Nella notte, ho creduto che i video inviatimi da persona “fidata” (mai fidarsi) si riferissero al supposto massacro di Deir Ezzor per mano americana. Non ho considerato che, come hanno segnalato alcuni lettori, il paesaggio del video che ho postato non corrisponde a quello siriano (anche se l’area di DEir Ezzor è verdeggiante lungo l’Eufrate) ed è quasi certamente un episodio della guerra del Donbas.
Sulla questione dei mercenari russi, riporto qui, a mia vergogna, un articolo di Aurora:
La Siria e i mercenari fantasma russi
FEBBRAIO 17, 2018 1 COMMENTO
Alessandro Lattanzio, 17/02/2018
(…)
Diffidare dalle notizie ampiamente spacciate, ma contrastanti e prive di evidenza, su feroci combattimenti presso Dayr al-Zur e sul relativo attacco aereo statunitense, il 7-8 febbraio. L’unità “ISIS Hunters” del V Corpo d’Assalto siriano, aveva respinto l’attacco della tribù Abu Halwa, collegata a SIIL e SDF, contro le linee siriane, quando gli aggressori chiesero l’intervento aereo degli USA, che causava 25 feriti tra le forze siriane, e non i 100-600 caduti propagandato dai media occidentali e dai loro agenti in Russia (l’alleanza filo-statunitense tra neozaristi e liberisti). L’operazione antiterrorismo avveniva sotto il controllo dell’Alto Comando siriano, svolgendo un’operazione speciale in sostegno dei curdi, che con l’aiuto del governo siriano inviano ad Ifrin rinforzi da Dayr al-Zur; operazione disturbata dagli Stati Uniti con il loro intervento presso Dayr al-Zur. Inoltre, il governo siriano e i curdi ad Ifrin trattavano un accordo per dispiegare forze siriane nella regione. Ma il governo siriano chiedeva: 1) di controllare tutte le istituzioni pubbliche; 2) l’ingresso dell’Esercito arabo siriano nel Cantone di Ifrin; 3) la presenza della Polizia Militare russa; 4) la cessione delle armi pesanti o fuoriuscita dei combattenti curdi da Ifrin verso una zona occupata dagli Stati Uniti. Un possibile accordo su ciò potrebbe indicare agli Stati Uniti il momento di uscire per sempre dalla Siria, motivo che avrebbe spinto Washington ad intervenire presso i campi petroliferi di Dayr al-Zur usando i terroristi dello SIIL che gli USA proteggono nell’area compresa tra l’Eufrate e il confine siriano-iracheno.
In Siria operano unità tribali e locali addestrate e armate direttamente dai russi, come tra l’altro si è ampiamente documentato su questo sito d’informazione:
Le formazioni paramilitari siriane
Il centro informazioni e coordinamento di Baghdad nella guerra in Medio Oriente
Non è un caso che gli agenti e i sostenitori della propaganda atlantista e taqfirita denigrino queste forze bollandole come ‘mercenari dei russi’.
Sulla compagnia di mercenari russi Wagner (o Vanger)
Secondo i media atlantisti ed alleati (la suddetta alleanza neozaristi-liberali russi, che comprende l’amplia panoplia di sette putinofobe, neofasciste e ultraliberiste; una torma di agenti americanisti col dente avvelenato verso il governo russo, che ha bandito e smantellato dal 2012 decine di organizzazioni neonaziste, ONG sorosiane ed altre reti di spionaggio e terrorismo promosse da CIA e Soros), in Siria sarebbe presente la presunta compagnia di mercenari russi ChVK Wagner (o Vanger). Tale compagnia sarebbe stata vittima dei bombardamenti statunitensi del 7-8 febbraio presso Dayr al-Zur, dove, sempre secondo le suddette “fonti”, sarebbero stati uccisi da 100 a 600 russi. I realtà non ci sono fonti serie che possano confermare non solo tale strage, ma neanche l’esistenza di tale fantomatica compagnia di mercenari russi. Anche perché nella Federazione Russa le compagnie di ‘contractors’ sono vietate.
