Anzitutto: E’ israeliano uno dei due piloti sul caccia indiano – un Sukhoi 21 UPG – abbattuto dai caccia pakistani negli scontri aerei di metà febbraio, e che si sono eiettati prima di precipitare. Lo ha rivelato il giornale pakistano Ummat: “….Non solo l’India ma anche Israele erano per l’aggressione al Pakistan ed una parte degli aerei da combattimento indiani , armati di missili israeliani [Rafael Spice-2000, bombe teleguidate]. Uno dei piloti del Sukhoi abbattuto è israeliano, cosa che Tel Aviv non ha voluto mediatizzare”.
Con un effetto imbarazzante. Mentre l’India ha immediatamente comunicato al Pakistan, per via diplomatica, che “ogni condizione sarà accettata per la liberazione del tenente colonnello Abhindanan Varthaman, figlio dell’ex comandante delle forze aeree dell’India” – il pilota indiano, che è stato riconsegnato alla sua patria – “il Pakistan non sapeva a chi consegnare il pilota israeliano. A quel punto l’India ha dichiarato che il suo aereo era stato abbattuto da un F-16 americano. ..Ciò ha permesso ai responsabili americani di aprire un’inchiesta” e quindi (si ritiene) a loro può essere stato consegnato l’israeliano. Ma a certe condizioni, non sappiamo quali, che Israele non vuol concedere. . A credere ad Ummat, Tel Aviv avrebbe fatto sapere ad Islamabad che se non consegnava il pilota, avrebbe scatenato la guerra; al che i comandi del Pakistan hanno risposto di aver puntato “i missili Shaheen III che possono distruggere tutto Israele”.
http://parstoday.com/fr/news/middle_east-i76711-pakistan_un_pilote_isra%C3%A9lien_captur%C3%A9
Israele trama una guerra fra India e Pakistan?
Dunque è confermata l’informazione lanciata subito da Robert Fisk, lo storico inviato in Palestina per l’Independent, e su cui avevo sorvolato per non esagerare in antisemitismo complottista: “Israele gioca un ruolo importante nell’aggravare il conflitto fra India e Pakistan”. Da mesi, scrive Fisk, “Israele si è affiancato al governo nazionalista indiano del B JP in una non confessata e pericolosa “coalizione anti-islamica”. L’India è il più grande cliente di armamenti israeliani; nel 2017 ha sborsato 530 milioni di sterline per la difesa aerea, sistemi radar munizioni di Sion, molte testate nelle offensive militari di Israele in Siria e contro i palestinesi. Commandos indiani si sono esercitati con corpi speciali di Sion nel Negev; una delegazione militare indiana di 45 ufficiali, fra cui 16 teste di cuoio “Garud”, sono state ospitate nelle basi aeree i Palmatim e Nevatim, Israele. Il grande promotore di questa “alleanza” è Netanyahu, che ha fatto amicizia col presidente nazionalista Mody, evidentemente nel quadro dei suoi sforzi per stabilire forti relazioni con governi e regimi di destra, sovra misti, anti-islamici.
Anche il sito Gli occhi della Guerra ha messo i rifletttori sulla trama di Israele in India:
http://www.occhidellaguerra.it/le-armi-di-isreale-decisive-in-un-conflitto-tra-india-e-pakistan/
Fisk, da esperto delle aggressioni ai palestinesi, ha riconosciuto i metodi sionisti anche nell’attacco indiano con aerei a un preteso “campo di terroristi”, come “rappresaglia per un attacco alle sue truppe”, e la comunicazione che era stato distrutto “Un centro di comando e controllo”. Solo che una cosa è attaccare dal cielo Hamas, un’altra il Pakistan con un vero esercito. L’operazione è stata molto lontana da un successo, i “300 terroristi eliminati” sembrano alberi e cespugli della foresta del Kashmir. Il fatto che un caccia indiano guidato da un pilota israeliano sia stato abbattuto mentre prendeva la fuga, dopo aver lanciato a casaccio ed in fretta le sue bombe intelligenti, dice molto.
