di Musso, in Economia, Quotidiano,
del
Una rilettura del discorso al Meeting di Rimini: Draghi vuole la monetizzazione, Draghi non vuole il Mes. Ma che farebbe Draghi se i tedeschi non fossero d’accordo, se gli dicessero di no?
Il discorso – Uno spettro si aggira per l’Italia, lo spettro di Mario Draghi. Egli si esprime per detti sibillini, raccolti in un discorso pronunziato il 18 settembre in Rimini e scritto, francamente, molto male. Egli lo definisce non “una lezione di politica economica ma… un messaggio più di natura etica”. E, tuttavia, ci sono 350 varietà di squali senza contare i banchieri. Dunque partiamo dal presupposto che precisamente di un discorso di politica economica si tratti.
… riassume ciò che è venuto a dire:
“Nelle attuali circostanze il pragmatismo è necessario (…) Dobbiamo accettare l’inevitabilità del cambiamento con realismo e, almeno finché non sarà trovato un rimedio, dobbiamo adattare i nostri comportamenti e le nostre politiche. Ma non dobbiamo rinnegare i nostri principii. Dalla politica economica ci si aspetta che non aggiunga incertezza a quella provocata dalla pandemia e dal cambiamento. Altrimenti finiremo per essere controllati dall’incertezza invece di esser noi a controllarla. Perderemmo la strada”.
In ordine, [1] Draghi comincia tirando le somme dell’ultimo proprio precedente intervento, a marzo sul Financial Times: “i governi sono intervenuti con misure straordinarie a sostegno dell’occupazione e del reddito. Il pagamento delle imposte è stato sospeso o differito. Il settore bancario è stato mobilizzato affinché continuasse a fornire il credito a imprese e famiglie. Il deficit e il debito pubblico sono cresciuti a livelli mai visti prima in tempo di pace. Aldilà delle singole agende nazionali, la direzione della risposta è stata corretta“; in quanto, “si è evitato che la recessione si trasformasse in una prolungata depressione”.
[2] Egli è il primo a riconoscere che, nel processo, “molte delle regole che avevano disciplinato le nostre economie … sono state sospese“. Ma lo rivendica: lo si è fatto, “per far spazio a un pragmatismo che meglio rispondesse alle mutate condizioni. Una citazione attribuita a John Maynard Keynes, l’economista più influente del XX secolo ci ricorda: when facts change, I change my mind. What do you do sir?”. Un richiamo esplicito allo slogan dell’articolo di marzo, che era stato: “a change of mindset”, una rivoluzione mentale.
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Messi da parte i cattivi populisti, egli si dichiara fiducioso: “il futuro è nelle riforme anche profonde dell’esistente”. …. “ci deve essere di ispirazione l’esempio di” Keynes e De Gasperi, i quali “immaginavano e preparavano il dopoguerra. La loro riflessione sul futuro iniziò ben prima che la guerra finisse“. Così noi, dobbiamo riflettere su “le nostre regole europee … La ricerca di un senso di direzione richiede che una riflessione sul loro futuro inizi subito”.
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