Thomas Fazi “L’Antidiplomatico”
La Corte costituzionale polacca guidata dal giudice Julia Przylebska ha dichiarato ieri che alcuni regolamenti dell’Unione europea non sono compatibili con la Costituzione dello Stato polacco.
Il tribunale ha affermato che l’adesione del paese all’UE e la firma dei trattati non equivale a conferire ai tribunali del blocco l’autorità legale suprema e non significa che la Polonia stia spostando la sua sovranità all’UE. Il contenzioso riguarda soprattutto la riforma del sistema giudiziario polacco, che la Corte di giustizia europea, in una recente sentenza, aveva definito non conforme al diritto dell’Unione, in quanto non fornirebbe adeguate garanzie di imparzialità e indipendenza e non è protetta dall’influenza diretta o indiretta del potere legislativo ed esecutivo polacchi. Non è il caso di entrare nel merito della riforma, perché la lezione che ci arriva dalla Polonia è di ordine generale. Sarebbe a dire che è valida a prescindere dall’opinione che si ha della riforma.
Secondo la sentenza della Corte costituzionale polacca, letta dalla presidente Przylebska, «gli organismi dell’Unione europea operano fuori dai limiti delle competenze concesse dalla Repubblica di Polonia e pertanto determinate disposizioni del trattato di adesione sono incostituzionali». Il Tribunale costituzionale, con il sì di tre dei cinque giudici del collegio, conclude quindi così l’esame del ricorso presentato dal primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, in merito agli «ampi e ragionevoli dubbi» sulla prevalenza del diritto comunitario sulla Costituzione polacca.
Il Tribunale costituzionale ha inoltre stabilito che «il tentativo di interferire nell’ordinamento giudiziario polacco da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea viola i principi dello Stato di diritto, il principio di supremazia della Costituzione e il principio di conservazione della sovranità nel processo di integrazione europea». Secondo la Consulta di Varsavia, la Polonia non ha delegato il potere di amministrare il suo sistema giudiziario e l’applicazione delle sentenze della Corte di giustizia UE al di sopra o in conflitto con la Costituzione significherebbe perdere la sovranità legale. «Nessuna autorità della Repubblica di Polonia può permettere che ciò accada», ha sottolineato Przylebska. Insomma, i giudici polacchi hanno ribadito il primato assoluto del diritto e della Costituzione nazionali rispetto a quello europeo.
Che dire? Da un lato non si può che esultare per il fatto che esistono ancora dei paesi che resistono all’esproprio di sovranità e dunque di democrazia da parte delle istituzioni globaliste, Unione europea in primis; dall’altro non ci si può che rammaricare per il paragone impietoso che emerge con i giudici costituzionali nostrani, che sono perlopiù rimasti in silenzio di fronte a perdite di sovranità e a violazioni della Costituzione ben più gravi di quelle che interessano la Polonia.