Come mai di colpo diversi generali Usa si mettono a filosofare che, se loro ricevessero dal presidente l’ordine di un fare un attacco atomico, loro gli direbbero che “è illegale”?
Lo ha fatto il generale dell’Air Force John Hyten, da un anno comandante dello U.S. Strategic Command, ossia proprio il responsabile del bottone rosso per scatenarla guerra atomica. Lo ha detto sabato 18, ad un Halifax International Security Forum: ha ricordato che esiste un diritto di Guerra che vieta l’uso sproporzionato della forza, l’infliggere sofferenze necessarie, ed è l’autorità superiore nel momento della decisione. Come se trattasse un’ipotesi accademica, il generale ha detto:
“io dò un parere al presidente, e lui mi dice cosa fare. Se è illegale, sapete cosa succede? Che io dico: “Presidente, questo è illegale”. E lui:”E cosa è legale?”. Allora noi tiriamo fuori opzioni, un misto di capacità di rispondere a una qualche situazione. Funziona così. Non è tanto complicato”.
Ed ha aggiunto: “Noi generali non siamo stupidi. Pensiamo un sacco a queste cose. Quando hai una tale responsabilità, come fai a non pensarci a fondo? Se eseguite un ordine illegale, andate in galera. A vita”.
Questo, sabato 18. Il punto è che il 14, solo quattro giorni prima, anche il generale Robert Kehler, che è stato comandante dello stesso Strategic Command da cui dipendono le forze nucleari dal 2011 al 213, in audizione al Senato, ha detto la stessa cosa. Che se si sarebbe rifiutato, lui, di eseguire per ordine presidenziale un primo colpo nucleare se convinto che non rispondesse ai criteri di proporzionalità e di necessità secondo le leggi di guerra.
“Allora cosa succederebbe?” gli hanno chiesto i senatori. E lui: “Non so. Fortunatamente sono scenari ipotetici C’è un fattore umano nel nostro sistema. Sarebbe una situazione costituzionale molto interessante. Il militare è obbligato ad obbedire agli ordini ma non a eseguire ordini illegali”.
Si noti che l’audizione è avvenuta nel corso di una discusssione della Commissione senatoriale sull’adeguatezza di Trump a dare un ordine di lancio nucleare, cosa che ha il diritto assoluto di fare come comandante in capo, senza passare per il Congresso (né altri consiglieri). Il senatore repubblicano Bob Corker ha esplicitamente parlato del rischio che il presidente porti il paese “sulla via della terza guerra mondiale”. Il democratico Chris Murphy: “Il presidente è così instabile, così volatile, il suo processo decisionale così donchisciottesco, che può ordinare un colpo nucleare contrario agli interessi della sicurezza nazionale”. Un altro ha detto che Trump può ordinare un attacco atomico con la facilità con cui scrive un twwet – il che è particolarmente pericoloso perché ovviamente , trattandosi di solito di rispondere ad un ipotetico attacco atomico del nemico, “il sistema è concepito per la velocità e non la discussione”. Un altro senatore ha citato che tale preoccupazione è stata sollevata da “un partner della NATO”.
Infatti è ovvio che il problema della legalità,per I generali che non vogliono andare in galera, si pone solo in un caso: che il presidente ordini un primo colpo nucleare – non una risposta – contro un paese che che non è veramente una minaccia per gli Stati Uniti, e l’enormità delle vittime sarebbe da crimine contro l’ umanità. Può Trump aver ordinate, per rabbia, un primo attacco contro al Corea del Nord? O I generali lo stanno solo avvertendo che se lo fa non gli obbediranno?
Possibile? Trump, durante la campagna elettorale, dichiarò – contro Hillay – che lui mai avrebbe ordinate il primo colpo atomico (Hillary invece sì). Possibile che sia tanto cambiato?
C’è un’altra ipotesi: che questa sia tutta una manovra del Deep State per preparare la deposizione di The Donald sulla base della sua volatilità mentale; e intanto privarlo del commando supremo delle forze armate, come il Congresso lo ha già privato dei suoi legittimi poteri in politica estera, vietandogli di fare accordi con la Russia senza il suo permesso. Certo è che il giorno 16, “per inavvertenza”, un “utente autorizzato” ad usare il conto Tweet del Pentagono – quindi un ufficiale – ha ritwettato un messaggio che chiedeva le dimissioni di Trump. Subito cancellato con le scuse del generale Mattis, il capo del Pentagono.
L’atmosfera di disgregamento, insubordinazione e di semi-insurrezione degli apparati che dovrebbero rendere conto al presidente in carica è confermato dal proclama dell’ambasciatrice all’ONU Nikki Haley (in Netanyahu), il 17 novembre, che ha martellato: gli Usa non hanno bisogno dell’autorizzazione delle Nazioni Unite per restare in Siria con le loro truppe, perché essi vanno lì in nome della giustizia e della responsabilità (di far trionfare la giustizia dovunque, sacra missione degli Stati Uniti). Orbene, questa uscita sembra una netta rimbeccata non tanto di Mosca, ma del generale Mattis, il quale qualche giorno prima ha affermato che gli Usa intendevano restare in Siria (sono 5 mila commandos) ,e ci si trovano “con l’accordo dell’ONU”.
C’è da tremare a pensare che la decisione della prima potenza nucleare è in balia di questi “volatili” e insubordinati. Persino Erdogan – ed è tutto dire – ha notato, a proposito dell'”incidente” per cui la NATO ha adottato la faccia di Ataturk come un nemico durante una esercitazione: “La questione che si pone è sapere se gli Stati Uniti misurano le conseguenze della loro politica”