A Bruxelles, il capo della diplomazia ucraina – che ordina e spadroneggia in UE – s’è spazientito di fronte alla resistenza dell’Ungheria contro il progetto di sanzioni contro il petrolio russo.
“Il sesto pacchetto di sanzioni dell’UE deve includere un embargo petrolifero e mi dispiace che questa decisione stia impiegando molto tempo per essere adottata”, ha denunciato Dmytro Kouleba, ministro degli Affari esteri dell’Ucraina, citato dall’AFP. controparti dell’Unione Europea (UE).
“Solo un Paese continua a bloccare […] Ma non spetta a me dire al primo ministro ungherese Viktor Orban come dovrebbe agire”, ha affermato il ministro ucraino. “È un affare di famiglia per l’Unione Europea […] Sono fiducioso. L’embargo sarà deciso, ma ci sarà un prezzo da pagare”, ha proseguito. “La domanda è ‘quando?’ perché il tempo sta scadendo e la Russia sta facendo soldi con le sue esportazioni”, ha aggiunto il ministro, chiedendo di “uccidere tutte le esportazioni dalla Russia”.
Tuttavia, l’Ungheria, paese senza sbocco sul mare e molto dipendente dal petrolio russo, chiede di escludere le forniture dal progetto di embargo petrolifero dell’UE dall’oleodotto Druzhba che attraversa in particolare l’Ucraina. Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha anche stimato che la fine degli acquisti di petrolio russo causerebbe in Ungheria “un aumento generale dei prezzi di circa il 50-60%”. “Gli ungheresi si aspettano legittimamente una soluzione proposta per finanziare investimenti [in nuove infrastrutture] e compensare l’aumento dei prezzi, un costo complessivo di circa 15-18 miliardi di euro”, ha affermato.
“Ho sentito altre figure”, ha ribattuto il capo della diplomazia europea Josep Borrell. Quest’ultimo, tuttavia, ha riconosciuto che l’Unione non è riuscita a finalizzare il sesto pacchetto di sanzioni e ha affermato: “Abbiamo capito le difficoltà; le raffinerie [del petrolio] devono essere ristrutturate. Ci sono problemi di tempi di adattamento e costi di adattamento”.
“Ci vorrà tempo”, ha confidato aggiungendo: “Non so dire se ci vorranno una o due settimane”, mentre il 30 e 31 maggio è previsto un vertice europeo straordinario. “È il primo ministro Viktor Orban ad avere il potere decisionale su questo tema”, ha spiegato “diversi alti funzionari europei” citati dall’Afp.
“L’intera Unione è purtroppo presa in ostaggio da uno Stato membro”, ha protestato il capo della diplomazia lituana, Gabrielius Landsbergis, in riferimento alla regola dell’unanimità richiesta per l’adozione delle sanzioni europee. “Siamo molto bravi in Europa a mostrarci sempre in disaccordo, a non dare un’immagine di unità”, da parte sua lamentava il suo omologo austriaco Alexander Schallenberg. Il ministro lituano è arrivato al punto di suggerire all’Ucraina di tagliare l’oleodotto che attraversa il suo territorio verso l’Ungheria, sostenendo che se il traffico viene interrotto, “il problema sarà risolto”.
La Commissione europea ha il compito di rielaborare la sua proposta sull’embargo petrolifero presentato 12 giorni fa e deve presentare “soluzioni concrete” ai problemi che l’Ungheria e gli altri Stati membri devono affrontare. Inizialmente, Bruxelles prevedeva di interrompere le importazioni di greggio russo entro sei mesi e di prodotti raffinati entro la fine del 2022, con esenzioni fino alla fine del 2023 per Ungheria e Slovacchia.
Gli Stati membri si “nascondono” dietro l’Ungheria
“Dobbiamo riuscire in questo sesto pacchetto, stiamo già lavorando al settimo”, ha insistito il ministro lussemburghese Jean Asselborn, pur riconoscendo che l’Ungheria non è stata l’unica a opporsi all’embargo sul petrolio russo. Dietro l’Ungheria si nascondono Slovacchia, Repubblica Ceca, Bulgaria e persino la Croazia, molto riservata in merito all’embargo, secondo “un funzionario europeo” citato dall’Afp.
Il 16 maggio, la Bulgaria ha chiesto ufficialmente un periodo di due anni per porre fine alla sua dipendenza dal petrolio russo.
Per quanto riguarda la Finlandia, che parimenti spadroneggia nella NATO:
Un po’ di ricordi…
La #Finlandia ha chiesto di entrare nella NATO per garantire meglio la sua difesa.
Insomma, un (potenziale) AIUTO.
Nel 2011, nel pieno della crisi della #Grecia, per avallare un nuovo piano di aiuti (a strozzo), chiese GARANZIE al Paese:IL PARTENONE e le isole https://t.co/hGPvWqx0jY— Valeria S. (@valy_s) May 18, 2022