Avevamo appena raccontato che, grazie alla probabile mediazione russa, l’ex dittatore dello Yemen Ali Abdallah Saleh, aveva lanciato un messaggio pacificatore all’Arabia Saudita e che questa era stata lesta ad accettare, ed ecco che Saleh è stato ucciso, a Sanaa, da gruppi combattenti Houti (Ansar Allah) mentre cercava di lasciare in convoglio il palazzo presidenziale, sotto colpi di mortaio Houti.
Immediatamente, i propagandisti di Israele (leggi giornalisti mainstream) hanno strillato che dietro questo omicidio eccellente c’è l’Iran – quindi bisogna fare la guerra al regime di Teheran, eccetera. Dubito molto che Teheran abbia istigato, e veda con favore, la scomparsa di Saleh.
Discutibile personaggio, Saleh ha dalla sua la Guardia Repubblicana (l’ex esercito regolare di Yemen) e quindi i grossi depositi di armamenti che Saleh aveva accumulato nei suoi 34 anni di “presidenza”, fra cui i missili (vecchi Scud) che, usati in alleanza di fatto con gli Houti, hanno inflitto ai sauditi i gravi danni d’immagine. Ora questi armamenti saranno diretti contro gli Houti. La kabila di Saleh è al centro di complesse alleanze tribali; queste saranno unite contro gli Houti. Comincia una guerra fra clan che dissanguerà tutti, l’unità della resistenza anti-saudita è volata in pezzi, la stessa legittimità di tale resistenza viene a mancare, giustificando le atrocità che i sauditi hanno commesso contro quel popolo, il più povero dell’area. Non a caso l’aviazione saudita ha subito cominciato intensissimi bombardamento sulla capitale Sanaa, dove sono in corso gravissimi combattimenti fratricidi, con l’uso di artiglieria pesante. E il loro fantoccio, il “primo ministro” Hadi che col loro aiuto rovesciò Saleh ed ora è ridotto in un governo in esilio ad Aden, ha fatto appello – della tv saudita Al Arabiya – a tutti gli yemeniti perché si uniscano – nella guerra contro gli Houti.
Questo è un grosso aiuto per il progetto strategico concepito dal principino Bin Salman con il principino Jared Kushner: l’alleanza israelo-saudita per trascinare Washington nel conflitto con l’Iran.
Lo ha detto lo stesso Jared in un “Saban Forum” (un ramo della lobby) pochi giorni fa: i sauditi hanno bisogno che Israele impapocchi una cosa che sarà fatta passare per “pace coi palestinesi” per poter chiamare a raccolta il mondo sunnita contro l’avversario principale.
I particolari di questa strategia fra i due principini sono ignoti. Lo sono anche per Rex Tillerson, che dovrebbe essere il ministro degli Esteri della superpotenza. “Il problema è che il consigliere più importante del presidente [Jared] non si consulta col Dipartimento di Stato, non è chiaro fino a che punto riferisca al Consiglio di Sicurezza Nazionale (ossia a McMaster e Mattis) – e il problema per uno e l’altro è che non ha facile soluzione”. Trump infatti sta con Jared e non lo sconfessa.. anzi. L’annuncio che Trump dichiarerà Gerusalemme “capitale indivisa” del solo stato ebraico fa parte di questa “strategia d i pace” che incendierà i palestinesi in un’ultima intifada soffocata nel sangue? Ancora non l’ha fatto. Un giorno o l’altro lo farà: da giungo il Congresso Usa ha sancito che gli Stati Uniti spostino l’ambasciata da Tel Aviv alla città santa, e la decisione viene solo rimandata di sei mesi in sei mesi.
Mike Pompeo, il capo della Cia, s’è portato avanti: il 2 dicembre ha mandato una lettera al generale iraniano Soleimani, il vincitore di Daesh in Siria, minacciando che “ riterrà responsabile l’Iran per ogni attacco agli interessi americani in IraK”. Soleimani s’è rifiutato di aprire la lettera. Mike Pompeo è in predicato per prendere il posto di Tillerson al Dipartimento di Stato.
Intanto i caccia israeliani hanno di nuovo bombardato in Siria, un centro di ricerche scientifiche vicino a Damasco. Un’altra provocazione diretta nel sedo della strategia Jared-MbS.