“Se le frontiere interne si chiudono, se Schengen non è più applicata, questi rifugiati resteranno in Grecia, un paese che ha considerevoli difficoltà economiche … cosa si fa?”. Sembra incredibile, ma è stato Hollande a porre il problema in quel gabbione di cani ringhianti chiamato pomposamente “summit europeo sui migranti” o “Consiglio europeo di capi di stato e di governo”. E’ arrivato persino a pregare: “Ragioniamo da europei, non rigettiamo su un paese, la Grecia, la responsabilità che è la nostra”.
Responsabilità che è la nostra: par di sognare. Mai Angela Merkel ha pronunciato un’ammissione del genere; ha avuto solo minacce per Grecia, Ungheria, Polonia. Il che fa’ intuire quanto poco basterebbe, nella UE, per apparire degli statisti: in confronto a tali nani morali…fra cui non poteva mancare Renzi, che ha posto all’Ungheria l’aut aut: “O accettate i migranti o noi vi bloccheremo i fondi”, tanto per imitare in bassezza i tedeschi.
E per cosa? Per stare al servizio della Merkel, che pensa solo a sé, preoccupata solo delle elezioni locali che la aspettano fra qualche settimana; del resto se perde, per lei è già pronto il posto di segretario dell’Onu – premio di consolazione perché ha ben servito, e che è riservato rigorosamente a nullità di paesi insignificanti.
Servire la Merkel per ottenere un po’ di flessibilità non è un buon investimento. Lei ora ha aggravato – a nome nostro e a nostre spese – il suo accordo già disperato sul contenimento degli emigranti con Erdogan: un Erdogan che si prepara davvero alla guerra con la Siria (con l’appoggio di Obama: “La Turchia ha diritto all’autodifesa”, gli ha detto al telefono), con le armi, i soldi e i missili terra-aria che la Casa saudita ha promesso di dare ai jihadisti: evidentemente per abbattere gli aerei dell’aviazione di Mosca.
In questo modo, Merkel ha intrecciato in modo sempre più inestricabile i destini d’Europa agli interessi della Turchia e dei Wahabiti, potenze in pieno delirio.
L’Arabia ha la Bomba
Attenzione a Casa Saud, se entra in questa guerra: da anni, paranoica per la sua stessa esistenza, la dinastia sta facendo capire che – se dall’Iran sale il fungo di un test nucleare – anche lei può procurarsene quante ne vuole in un attimo.
Purtroppo, non è una vanteria. Ryad ha pesantemente finanziato il programma nucleare del Pakistan, che è molto ben fornito contro per equilibrare la potenza nucleare dell’India. E’ chiaro che c’è un patto sottinteso, per cui i Saud considerano proprie alcune di queste testate. Dal 2014, terrorizzata dalla riconciliazione in vista tra Teheran e Washington, Casa Saud sembra faccia crescenti pressioni sul Pakistan in questo senso. Fino ad oggi, paradossalmente, la resistenza è venuta dagli alti gradi militari pakistani, esitanti, vista la composizione del loro esercito, a inimicarsi la minoranza sciita; oltre naturalmente la pressione di Washington per la non-proliferazione. Adesso con Obama la superpotenza, in piena deliquescenza della sua leadership, si è schierata (ma tentando di farlo di nascosto) con Erdogan, con l’Isis, dunque con i paranoici Saud.
C’è qui una zona d’ombra, dice il sito Strategika, “che resiste ad una analisi razionale. Ma l’influenza dei Saud sul Pakistan è tale, che vari analisti ritengono che l’arma nucleare può essere a disposizione di Ryad in ogni momento”.
E’ per questo che – come ha reso noto il grande giornalista Robert Parry citando una fonte “vicina al presidente Putin” – che i russi hanno avvertito il presidente Erdogan: “Mosca è pronta ad usare armi nucleari tattiche se necessario per salvare le proprie truppe dall’aggressione Turco-Saudita”.
