Trump 40,8 per cento: primo a distanza. Secondo, Ted Cruz 18,7. Poi Marco Rubio 9,30, Jeb Bush un lacrimevole 8 per cento: è l’ultimo sondaggio Reuters. Nel grafico la cosa è ancora più impressionante: la linea di Trump vola altissima come un gabbiano nel cielo, mentre le linee dei candidati che il Sistema vorrebbe, di cui paga a milioni le campagne, arrancano rasoterra senza speranza. Dall’altra parte, dei democratici, è ancor peggio. “Cos’ha Hillary che non va?”, si chiedono i media che vedono la Clinton incapace di decollare.
Se il presidente Usa fosse eletto a suffragio diretto, non ci sarebbe più partita: “The Donald” , a furor di popolo. Invece il nome del candidato viene fuori dalle primarie, dove vengono scelti dei “delegati” che veramente decideranno alla fine, la nomination: è in questo gioco che le macchine di partito sanno manovrare tutti i trucchi da sempre a imporre il “loro” candidato, quello preferito dal business, dal settore militare-industriale, dalla nota lobby. Tuttavia anche nelle primarie Donald sta raccogliendo abbastanza delegati da creare il panico nella macchina dei repubblicani, ed anche in quella democratica. Tanto che Obama in persona s’è sentito in dovere di dichiarare che gli americani non porteranno Trump alla Casa Bianca, perché quello “è un lavoro serio”. Tanto che l’ex presidente “Dubya” Bush è sceso in campo per sostenere, nelle primarie del South Carolina, le pericolanti fortune del fratello Jeb (incredibile, “Dubya” è ancora molto popolare fra l’elettorato repubblicano”).
Per l’Establishment, la vittoria di Trump è un grave rischio. Il perchè è stato chiarito da un fatto riportato da Dedefensa. Durante uno degli ultimi dibattiti “Face the Nation”, polemizzando con Jeb Bush, Donald ha toccato argomenti tabù.
Jeb Bush: “Mentre Donald Trump realizzava uno show televisivo, mio fratelli stava costruendo un apparato di sicurezza per rendere tutti noi sicuri” (applausi preconfezionati)
Trump: “Il World Trade Center è venuto giù durante il regno di tuo fratello. Non è che ci abbia resi sicuri”. Bush ha farfugliato, zittito.
E’ stata la chiusa di un dibattito che Trump ha condito con frasi del tipo: “Naturalmente la guerra dell’Irak è stata un grosso e grasso errore, siete d’accordo? Abbiamo speso 2 trilioni, migliaia di vite, e non lo possediamo nemmeno. L’Iran ha preso il controllo dell’Irak con le sue riserve petrolifere seconde nel mondo”. Bush jr.? “Ha fatto un errore, e che errore. Non dovevamo andare in Irak. Abbiamo destabilizzato il Medio Oriente”. E non s’è fermato: Hanno mentito. Hanno detto che c’erano armi di distruzione di massa, e non ce n’era una. E loro sapevano che non ce n’erano”.
Ai nostri lettori parranno verità banali. Ma, in Usa, come ha fatto notare i Washington Examiner, Trump “ha sollevato in qualche modo la discussione che i repubblicani non hanno voluto affrontare nel 2004”. Quando, al potere, hanno votato in massa la guerra in Irak sapendo benissimo che la boccetta che agitava Colin Powell all’Onu non conteneva, come diceva lui, le spore di carbonchio di Saddam. Per incredibile che sembri, l’America ufficiale tace sulla saggezza della decisione di andare in Irak, delle spese e del disastro umano e morale che ne è stata la conseguenza. Ancor meno evoca mai in discorsi pubblici “le Twin Towers venute giù sotto la presidenza Bush jr.”.
“E’ un dibattito fondamentale che non è mai stato aperto in Usa, et pour cause, quello che Donald minaccia di suscitare…”, ha scritto Pilippe Grasset (di Dedefensa).
I giornalisti americani sono rimasti senza fiato, letteralmente, per l’audacia del candidato. Byron York, l’inviato dell’Examiner alle primarie, ha parlato di “azzardo” (gamble) pericolosissimo: “Come tante volte nella campagna, Trump ha giocato d’ azzardo. Forse la sua franchezza consentirà ad altri repubblicani di aprirsi e ammettere che anche loro hanno dei dubbi sulla saggezza della guerra dell’Irak. O forse, egli ha toccato il binario dell’alta tensione della politica del Partito. Si vedrà la prossima settimana”.