Obsolescenza di un impero
Dice che i metodi, le tattiche di aggressione e le forze superiori usati dall’impero israelo-americano con ovvio successo su quasi inermi, soffrono di una certa obsolescenza quando sono adottati contro vere forze armate. Una obsolescenza di idee e di tecnologie, dimostrata dalle amarissime sorprese che l’Intelligenza Artificiale applicata al pilota automatico nei Boeing 737 , ai difetti inemendabili del costosissimo F-35; e dalle ribellioni e scollamenti ai che i vassalli dell’impero, ai suoi margini, si permettono: dalla Germania che se ne infischia dei divieti di Washington contro il NordStream 2, fino alla Turchia – e perfino l’Italia che apre alla Via della Seta cinese nonostante gli altolà da Washington, cosa davvero mai vista, sono tutti sintomi.
Il vecchio gigante ha il fiato grosso in termini di economia, innovazione, intelligenza strategica e scientifica. Né si può ignorare che in Siria, l’asse sion-americano ha impegnato sforzi enormi ed ha subito una sconfitta. I curdi sono stati ancora una volta mandati a sostituire gli “scarponi sul terreno” che gli americani non sanno fornire, per essere poi traditi e abbandonati. Il “vertice di Varsavia “ fortemente voluto da Netanyahu e Mike Pence per adunare una coalizione anti-Iran, s’è concluso con peggio che un fallimento, ma con la diserzione di tutti i paesi di Visegrad, per solidarietà con la Polonia che l’ebreo ministro degli esteri non si è trattenuto di accusare di “antisemitismo”. Quanto all’ultimo incontro di Trump con il nordoreano Kim, un buco nell’acqua ridicolo. Le sanzioni alla Cina, saranno presto rimangiate perché danneggiano gli Usa più che Pechino. Ogni giorno che passa, il cambio di regime in Venezuela diventa sempre meno facile.
L’appoggio che i “populisti” italiani speravano di ottenere contro la UE, Germania e Macron non è mai arrivato davvero. La realtà è che, dopo 20 anni di guerre per Israele, l’impero, se non è affatto una tigre di carta, è una tigre che ha perso molti denti.
Soprattutto, la gestione stile-neocon (alias Israeli Lobby) della politica internazionale di Washington ha fatto perdere agli Usa il vero, essenziale tratto imperiale: quello della potenza amica e cordiale, che chiama attorno ad un progetto di civiltà “genti diverse” per fare qualcosa di grande assieme. Sappiamo che questo è semplicemente impossibile alla mentalità ebraica – essa concepisce il comando solo al modo biblico, “spargerò il terrore di te fra le genti” – e difatti da oltre un ventennio gli Usa ebraicizzati non fanno che compilare liste di proscrizione, elencare “stati canaglia” da sanzionare, punire e bombardare; destabilizzare; da ultimo, chiedere agli alleati europei un aumento di prezzo per la “protezione”, un atteggiamento che ha fatto scrivere a Wayne Madsen , in parodia del motto trumpiano, “Make Cosa Nostra Great Again”. Niente più piani Marshall, nemmeno più diplomazia del ping-pong (con cui Nixon aprì alla Cina di Mao), ma solo ostilità e minacce: un tratto ebraico che è il contrario del “comando”, ed è dannoso nel momento storico in cui il paese non ha più tutta la forza per attuare le sue minacce.
Un banchiere di Citigroup, Jean Luc Baslé, ha lucidamente criticato nell’America neocon “la militarizzazione (weaponization) del dollaro: il governo Usa lo strumentalizza per imporre le sue decisioni a paesi che considera “nemici” in modo estraterritoriale, dunque illegale, obbligandoli a ricorrere ad altri metodi di commercio internazionale. Questa politica è potenzialmente assai dannosa per gli Stati Uniti e per il dollaro come moneta di riserva mondiale”.