Allora chi ha creato il mito della compagnia mercenaria russa ChVK Wagner? La storia della Wagner viene dapprima promossa da tale Ruslan Leviev, (a capo del Conflict Intelligence Team, un sito di propaganda filo-ucraino che si camuffa da ‘sito di analisi militare’), e quindi rilanciata oltre che dai siti di propaganda neonazisti ucraini (come censor.net), da fonti come Radio Liberty, la radio creata dalla CIA per dare voce ai gruppi di fascisti e nazisti fuggiti negli USA e arruolati da Langley e Pentagono per la guerra fredda contro il blocco sovietico. La fonte russa che propaga l’esistenza della ChVK Wagner è il sito Fontanka.ru, universalmente ignorato in Russia data la totale inaffidabilità. In sostanza, non c’è alcuna prova dell’esistenza di tale compagnia mercenaria russa. Infatti, tutte le aziende in Russia sono registrate sui siti Brank.com ed Ergul.nalog.ru, dove tale compagnia non compare. L’unico documento ufficiale che menziona la “PMC Wagner” è non a caso del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti; tale designazione suscitava però ilarità nell’infosfera russa, dato che gli Stati Uniti avevano sanzionato un ente che non esiste.
Il mito della compagnia mercenaria Wagner nasce nell’agosto 2014, quando l’SBU, ovvero i servizi segreti ucraini, dovettero trovare una giustificazione per l’abbattimento presso Khrjashevatoe, vicino Luqansk, nel Donbas, di un aereo da trasporto militare ucraino con a bordo decine di paracadutisti inviati da Kiev per occupare l’aeroporto di Lugansk. Secondo l’SBU, furono i mercenari della Wagner che abbatterono l’aereo ucraino, non potendo dire che fu abbattuto da semplici operai del Donbas perché l’operazione d’assalto ucraina fu pianificata in modo sgangherato dai nuovi vertici ‘rivoluzionari’ fascisti e atlantisti ucraini che, appena preso il potere, epurarono i vertici delle forze armate ucraine, sostituendo personale competente con pagliacci neonazisti, psicotici settari e altri sgherri della CIA. Da allora l’SBU ucraina snocciolò cifre totalmente fantastiche su presunte perdite tra il personale del gruppo Wagner, che a quanto pare non sarebbe formato da veterani militari, ma da guerrieri della domenica con propensione al suicidio.
Aggiungo una analisi di Dezzani:
Siria: a un passo dallo scontro diretto
Nelle ultime settimane si è inasprita la guerra per procura che Russia e Stati Uniti combattono in Siria dal 2011: raid americani contro l’esercito siriano si erano già registrati in passato, ma il 7 febbraio sono finiti nel mirino anche “mercenaria russi”, impegnati nell’attraversamento del fiume Eufrate. Nel frattempo si moltiplicano le accuse rivolte a Damasco di usare armi chimiche, prodromo di nuovi possibili attacchi aerei, e l’abbattimento del jet israeliano, il 10 febbraio, testimonia il crescente coinvolgimento di Tel Aviv nel conflitto. Il fallimento strategico della destabilizzazione di Siria ed Iraq ha rafforzato l’influenza iraniana e russa sulla regione, alienando allo stesso tempo la Turchia dalla NATO: ne deriva un crescente coinvolgimento diretto di USA e Israele, coinvolgimento disperato e potenzialmente esplosivo.
