Il padre di Rami , intervistato dalla Chaouqui:
LUI NON AVEVA NESSUNA INTENZIONE DI CHIEDERE LO IUS SOLI E IL DIRITTO DI CITTADINANZA PER IL FIGLIO: SONO STATI I GIORNALISTI A FARGLIELO DIRE – “SONO QUA DA 18 ANNI, NON L’HO MAI CHIESTO PRIMA. È COLPA LORO. VOGLIO SOLO VIVERE TRANQUILLO”
“Il padre del bambino ha ammesso davanti alle telecamere di non essersi mai interessato di chiedere la cittadinanza per il figlio, ma che sono stati i giornalisti di varie testate (Repubblica, La7) ad avergli chiesto di rilasciare quel tipo di dichiarazioni”.
Il vero giornalismo, ormai, lo fa Dagospia. Repubblica e La7 fanno un’altra cosa. Se il papà ha detto il vero, qualcosa di peggio che “semplicemente” diffondere fake news, notizie false. No, qui hanno fabbricato loro – di sana pianta – la notizia che non c’era, in modo che il PD e Fabio Fazio potessero agitare il tema dello “ius soli” in tv, onde far apparire Salvini cattivo e loro tanto, tanto buoni. E raccattare qualche voto.
Nel fabbricare la notizia falsa, hanno utilizzato le speranze e strumentalizzato le illusioni di quella famiglia di origine egiziana di cui proclamano di promuovere “i diritti”, esponendo questi deboli alla luce di riflettori spietati, che il papà di Rami ha i suoi motivi per voler evitare. Se è, come sembra, che lui benché qui da 18 anni non ha chiesto per sé la cittadinanza perché ha qualcosa nella fedina penale, lui ha diritto al silenzio e all’ombra; a quella discrezione che i giornalisti hanno violato per lo scopo abietto, di partito. Hanno fatto del male a papà, a Rami (che forse non sapeva del passato del padre) ai figli.
Questo calpestare i sentimenti dei deboli e dei poveri esponendoli indifesi alla notizia-spettacolo, questo fabbricare notizie che non esistono per cinismo e carrierismo, fingendosi per giunta buoni, accoglienti e protettori di quei poveri ed indifesi, è nelle possibilità ripugnanti del giornalismo soprattutto televisivo.
E’ il tema del capolavoro di Billy Wilder, The Big Carnival, dove un giornalista senza scrupoli (Kirk Douglas), che aspira a tornare ai grandi giornali di New York dai quali è stato cacciato per i suoi vizi, nel nulla deserto di Albuquerque (Nuovo Messico) crea una “notizia” di livello nazionale – ritardando il soccorso di un poveraccio rimasto sepolto in una vecchia caverna indiana. Lui è il solo che parla all’uomo bloccato nella caverna; gli fa credere di essere il suo salvatore, soccorritore ed amico. Negli stessi giorni, lo tradisce con sua moglie e si fa’ complice lo sceriffo locale , facendogli balenare i benefici di una rielezione che la notorietà gli darà; e ottiene di trasmettere in esclusiva per i grandi media di New York, a suon di migliaia i dollari, il sensazionale salvataggio dell’uomo che poteva essere salvato subito, senza sforzo e senza clamore. Finché il poveraccio imprigionato muore.
La potenza malefica e invincibilmente corruttrice che la stampa disonesta porta in una comunità semplice, povera e perciò indifesa, approfittando della semplicità per accendere ambizioni malvage, avidità e voglie che prima ignorava – per calpestarle e tradirle poi tutte – viene anche coronata dall’osceno Luna Park che la folla, avida di sensazione (e di vedere la morte del povero) forma attorno alla caverna, roulottes, campeggi, giostre, baracconi, bancarelle – The Big Carnival, che perfeziona l’orrore del delitto in corso aggiungendovi l’aria di festa grottesca, di carnevalata – il ghigno satanico che irride.