Un altro grosso commentatore progressista, Jonathan Chait del New York Magazine, ha usato la parola “eresia”. Trump in politica estera ha condotto “il dibattito più eretico fino ad oggi” contestando la “narrativa” sull’11 Settembre e le guerre di Bush.
http://nymag.com/daily/intelligencer/2016/02/most-heretical-debate-yet-trump-attacks-w.html
Ma, nota Justin Raimondo di Antiwar, quelle di Trump “sono eresie solo nel mondo politico di Washington. Nel mondo reale, sono verità comuni. L’ascesa di Trump mette in luce fino a che punto le elites sono distanziate dal resto di noi, e la classi che chiacchierano in tv stanno cominciando a capirlo, con orrore”.
Ma non è solo questo. Ha ragione Gasset: è la paura del Sistema, nel senso più vasto, che il candidato eretico costringa a riaprire il capitolo dell’11 Settembre. Capitolo chiuso con l’accettazione totale e indiscussa della “narrativa ufficiale” (è stato Bin Laden), e che non deve essere sfidata, e nemmeno criticata pubblicamente. Perché il Sistema sa benissimo la verità su cui tace, sia repubblicano o democratico, di Wall Street o di Lockheed Martin: ma sa anche che è stato un crimine inaudito, e che ne è stato complice, e beneficiario. E’ la più impressionante e ferrea omertà del Sistema che già colpì il vostro cronista quando, nel 2001 fu inviato da Avvenire a seguire gli eventi dell’11 Settembre, e poi ancora nel 2003, quando fu spedito a Washington nei giorni in cui Bush dichiarò l’ invasione dell’Irak: allora un immensa manifestazione di popolo, almeno 100 mila americani venuti da ogni dove, sfilò a gridare “Not in My Name”(non nel mio nome); e il giorno dopo, il Washington Post, il massimo quotidiano locale, ne diede notizia in cinque righe, una “breve di cronaca”.
Di qui il patetico e ridicolo atteggiamento dei media mainstream di fronte all’irrompere di Trump e del favore incredibile con cui è ascoltato dagli americani, che vedono in lui quello che sfida il Sistema (“Voto Trump con il medio teso”, ha detto una elettrice): un riflesso di “negazione della sua esistenza”. Per mesi e mesi hanno parlato seriamente del programma politico di nullità come i candidati all’8 per cento e trattato come un entertainer quello che ha il 40. Ne parlano come un fenomeno che non val la pena di indagare, perché passerà. “Deve” passare e finire nel nulla, perché è anti-Sistema, e la popolazione dichiara che vota Trump “contro il sistema”. Dedefensa: “E’ la manifestazione iper-potente della psicologia di denegazione che è integralmente interna al Sistema”. Negazione freudiana del Delitto Originario e della Colpa Collettiva che è stata prodotta dall’11 Settembre.
Oggi, dopo 13 anni di coscienza collettiva oscurata e di guerre, il pericolo che sente il Sistema è evidente: qui finiamo tutti sotto processo. Una Norimberga americana. La rivelazione della natura criminale ed omicida dell’Establishment, delle sue menzogne e delle sue stragi: di cittadini Usa, prima che di iracheni o afghani.
E’ stato “avvertito”
Ovviamente non avverrà mai. Lo dimostra un fatto preciso notato da Dedefensa. Poche ore dopo il dibattito “eretico”, comparso davanti ai giornalisti (Meet the Press, NBC) che hanno condotto un vero interrogatorio, Trump ha fatto una parziale marcia indietro. “E’ vero che aveva detto che per Bush jr. meritava l’impeachment? “Spetta ad altri dirlo, guardate”, ha esitato Donald: “Io posso dire che non è da impeachment, è stato un errore”. Ed ha chiamato Bush e la sua amministrazione dei bugiardi? “Non l’ho chiamato bugiardo, non ho chiamato bugiardo nessuno. Ho detto che forse erano bugie. Le armi di distruzione di massa non c’erano…era una bugia? Non so”.
Questa parziale ritrazione è così poco nel carattere del personaggio, che secondo il sito WSW (trotzkista) non c’è dubbio: “Il milionario è stato informato, direttamente o indirettamente, che il suo breve esercizio di verità non era visto con favore dell’apparato militare e d’intelligence”.
Ha ricevuto un avvertimento. Diretto o indiretto. Dall’apparato. In cui andrebbe compresa anche la cosca neocon e la Israeli Lobby, che s’è tanto giovata dall’11 Settembre e dalle guerre conseguenti?
Ciò non vuol dire che Trump sia stato messo in riga per sempre. Dedefensa affida le speranze di tutti noi a fatto che “il temperamento di Trump è di dire la verità e che ha idee forti su questo”. Mentre tutto attorno domina la menzogna, la doppiezza politicamente corretta, l’omertà sul Delitto Originario, “può succedere di tutto, anche che un agire conforme all’onore e all’onestà si dimostri, alla fin fine, un buon investimento politico” (De Gaulle).