sé una carica vitalizzante, che va ben al di là della portata di qualsiasi apparente supporto fisico. E l’uomo è creato per “vibrare” di questa energia (prana, Qi, etere…), creatura che rappresenta la volontà di permanenza divina nel mantenimento in essere del creato stesso. Tutto esso si riveste ed irradia tale vigoria, perché la Volontà da cui essa promana è niente meno che la chiamata all’esistenza di Gen 1 “e Dio disse…e fu”.

Ora, in quest’ottica totalizzante ed olistica dell’essere vivente che pulsa e respira del “buono” e “molto buono”, non desta meraviglia l’apparire di risultanze scientifiche in linea con questi postulati.

L’udito rappresenta un momento fondamentale di questa “acquisizione di vita”; non è un caso se l‘incipit dei comandamenti sia preceduto dall’invito all’“ascolto”. Del resto Dio stesso, all’atto della creazione “parla”, emette una Parola, viva efficace, a doppio taglio (cf Eb 4). San Giovanni rese il concetto con Logos (λόγος); ma il termine greco, che sta ad indicare non soltanto la semplice “parola”, quanto piuttosto l’esplicitazione/manifestazione del pensiero (in questo caso del Pensiero divino, dove Pensiero, Parola e Respiro vivono una consustanzialità ipostatica), traduce “devar” (perché è certo che san Giovanni scrivesse in greco, ma pensasse in ebraico; tutto il suo Vangelo, sintatticamente e grammaticalmente conferma questa evidenza), il cui significato è più ampio; esso infatti riconduce non soltanto alla parola detta, ma rimanda sia al fatto sia all’azione che ne conseguono. Anche per questo il profeta potrà dire che “della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero” (Is 55,11). Questa Parola efficace è linguaggio, vibrazione aleggianti sulle acque (come lo Spirito in principio); essa possiede una struttura armonica, musicale, come quella della lingua ebraica, dove la poesia realizza se stessa più di tutto attraverso il ritmo.

È possibile intravedere una proporzionalità, un rapporto, un’armonia totalizzante nel creato stesso; quello stesso equilibrio sublime che Dio volle all’inizio, prima del peccato. Tutto appartenente al proprio ordine in perfetta sinergia globale con il resto.

Questo in certo senso è melodia divina, riflessa nel creato, che doveva essere percepito come profondamente musicale; pensate al persistente canto delle cicale o il soave frinire dei grilli in questa stagione; il rilassante scroscio di un ruscello o il delicato cinguettio mattutino di volatili in amore; tutto questo è nulla, rispetto a quanto l’uomo sarà stato in grado di cogliere, gustare ed apprezzare al suo inizio. Tutto in armoniosa celebrazione dell’armonia dell’Essere. È che l’uomo vivesse di tale sinfonico concerto interiore ed esteriore è testimoniato dalla disgregazione frammentaria che ora soffre per aver perso tale proporzionata bellezza.

Ogni malattia si colloca in questo contesto di smarrita armonia (in primo luogo col Cielo e poi ovviamente nel creato). La musica (come l’arte in genere, ma qui soffermiamoci su questo aspetto specifico), quando si ispira ai canoni della bellezza e della proporzione, cerca di ripristinare quel senso di equilibrio e di suono di cui è formato il creato nella mente divina; ci si domanda se questa ricerca sia in grado di produrre effetti non soltanto acustici, ma olistici, investendo tutta la salute del corpo.

Fabien Maman ricercatore, compositore e musicoterapeuta ha portato avanti una serie di esperimenti con i quali mira a dimostrare come il suono possa influenzare sia la struttura fisica sia l’energia delle cellule e come in definitiva questo possa portare addirittura alla distruzione di quelle cancerose. I dati sperimentali portati a sostegno della tesi dello studioso (per lo più si tratta di materiale fotografico che registra la reazione delle cellule sottoposte a “bombardamento musicale”) proverebbero la distruzione delle cellule cancerose sottoposte a vibrazioni sonore, a causa dell’incapacità delle stesse di “entrare in armonia” con il suono emesso. Le cellule sane, al contrario, sembrano integrare e sincronizzarsi senza opporre resistenza, assorbendo il suono, ma senza trattenerne la frequenza.
Anche qui è un gioco di energia: le cellule vibrano e si sintonizzano con una vibrazione positiva e risanatrice, mentre le cellule malate non sono in grado di fare altrimenti, anzi ne soffrono l’impatto, fino alla morte.

Tutto questo ci richiama in fin dei conti all’idea dell’infermità tomisticamente intesa, come assenza di salute; analogamente al concetto di peccato come difformità rispetto a divino volere, stonatura, dissonanza.

La musica, quindi, intesa come arte capace di riprodurre un modello ideale, una bellezza sublime, sembra in grado di riprodurre l’archetipo di quell’antica armonia spezzata. Ovviamente non sarà sufficiente, a parer di chi scrive, che si ascolti musica per ritrovare la Divina assonanza, capace di rendere la salute totale in corpo, anima e spirito, ma occorrerà in primo luogo allineare lo “il cuore” alle frequenze del Divino Spirito. questo primo processo di avvicinamento ed apertura comporterà uno schiudersi del potere curativo e generativo della buona musica.