“Parlar d’altro”
I giornalisti nostrani hanno, con la falsificazione, ottenuto fra l’altro lo scopo di “parlar d’altro”: distratto l’opinione pubblica dall’enormità della tentata strage del senegalese che ha incendiato il bus coi 51 bambini, hanno portato in primo piano il tema della cittadinanza da dare per aiutare l’integrazione, unico (ormai) argomento che cavalca il PD. In questo, hanno aggiunto anche un’altra falsificazione: hanno oscurato il vero piccolo eroe della vicenda, Nicolò, che s’è offerto ostaggio al senegalese (con cittadinanza italiana) perché bisognava creare “il piccolo eroe egiziano che vuole essere italiano”.
Chissà se la confessione del papà di Rami interesserà i probiviri dell’Ordine Giornalisti.
Ma no. E’ un piccolissimo carnival, questo italiano. Nelle stesse ore sta esplodendo l’enorme Big Carnival americano: il più grande della storia.
Il “Russiagate”.
Il procuratore speciale Robert Mueller ha dovuto ammettere di non aver trovato prove che Trump è un agente di Mosca. Dopo 2 anni di indagini, costate ai contribuenti 20 milioni di dollari, dopo aver interrogato 500 testimoni ed averne citato 2800 – Due anni nei quali John Brennan, l’ex capo della CIA (nominato da obama e mandatpo via da Trump nel 2017) veniva intervistato da tutte le grandi tv in prima serata, in apertura dei tg, ad annunciare che non solo Trump ma la sua famiglia al completo sarebbero finiti in galera per collusione con Putin – e lasciava intendere di avere informazioni segrete a conferma delle sue accuse. Due anni in cui tutti i media liberal e i grandi network hanno destinato 533.074 articoli all’accusa – fin dall’inizio apparsa falsa anzi “fabbricata” da un ex agente dei servizi britannici pagato dal clan Obama & Clinton – di tradimento di Trump e sulla necessità del suo impeachment, anzi della sua carcerazione.
La quantità di notizie false diffuse dai media americani, o la pura e semplice fabbricazione di notizie per accusare il presidente in carica, è tale da non poter essere contenuta in un articolo. Occorreranno molti volumi, ed anni d’inchieste (giudiziarie speriamo) per stabilire le responsbailità – anche penali.
“Vi rendete conto che i maggiori giornali USA hanno vinto il Pulitzer PER aver scritto notizie totalmente false?”, ha detto Kellianne Polls, consigliera di Donald.
Un gigantesco apparato di menzogna organizzato scientemente e in modo coordinato dai tutti i “grandi media” anti-Trump, durato due anni, nel corso del quale sono state travolte persone innocenti a cui hanno distrutto la carriera, fatto perdere il lavoro, intercettare i telefoni; coinvolte le loro famiglie, a cominciare dai figli di Trump , come Donald jr, e la stessa Melania – accusata falsamente di aver lavorato come straniera in Usa senza promesso –
macchiato il loro onore, esposti alla gogna e all’intrusione. Inoltre, diffamato praticamente tutto il personale che Trump ha nominato mandando via gli uomini di Obama, a cominciare del nuovo capo della Cia, Gina Haspel, sostenendo che aveva personalmente partecipato a torturare prigionieri in una prigione segreta.
Sono i mass media che prima di mentire su Trump come agente di Putin, hanno mentito sulle “armi di distruzione di massa” di Saddam; hanno mentito sui veri autori dell’11 Settembre; hanno mentito sulla creazione dell’ISIS (americano-saudita), mentito sulla Siria e sulle “primavere” islamiche e sull’Ucraina; mentono su Israele e su Wall street, distolgono l’attenzione sui crimini veri del loro stato perseguendo delitti inventati, per “parlar d’altro”. Come Fabio Fazio e i nostri media mainstream contro Salvini e pro-PD.
E ancora democrazia, quello che premia un simile immane fabbricatore industriale di fake news? E’ solo un Big Carnival.