Bombardare i russi sull’Eufrate: l’epilogo della disastrosa strategia USA
Risale allo scorso giugno il nostro ultimo articolo sul conflitto siriano, dall’emblematico titolo “Gli USA stanno perdendo la guerra in Siria: ed ora?”: al suo interno, commentando l’abbattimento del Su-22 siriano da parte dell’aviazione americana ed il dispiegamento di missili balistici tattici nella base americana di Al-Tanf, evidenziavamo come la guerra per procura combattuta da Russia ed USA si stesse pericolosamente indirizzando verso un scontro diretto tra le due potenze. A distanza di otto mesi, la nostra analisi ha trovato inquietanti conferme negli sviluppi degli ultimi giorni: il 7 febbraio, per la prima volta, un raid aereo americano ha coinvolto truppe russe operanti in territorio siriano,uccidendo e ferendo un numero imprecisato di “mercenari” impiegati con il placet di Mosca.
Il raid aereo, avvenuto con l’impiego di F-22, F-15 e droni MQ-91, si è concentrato su una colonna di circa 500 uomini che ha attraversato il fiume Eufrate, linea di confine informale tra la Siria “russa” e quella “americana”, nei pressi di Deir Ezzor. Il presunto attacco ad una base delle Forze Democratiche Siriane, dove erano presenti alcuni consiglieri statunitensi, avrebbe scatenato il bombardamento statunitense, costato la vita ad un centinaio di soldati tra cui diversi “mercenari” della compagnia privata Wagner. Damasco ha immediatamente bollato l’attacco come spudorata “aggressione”, seguita a ruota da qualificati commenti russi dello stesso tenore2. Ad alimentare la tensione è sopraggiunta anche la notizia di pochi giorni fa secondo cui, sempre nei pressi di Deir Ezzor, una quindicina di “mercenari russi” sarebbe stata uccisa da una trappola esplosiva3.
Un ulteriore salto di qualità nel conflitto è coinciso, il 10 febbraio, con l’abbattimento di un F-16 israeliano, colpito dalla contraerea siriana e schiantatosi presumibilmente nel nord di Israele: l’episodio è indice del crescente coinvolgimento nella guerra siriana di Tel Aviv che, in violazione dell’altrui sovranità, si sente ormai libera di colpire qualsiasi obiettivo siriano-libanese-iraniano che possa rappresentare una minaccia alla sua sicurezza nazionale.
Sullo sfondo, nel frattempo, si moltiplicano le accuse a Damasco di impiegare armi chimiche contro i ribelli: “U.S. takes aim at Russia after suspected Syrian government gas attack” scriveva l’agenzia Reuters il 23 gennaio4, riportando le affermazioni del Segretario di Stato Rex Tillerson secondo cui Damasco, e in ultima analisi Mosca, sarebbero responsabili dell’uso di gas cloro sugli insorti.Dall’ormai celebre episodio dell’agosto 2013, è risaputo che le armi chimiche siano soltanto il pretesto per intervenire militarmente nel conflitto, così da alleggerire la repressione sui ribelli e tentare di ribaltare la situazione sul campo.
Stati Uniti ed Israele aumentano quindi drammaticamente il proprio coinvolgimento nel teatro siriano, col concreto rischio che un attacco contro le forze russe (da parte di Washington) o le forze siriane-sciite (da parte di Washington e/o Tel Aviv) sfoci in un’escalation regionale. Come si è arrivati a questo punto? E perché è concreto il rischio che la guerra per procura iniziata nel 2011 evolva in scontro militare diretto?
La risposta deve essere ricercata nella disastrosa strategia di balcanizzazione del Levante adottata da Washington e alleati, strategia che, anziché rafforzare l’influenza atlantica sulla regione, ha finito col cementare l’alleanza tra Russia, Iran e Turchia, allargata a Libano, Siria ed Iraq. È un’alleanza che rischia di stritolare gli angloamericani e gli israeliani. La volontà di proseguire sulla stessa strada seguita sinora, nonostante sia ormai evidente che non ha sbocchi, sta portando Washington e Tel Aviv ad imbarcarsi in avventure militari tanto disperate quanto pericolose: come l’episodio del 7 febbraio o i progetti israeliani di una terza guerra contro il Libano.
