Luigi Copertino “Cristianesimo, proprietà e Great Reset”
Ho letto di recente il libro pubblicato dall’amico, nonché collaboratore del sito, Luigi Copertino Cristianesimo, proprietà e Great Reset. Breve esame del “Mondo Nuovo” tra distopia e Tradizione (Edizioni Radio Spada, 160 pagine, 16 euro), che si pregia della prefazione di Francesco Mario Agnoli presidente aggiunto onorario di Corte di Cassazione.
Un libro che merita di essere letto e diffuso in quanto porta il lettore al cuore del problema dei nostri tempi molto particolari. Copertino coglie la nostra come una epoca di passaggio in una direzione ben specifica che egli, utilizzando le note categorie di Bauman, indica come passaggio dalla modernità solida, ormai alle nostre spalle, alla postmodernità liquida. L’umanità è entrata in un oceano ignoto per attraversare il quale le vecchie bussole, ossia razionalismo ed illuminismo, non servono perché sono ormai obsolete. Tuttavia il nostro autore non si limita al solo orizzonte storico e temporale ma tenta una lettura di questo passaggio anche attraverso categorie escatologiche. Quelle purtroppo dimenticate da una Gerarchia ecclesiale molto mondanizzata nel suo approccio alla realtà del nostro tempo. Categorie che mettono in luce la persistenza nella storia dell’antica tentazione dell’uomo ossia l’estromissione di Dio dai propri orizzonti nell’ebrezza della seduzione auto-divinitoria, della hybris luciferina. Si tratta della tentazione menzionata nel Libro del Genesi 3,5 e nel Libro dell’Apocalisse. Che non sono soltanto la Rivelazione dell’Origine e dell’Eschaton, delle “cose prime” e delle “cose ultime”, ma anche, essenzialmente, del dramma sotteso alla vicenda storica dell’uomo ogni qual volta si abbandona alla suadente promessa di autocostruzione del mondo. In tal senso il primo e l’ultimo libro della Scrittura sono attuali e presenti ad ogni generazione ed a ogni epoca storica.
Il cosiddetto Great Reset, annunciato durante la pandemia dai rappresentanti del World Economic Forum, ma già delineato in libri e articoli risalenti al 2015 e 2016 – quindi si tratta di progetti assolutamente pubblici senza alcuna segretezza o complotto – è in qualche modo la fase forse ultima ma sicuramente più recente della costruzione del Nuovo Ordine Mondiale cui aspirano da secoli certe élite culturali e tecno-finanziarie oggi padrone assolute dello scenario, almeno in Occidente. Il Great Reset, sotto il profilo politico-economico, si presenta come una dinamica di concentrazione capitalistica su scala globale, a danno soprattutto delle classi medie destinate a forme di precarizzazione economica insieme a ciò che rimane della working class. In quanto animato da una visione distopica ed ispirato dalla dissimulazione del vero, il Great Reset, come dimostra Copertino, si accredita nei termini di un “capitalismo inclusivo” ma punta in realtà ad una forma di esproprio universale. Copertino infatti fa sua la lezione di Agamben ed altri che vedono nel Great Reset la fusione del peggio del capitalismo con il peggio del comunismo. Infatti l’inclusività propugnata dal World Economic Forum, dietro l’apparente intento di redistribuzione pianificata della ricchezza mondiale, nasconde al contrario la volontà delle élite di sostituire la proprietà privata con forme di leasing e di sharing dei beni prodotti dal grande capitale transnazionale e dei servizi concessi, non certo gratuitamente, dalle multinazionali.
Le inequivoche dichiarazioni di Ida Auken, a suo tempo ministro dell’ambiente in Danimarca, riportate nel libro, la quale, in un saggio pubblicato sul sito del Forum di Davos, immagina la “città futura” iper-tecnologizzata ma priva di proprietà essendo tutto goduto in noleggio o affitto, per la felicità dei cittadini che nulla possedendo gioiranno tuttavia di una vita più piena, sono lì a dimostrare cosa sottende il progetto del Great Reset. Si potrebbero del resto aggiungere anche le parole del “gran maestro” del Forum di Davos, quel Klaus Schwab già collaboratore di Henry Kissinger, che di recente ha asserito che la proprietà della casa è un non senso antieconomico dovendosi invece abituare gli uomini a non possedere immobili se non in affitto onde evitare il loro radicamento territoriale in un mondo fondato sulla mobilità globale.
Un elemento forte nell’accreditamento di questa distopia – la Auken non a caso è una ambientalista della sinistra arcobaleno – è il suo presunto spirito ecologista insieme ad una supposta gratuità, da realizzarsi con una estensione globale del reddito di cittadinanza (la Auken piace molto a Beppe Grillo) mediante creazione ex nihilo di moneta in favore delle grandi masse di disoccupati che la incipiente robotizzazione produrrà. Un paradiso in terra che invece si trasformerà, come è già accaduto per altre utopie, in un inferno. Non esiste bene senza un proprietario, sicché è consequenziale che se non di proprietà dei cittadini, i quali si limiteranno soltanto a goderne in forma di uso temporaneo, i beni saranno di proprietà, e quindi controllati, dalle élite finanziarie che agiscono attraverso le multinazionali produttrici offrendoli in comodato, noleggio, locazione. Non certo, però, gratuitamente. Già oggi quando si “compra” un film da Netflix o un ebook da Amazon, nonostante l’offerta promozionale parla di acquisto, in realtà l’utente non fa altro che noleggiare per un tempo limitato un servizio o un prodotto. La proprietà del video o del libro elettronico resta alla multinazionale che ne concede soltanto la “licenza d’uso”.