E’ un leale avvertimento ed una dottrina militare legittima in questa nuova situazione, di possibile incontrollata disseminazione delle Bombe in mano a paranoici. Come ha notato William Perry, che è stato ministro del Pentagono (1994-97), il rischio di guerra nucleare oggi è più alto di quanto fosse nell’era sovietica, quando i blocchi atomici erano due soli, e comunicavano tra loro col leggendario telefono rosso per scongiurare incidenti ed errori in extremis.
Oggi, secondo l’ex generale lanciatore di missili nucleari Bruce Blair, l’abbattimento dell’aereo russo da parte dei turchi “ha aperto ad una successione di azzardi e inavvertenze che fanno aumentare la sfiducia tra la Russia e la NATO a guida americana…La storia dimostra che queste reciproche risposte alle crisi, una volta innescate, assumono vita propria. Gli affronti militari si moltiplicano, diventano più decentrati, spontanei ed intensi. Le salvaguardie sono allentate, gli ambienti operativi insoliti causano incidenti ed azioni non autorizzate. Errori di calcolo o di interpretazione, perdita di controllo causano una “nebbia di crisi” da cui facilmente emerge la “nebbia della guerra” (fog of war: la poca leggibilità del campo di operazioni). Tra gli scontri militari di basso livello e la dimensione nucleare c ‘è un piano inclinato scivoloso. E molto ripido”.
Forse che la UE contribuisce ad allentare questa pericolosa tensione? Al contrario: in obbedienza a Washington – che deve mostrare ai piccoli baltici e ai polacchi la sua prontezza a difenderli dall’aggressione di Mosca prossima ventura – lo svedese Stoltenberg moltiplica le minacce, fa’ (anche per conto nostro) la faccia feroce, approva senza condizioni l’ammassamento di forze ed armamento NATO ai confini della Russia. In pochi mesi, “le forze NATO e americane a ridosso della Russia sono quadruplicate”, ha avvertito Stephen Cohen, già docente di studi russi alla New York University e a Princeton: “L’ultima volta che la Russia s’è vista sulle sue frontiere un simile accumulo di uomini e mezzi, è stato quando l’hanno invasa i nazisti”.
Come noto (o dovrebbe essere noto) gli americani – con la scusa di difenderci da un bombardamento atomico iraniano – hanno installato sistemi missilistici a ridosso di quei confini, che hanno l’effetto di accorciare il preavviso di un eventuale attacco atomico della NATO. Un tempo molto più breve di quello concordato con l’URSS durante la guerra fredda, quando i missili balistici intercontinentali davano una mezz’ora di tempo a Mosca. Mosca quindi è stata obbligata “ad accorciare il tempo di lancio rispetto ai tempi della guerra fredda”, ha spiegato il già citato Blair: “Oggi, i comandi supremi a Mosca possono scavalcare l’intera catena di comando umana e sparare direttamente, missili in silos e su autocarri situati in Siberia, in soli 20 secondi”.
In soli venti secondi.
E’ per questo che nei giorni scorsi Mosca ha fatto pressione su Assad – che ha enunciato la volontà di liberare l’intera Siria – ad aderire alla tregua d’armi che Staffan De Mistura sta cercando di realizzare, per poi arrivare ai negoziati di transizione. L’ambasciatore a Damasco Vitaly Churkin è giunto a distanziarsi pubblicamente dalla dichiarazioni di Assad (“Le ho viste in tv; non corrispondono agli sforzi diplomatici che affronta la Russia”), mentre il viceministro degli esteri Bogdanov con infinita pazienza ha cercato di rabbonire i sauditi e Putin stesso, dopo una lunga telefonata a Salman (il demente senile?) ha annunciato che “entrambi i nostri paesi sono interessati ad una soluzione della crisi siriana”.
Tutti sforzi che dimostrano il realismo, la moderazione e la volontà moscovita di evitare quel piano inclinato ripido e scivoloso che va’ dalle provocazioni irresponsabili verso il conflitto generale ed atomico di cui parla Blair. Ovviamente Washington moltiplica le provocazioni irresponsabili (cercando di farlo per mezzo di Erdogan e dei Sauditi); l’Europa dovrebbe essere la potenza stabilizzante e moderante.