I piani originali dell’establishment atlantico prevedevano, come più volte sottolineato nei nostri articoli, la destabilizzazione ed il collasso di Siria ed Iraq, sulle cui ceneri avrebbero dovuto nascere il Califfato sunnita dell’ISIS, un grande Kurdistan ed una pluralità di staterelli sciiti, alauiti, etc. etc. Lo sforzo di balcanizzare la regione raggiunge l’apice nel 2014, quando lo Stato Islamico, creato e finanziato dagli USA, si espande a cavallo di Iraq e Siria; parallelamente iniziano ad apparire sui media le epiche gesta dei curdi di Kobane ed il Kurdistan acquisisce sempre maggiore concretezza.
Fermamente convinti a sventare i piani di Washington sono la Russia, che non può permettersi di perdere l’affaccio sul Mediterraneo, l’Iran, che non può permettersi di rimanere isolata dagli sciiti libanesi e siriani, la Turchia, che non può permettere che alla sue frontiere nasca un Kurdistan che catalizzi anche la propria minoranza curda. Nell’autunno 2017, l’alleanza russo-turco-iraniana è formalizzata al vertice di Sochi.
La balcanizzazione del Levante si trasforma così in una vera disfatta strategica per “l’Occidente”:
- la Russia ritrova il rango di superpotenza e si afferma come arbitro degli equilibri regionali;
- l’Iran, creando il cosiddetto “corridoio sciita” attraverso Iraq, Siria e Libano, raggiunge il Mediterraneo ed ottiene un’influenza che nessuno avrebbe mai immaginato 15 anni fa;
- la Turchia, costretta a lanciare la missione “ramo d’olivo” per sradicare l’esercito curdo ai suoi confini, si allontana progressivamente dalla NATO in un crescendo di tensioni con gli Stati Uniti. Parallelamente converge verso Mosca, ben felice che Ankara sradichi le milizie addestrate, finanziate e sostenute dagli Stati Uniti.
Di fronte a questo disastro strategico, agli USA non resta quindi che asserragliarsi a est dell’Eufrate, con l’obiettivo di creare (in una zona peraltro semi-desertica) un piccolo Stato controllato non più dall’ISIS dalle Forze Siriane Democratiche, essenzialmente di etnia curda. È un’operazione disperata,perché le sono contrari pressoché tutti gli attori regionali: la Turchia, che giudica qualsiasi Kurdistan una minaccia alla sicurezza nazionale, la Siria, che vuole riconquistare la totalità del suo territorio, l’Iran, che non vuole intralci sul corridoio sciita, e l’Iraq, dove si svolgeranno ai primi di maggio le elezioni parlamentari che quasi certamente confermeranno il premier “filo-iraniano”5 Haidar al-Abadi.
Analogamente, si è fatta sempre più critica la posizione di Israele, paradossalmente peggiorata dopo 15 anni di guerre mediorientali, Primavere Arabe e destabilizzazioni: tanto era sicura Tal Aviv nel 2003, quando il malconcio Saddam Hussein dominava Bagdad, quanto è fragile oggi che l’Iran è assurto a potenza regionale incontrastata.
Persa l’iniziativa, persi gli alleati, USA e ad Israele devono quindi ripiegare su disperate e pericolosissime avventure militari: bombardare i russi che attraversano il fiume Eufrate, moltiplicare i raid in Siria, progettare una nuova invasione del Libano, sognare di destabilizzare l’Iran con una rivoluzione colorata o sferrargli tout court un attacco.
Scrivendo nel febbraio 2018, possiamo affermare che gli USA hanno perso la guerra in Siria ed è, senza dubbio, la più grave sconfitta militare mai subita: per il valore geopolitico della regione, gli attori coinvolti ed il significato storico, supera di gran lunga la disfatta in Vietnam. Il rifiuto della realtà ed una certa visione apocalittica/messianica che contraddistingue l’establishment atlantico ed israeliano potrebbe condurre anche ad azioni non perfettamente razionali: l’escalation in Siria e la conseguente guerra di sistema.