Ecco perché Copertino parla di “comunismo delle multinazionali” che agisce contro la piccola e media proprietà. Quando si pensa all’abolizione della proprietà privata l’immediato collegamento concettuale è con il comunismo. In realtà sussiste un medesimo schema filosofico e giuridico che lega la statizzazione comunista alla società anonima di capitali. In entrambi i casi il cittadino ed il socio, ossia il popolo e le persone fisiche dei conferitori di capitale liquido, non sono proprietari dei mezzi di produzione e dei beni che invece sono di titolarità della “persona giuridica”, lo Stato o la Società anomia, dietro il paravento della quale si nasconde il controllo totalizzante della nomenklatura di partito o del consiglio di amministrazione che oggi è composto quasi esclusivamente dai rappresentanti dei fondi azionari transnazionali. Copertino, facendo tesoro della lezione del giurista Giacinto Auriti e di quella dello storico Ernest Kantorowicz, ricostruisce la storia di questo schema filosofico-giuridico a partire dal suo comparire, con l’immagine del “Corpus Misticum” che inizialmente aveva un contenuto personale sia in ambito ecclesiale sia in ambito politico, e della sua degenerazione lungo i secoli man mano che – sulla scorta del processo di secolarizzazione il quale è stato soprattutto un processo di imitazione e falsificazione – avanzava la spersonalizzazione dell’Autorità politica, ossia lo Stato moderno, e la smaterializzazione dell’economia. Ecco perché, oggi, con alle spalle il comunismo, i nemici della proprietà sono i Ceo delle multinazionali ossia quei gruppi elitari che traggono ogni vantaggio dalla finanziarizzazione dell’economia. Copertino può citare, a riprova, alcune significative riflessioni di Giulio Tremonti sulla trasformazione del capitalismo dal vecchio modello solido, ovvero patrimoniale, al nuovo modello finanziario irresponsabile della sorte delle aziende, quindi delle persone che vivono in esse e di esse, perché tutto proteso soltanto al profitto immediato, subitaneo, garantito dal gioco speculativo di Borsa.
La liquefazione ha colpito anche il lavoro da quando le masse sono state convinte a prendere congedo dall’idea del posto fisso in nome della “bellezza” del nomadismo occupazionale, ossia delle flessibilità che è in vero precarietà. Anche il lavoro diventa una “occasione” o una “concessione” che chiede al lavoratore di non radicarsi, di non porre limiti agli orizzonti delle “opportunità”, di abbandonare i vecchi modelli ed anche quelli nuovi quando essi, cosa che avviene di continuo, vengono superati. Formazione continua ed adattamento flessibile: questa la ricetta offerta dai profeti del Nuovo Ordine Mondiale ai lavoratori. Dietro la quale vengono reintrodotti in forme nuove antiche forme di sfruttamento e di dominio funzionali ai profitti degli “illuminati”, gnosticamente, ossia elitariamente, protesi a guidare le masse “non iniziate”.
Il dramma maggiore, che Copertino in quanto cattolico sottolinea accorato, è il cedimento alla narrativa del Great Reset da parte dell’attuale vertice della Chiesa ingannato dall’indoramento superficiale della pillola operato dalla propaganda che esalta del progetto le virtù dell’“inclusività”, dell’“ecosostenibilità”, della “lotta alla fame”, della “sconfitta della povertà”, secondo la menzognera lingua di legno degli iniziati del club di Davos. Facendo leva sulla apparente somiglianza di linguaggio i promotori del Great Reset tentano di accreditarsi inducendo confusione, in tema di proprietà, tra il loro progetto e l’ideale cristiano “distributista” come emerge nella Scrittura (Atti 4,32-35), nel magistero dei Papi e nella riflessione di pensatori cristiani quali Chesterton. Molto opportunamente l’amico Copertino evidenzia che questo ideale cristiano se non approva l’accumulazione non approva neanche l’espropriazione, ossia l’abolizione, della proprietà ma, casomai, addita quale via giusta quella della sua distribuzione più ampia possibile. In questo, provvidenzialmente, il Cristianesimo converge con l’ideale romano della “communio” o “comproprietà”, quindi con la forma comunitaria – ma non comunista! – della proprietà.
Partendo da una ricostruzione storica delle diverse forme di proprietà nel mondo antico e delle loro integrazioni ed interazioni con l’apporto etico cristiano, Copertino giunge infine – e qui torniamo alla prospettiva escatologica – a spiegare le incertezze ecclesiali attuali attraverso le profezie ricorrenti nella storia cristiana, e non solo cristiana, come quella del grande scrittore ortodosso russo Vladimir Solov’ëv, a proposito dell’avvento futuro dell’Ingannatore che, per questa tradizione profetica, sarà un suadente, ma menzognero, Benefattore dell’Umanità cui le masse, salvo il residuale “pusillus grex”, terranno dietro sedotte dalla sua apparenza di bontà ed amore per l’uomo. E come in quelle antiche profezie il “falso Cristo” pretenderà di inaugurare la nuova ed ultima rivelazione, ulteriore a quella di Cristo, così oggi il Great Reset, ovvero il Nuovo Ordine Mondiale, si appoggia ad una sorta di Nuovo Culto Mondiale, che ha al suo centro il ritorno, in salsa ecologista, della Grande Madre – questa pagana deità omni-fagocitante perché spietata contro l’uomo che pretende di essere in quanto Imago Dei al Centro del Cosmo – della quale abbiamo già visto ergersi, sostenuta dagli stessi poteri tecno-finanziari e mediatici che agiscono in nome della Grande Riorganizzazione Mondiale, la sua sacerdotessa nella figura di Greta Thumberg. Una ragazzina manipolata, alquanto arrogante nel suo pretenzioso porsi quale accusatrice universale, ma ottima nel ruolo di utile idiota di propagandista del Great Reset.
Maurizio Blondet