La parola chiave delle terapie in esame è “risonanza”. essa evoca la ripetizione; sembrerebbe quasi spiegare l’effetto timico scaturito dalla ripetizione costante delle preghiere monologiche (anche questo, fenomeno intuito e diffuso in tutte le tradizioni religiose: dal mantra indù fino al S. Rosario, dalla preghiera del cuore esicasta al dhikr del sufi islamico, fino alle ultime trovate new age, ecc…); le cellule sane, a differenza di quelle cancerose, che restano rigide e “non comunicative”, ricevono la risonanza del suono e così si rivitalizzano, riscontrando particolare beneficio quando la frequenza sonora corrisponde al bisogno delle cellule stesse.

Il cancro rivela quindi una sorta di disarmonia; l’impossibilità di “alimentarsi” con la bellezza del suono. Questo ci dice molto sulla necessità di educazione al bello dell’anima. Confesso di essere stato e di essere tuttora un ignorante frequentatore di “musica classica”, dilettante all’ascolto di melodie che trascendono di molto la mia capacità di comprensione. Ma, col passar del tempo e l’aumento delle frequentazioni, l’orecchio, abituato agli strilli disordinati del pop o al caos del rock, ha iniziato ad affinarsi, ad apprezzare, a sollevarsi oltre la percezione sensibile, per lasciarsi toccare da tanta sublime bellezza. In certo modo, non meraviglia affatto che la mortifera infermità tumorale non sopporti l’armonia dell’esistente. L’equilibrio interno del corpo infatti vive e si parametra grazie all’innescarsi di diversi livelli esistenziali: c’è chi parla di stress ossidativo (proliferazione dei radicali liberi, causa delle degenerazioni cellulari), chi di acidificazione delle cellule (rapporto acido/base che determina l’insorgere di cellule tumorali), altri ancora di “intossicazione psico-spirituale”, tale da determinare l’insorgenza delle due menzionate cause. In ogni caso comunque, manca la tranquillità dell’ordine (pax omnium rerum, tranquillitas ordinis), quel silenzio sublime di tutto l’essere, che per i grandi mistici comportò perdita del sé in Dio e superamento del transeunte (malattie incluse), per partecipare in anticipo (anche se mai in maniera definitiva) dello stato della resurrezione. In quel silenzio, la bellezza si identifica col gusto, la volontà con il bene e l’intelletto con la verità.

Benefici degni di nota si sono avuti anche monitorando sperimentazione fatte sull’effetto della voce umana; essa porta con sé una sorta di risonanza spirituale.

Quest’ultimo dato ha dei risvolti interessanti: richiama niente meno che la potenza taumaturgica del canto monacale. La voce, solo strumento, nelle liturgie del gregoriano o nelle incessanti litanie bizantine.

Del resto il canto vocale o l’efficacia del singolo tocco (campane o tamburo che sia, musicoterapia del Gandharva veda, ecc…), armonicamente rappresentato, è un dato presente in tutte le tradizioni antiche, segno del fatto che ne era riconosciuta piena efficacia terapeutica.

Inutile ribadire che evidenze note anche ai muri: le mucche fanno più latte con Mozart in sottofondo, così come il mais cresce e vigoreggia maggiormente nelle serre con filodiffusione musicale. La musica contribuisce a rimuovere stati di nervosismo, ansia, angoscia, fino ad intervenire su problematiche psicosomatiche come cefalee e stanchezze muscolari. Certa musica, eventualmente accompagnata da esercizi respiratori collegati alla preghiera ed alla meditazione della Parola di Dio, è in grado di rallentare alcuni ritmi vitali: abbassare il numero di pulsazioni, diminuire la pressione arteriosa, con conseguente miglioramento della percezione di sé e del nostro corpo; è, in un parola, in grado di rilassare il nostro mondo interiore, rendendolo più libero da fobie e lacciuoli, maggiormente disposto a relazionarsi.

Ovviamente la musica classica svolge un ruolo di primo piano; ricca di armonie e melodie, parte di un grande disegno equilibrato ed unitario. Chi ascolta deve abbandonarsi alla musica, lasciandosi cullare dal flusso di immagini e sentimenti psicologicamente significativi.

Tramite quello che viene definito l’effetto “diapason” (un diapason in vibrazione accanto a un altro che non sia stato toccato, inizierà a far vibrare il secondo con la stessa frequenza), cogliendo la medesima lunghezza d’onda del suono, attraverso l’orecchio interno, le vibrazioni penetrano a varie profondità a seconda della loro frequenza fino a tonificare l’attività cellulare; le cellule stesse oscillano alle medesime vibrazioni, cercando di ricostituire l’equilibrio eventualmente mancante. Ciò ovviamente comporta effetti su tutto il nostro corpo; sul cervello, sul sistema nervoso centrale, sul sistema cardiovascolare…ecc..

Il vero effetto “diapason” si realizza nel mondo dello spirito; tutto concorre comunque all’ottenimento di questa armonia primordiale rotta dall’entrata della morte nel mondo (per il peccato).

Il concetto di vibrazione richiama “l’aleggiare dello Spirito sulle acque” e nello stesso tempo il riecheggiare della Parola nella ruminazione meditativa dei versetti della Scrittura. Chi non ci dice che la semplice, costante e fedele ripetizione del Testo sacro non sia capace di cambiare la nostra interiorità, fino a ricongiungerla alla Divina armonia, nel leggero e soave ascolto di musica divinamente ispirata per l’elevazione dello spirito umano?