La Siria e i mercenari fantasma russi
“Decine di russi uccisi in Siria da un attacco USA”, titolava il New York Times il 13 febbraio.
(Dozens of Russians Are Believed Killed in U.S.-Backed Syria Attack)
Bloomberg ha parlato di 200 mercenari di nazionalità russa uccisi in uno scontro attorno ai giacimenti petroliferi di Deir Ezzor, dove i russi (della ditta di contractors Wagner Group) cercavano di riprendere possesso dei pozzi per conto del governo di Bashar Al Assad. Il gruppo infatti ha un contratto per cui è compensato col 25% degli introiti petroliferi dei pozzi che riesce a recuperare e proteggere per conto di Damasco.
L’evento è stato smentito da Maria Zakharova, la portavoce degli Esteri: “I resoconti sulla morte di decine e persino centinaia di cittadini russi sono un classico esempio di disinformazione. .. Secondo quanto riferito, cinque persone, ritenute essere cittadini russi, sono state uccise. Diverse persone hanno subito lesioni, ma è necessario verificare se sono tutti cittadini russi. ”
Il Pentagono invece ha confermato tutto, affermando di bombardato il gruppo “per autodifesa”, contro “forze ostili” che stavano operando un “attacco provocatorio e coordinato” sulla posizione del gruppo curdo “Forze Democratiche Siriane”, dove erano presenti consiglieri statunitensi.
La parte americana sostiene di aver preso contatto con responsabili russi, dichiarando che tali incidenti erano inaccettabili. Subito dopo, ha scatenato un massiccio “contrattacco“ con l’uso di un bombardiere strategico B-52 quadrimotore per attacco al suolo AC-130 (detto cannone volante), dei droni MQ-9, dei caccia F-15 e degli elicotteri AH-64. Uno spiegamento di forze aeree mostruosamente spropositato e schiacciante. “Diverse artiglieria e carri armati sono stati distrutti, ma non appena gli aggressori hanno iniziato a ritirarsi, abbiamo cessato il fuoco”, ha detto il Pentagono.
La stessa Wagner ha confermato, specificando che i feriti sono stati 72, gli uccisi 40, di cui due russi. Wagner ha anche affermato che le truppe siriane e i contractors Wagner riprendere la raffineria di petrolio dai curdi, sostenuti dagli Stati Uniti, senza consultare il ministero della Difesa russo.
Nella corsa verso un’altra guerra in Siria, se si tien conto degli altri fatti prodottisi nelle poche ore seguenti:
il ministro inglese Boris Johnson ha ripreso a finanziare Al Qaeda in Siria, che aveva interrotto nei mesi scorsi.-
http://www.voltairenet.org/article199732.html
Emmanuel Macron ha reiterato la minaccia di “Un intervento diretto e immediato in Siria” contro Assad “in caso utilizzi armi chimiche”, e ci sono precisi indizi che i Caschi Bianchi stanno esercitandosi ad un false flag chimico.
https://reseauinternational.net/mais-en-quoi-consiste-la-ligne-rouge-demmanuel-macron-sur-les-armes-chimiques-en-syrie-video/
All’ONU, la nota ambasciatrice Nikki Haley ha rigettato l’esposizione di Staffan De Mistura sul
Congresso Nazionale di Dialogo Siriano riunitosi a Sochi il 30 gennaio per stabilire un processo per la stesura di una “nuova Costituzione” siriana, e costituitosi in Commissione Costituzionale fra le varie componente civili siriane. Gli Stati Uniti, ha detto, hanno il diritto di difendersi dal terrorismo.
L’Occidente dunque ha rifiutato la pacificazione e posizionato le sue pedine contro la Siria come ai tempi di Obama e Hollande.
(Restano le vere fake news italiane):