Invece è in pieno scollamento, sprofondata in una miopia a stupidità, furbizie, ottusi egoismi, un tutti contro tutti pieno di minacce reciproche. La sua incapacità mentale prima che politica è esemplificata dalla situazione in cui lascia la Grecia. Atene è da giorni incendiata da scontri di piazza, le categorie non possono più sopportare gli ulteriori aggravi di tasse e di tagli che impone la Troika per “pagare i debiti” (alla Germania); l’economia è crollata (il Pil ellenico: -1,9 per cento), la gente davvero muore di fame…e Berlino (Bruxelles non trova di meglio che minacciare questo povero paese di chiuderlo fuori da Schengen ossia a tenersi dentro, ospitare e sfamare il milione di profughi che Erdogan gli sta mandando, e che la Germania non vuole più.
E’ appena da rilevare il livello intellettuale della scelta di Merkel: ad Erdogan 3 miliardi l’anno per dieci anni, ad Atene forse qualche aiutino per i profughi ma forse no, meglio la sua espulsione da Schengen e dall’euro.
Persino Le Monde si accorge che la Grecia viene spinta “in tre catastrofi ad un tempo”. Oltre la catastrofe finanziaria ed economica indotta dall’austerità dettata da Bruxelles, si profila la catastrofe umanitaria, essa stessa doppia: il paese saccheggiato dai creditori non può insieme alloggiare e nutrire le centinaia di migliaia di profughi che la UE vuole intrappolare dentro i suoi confini, e i cittadini: già Atene non è in grado di attuare la “forma delle pensioni” (leggi: tagli disumani) che gli impongono i creditori internazionali, e per cui le piazze si sono sollevate. Presto i greci meno favoriti rischiano di morire di fame, nella splendida Europa. E la terza crisi che si profila? quella politica: il governo Tsipras non ha che una maggioranza risicatissima, può cadere da un momento all’altro; che poi i greci siano in gado di darsi un altro governo, è meno che probabile. Un vuoto di potere che si trasformerà in marasma da stato fallito.
Ovviamente il nostro nuovo grande alleato, Edogan, ci sta mettendo del suo. La settimana scorsa Tsipras, sull’aereo di Stato, stava recandosi a Teheran (la visita d’affari che tutti i governanti fanno di questi tempi): Ankara gli ha vietato non solo il sorvolo nello spazio aereo turco, ma anche l’atterraggio a Rodi, necessaria per il rifornimento dell’aereo di Tsipras, che è un modesto Embraer fabbricato in Brasile . Ma Rodi non è un’isola greca? Sì, ma Ankara ha sancito che essendo Rodi una zona de-militarizzata, non permetteva che un aereo pilotato da militari greci vi scendesse. L’aereo di Tsipras ha dovuto raggiunger Teheran attraverso l’Egitto e l’Arabia Saudita.
Una provocazione insensata, “una misura senza precedenti – secondo il governo greco – con cui la Turchia vuol mostrare le sua egemonia nell’Egeo”.
Non risulta che Bruxelles, né il pomposo “vertice” dei cani ringhianti, abbiano ritenuto di deplorare questa provocazione e fare la lezione ad Erdogan, mentre ne fanno tante a Tsipras, ad Orban, all’Italia. Ancor meno se ne sono accorti i politici italiani. Ormai è chiaro: la UE sta contro la Grecia e per la Turchia. Fino alla morte, eventualmente, nostra.
Fuori testo, il video della Boldrini. Come esempio concreto della vacua e pretenziosa confusione mentale del potere pan-europeo e della sua ideologia padronale. “Accogliamo i migranti, sono l’avanguardia del nostro futuro stile di vita”. E’ proprio così, impariamo a vivere come profughi miserabili, è il nostro futuro.