Il quotidiano in lingua ebraica Yedioth Ahronoth scrive:
“Non meno di 10.000 soldati, uccisi o feriti durante i lunghi mesi di combattimenti nella Striscia di Gaza, risultano oggi dispersi dall’IDF. Secondo i dati della Divisione di Riabilitazione del Ministero della Difesa, ogni mese circa 1.000 nuovi soldati si uniscono ai ranghi.”
Fonte: https://www.ynet.co.il/news/article/yokra14024678
Queste cifre sono senza precedenti nella storia di Israele:
- la guerra del 1948 costò a Israele 6.373 morti (militari e civili);
- la guerra del Kippur (1973): 2.688 morti;
- prima guerra del Libano (1982-1985): 1.216 morti;
- seconda Intifada (2000-2005): 1.000 morti.
Ora siamo a 10.000 tra morti e dispersi. L’85% delle strutture di Hamas è ancora operativo, si intensificano ogni giorno di più gli scontri al nord al confine con il Libano e si attende una risposta dell’Iran.
Simili perdite sarebbero gravi per qualsiasi nazione, ma ancora di più per Israele, che ha una popolazione relativamente piccola, che non ha raggiunto nessuno degli obiettivi annunciati all’indomani del 7 ottobre e che non intravede la fine del conflitto.
Inoltre queste parole sbugiardano ancora una volta le dichiarazioni ufficiali del governo israeliano che nasconde le perdite reali annunciando numeri enormemente più bassi e del tutto irrealistici.
Il genocidio non è stato gratis…
Il celebre politologo statunitense John Mearsheimer, autore del libro The Israel Lobby and U.S. Foreign Policy, ha dichiarato che Israele si trova nei “guai profondi” dopo l’assassinio di Ismail Haniyeh a Teheran.
Senza soluzioni militari alle minacce esterne, con il caos interno che minaccia la guerra civile e la dipendenza paralizzante dal sostegno degli Stati Uniti, i problemi di Israele sono “irrisolvibili e stanno scavando sempre più a fondo”.