Guerre per rallentare lo sviluppo dei concorrenti imperiali
Il tema angosciante della decadenza e perdita di presa e di egemonia ai margini, è un tema dibattuto in Usa. “Siamo noi “Roma”? L’America è la via dell’impero romano? Decadenza burocratica, massiccio indebitamento pubblico, un esercito sovraccarico, un sistema politico apparentemente incapace di rispondere alle sfide – “il tardo impero romano ha sofferto di queste malattie”, osservava qualche settimana fa , osserva The American Conservative
https://www.theamericanconservative.com/articles/benedict-option/
Con questa consapevolezza, torniamo al Kashmir: cosa ci fanno i piloti israeliani a combattere contro il Pakistan? Un’idea terribile mi fu espressa personalmente da Edward Luttwak una trentina di anni fa: una guerra fra India e Pakistan sarebbe una utile dimostrazione sugli effetti di un conflitto nucleare, istruttive verso altri paesi.
Ora, la stessa idea è nata nella mente dell’analista di cose militari Valentin Vasilescu: “Una guerra indo-pakistana sarebbe un regalo insperato per l’economia anglo-americana”.
“Le proiezioni del prodotto interno lordo dei vari paesi nel 2030”; spiega Vasilescu, “sono inquietanti per gli Stati Uniti. La Cina sarà al primo posto, con un PIL i 64,2 trilioni di dollari (un aumento del +177%); il secondo posto sarà occupato dall’India, con un PIL di 46,3 trilioni e un aumento del 387%. Gli Stati Uniti saranno terzi, con 31 mila miliardi e un aumento del +60%. La Russia, nonostante tutte le sanzioni impostele da Usa ed UE, sarà ottava con 7900 miliardi, e un aumento di + 98%. La Germania sarà al decimo posto con un aumento di +64%.
“in questa prospettiva”, istigare “un conflitto bellico tra India e Pakistan li obbligherà a rio orientare la spesa pubblica dallo sviluppo l’acquisizione di armi moderne- ne ritarderà la crescita economica. D’altra parte, la Cina ha relazioni tese con l’India ed è alleata al Pakistan. Se trascinata in un modo o nell’altro nel conflitto, Usa e Gran Bretagna ci guadagnerebbero su due piani – arrestando o rallentando la crescita economica di India e Cina”.
Pensate che gli USA a guida israecon non possano avere piani così malvagi e perversi? Ma è esattamente quello che hanno fatto ad Iran e Irak, istigando ed armando Saddam Hussein, il loro “alleato”, e restando a guardare mentre l’irakeno consumava le sue forze umane e finanziarie, e le prospettive di modernizzazione del paese, in otto anni di guerra tremenda, dissanguando l’Iran e dissanguandosi (1980-88).
Quando anche i banchieri diventano anti-NATO….
“Stop OTAN!”, Stop alla NATO!, è il grido che suona sulla copertina di un saggio appena uscito in Francia. Uno slogan da centro sociale o altermondialista, o da Giulietto Chiesa. Il punto è che invece, lo hanno firmato Hervé Hannoun e Peter Dittus.
Ossia: l’ex segretario generale della Banca dei Regolamenti internazionali (Dittus), e il suo vice-segretario, Hannnoun. Il quale è stato, prima, ai vertici della Banca di Francia; Dittus alla Banca Mondiale e all’OCSE. Insomma due membri dell’Establishment globalista se ne esiste uno.
Da far trasecolare l’intervistatore di Hannoun, che chiede: lei è un economista e come mai esce con questo grido – “Stop NATO”?
Hannoun: “Io sono stato parte attiva e professionale nel processo che ha portato all’Unione Monetaria e all’introduzione dell’euro. Ma al momento del referendum del ’92 sul Trattato di Maastricht, voluto da Kohl e Mitterrand come progetto per la pace (sic), non immaginavo che nel ’98 sarebbe stato sviato dal progetto geopolitico americano di prendere il controllo di fatto della politica di sicurezza europea – grazie all’allargamento simultaneo della Unione Europea e della NATO ai paesi dell’Est, e – devo dire – grazie anche a Sarkozy (j) che nel 2008 ha abbandonato la postura strategica gaullista di rifiuto di entrare nel comando integrato NATO. A partire dal momento in cui 22 paesi della UE su 29 diventavano membri integrali della NATO, lo spirito iniziale di Maastricht “Europa per la Pace” (sic) era inevitabilmente volto al contrario dall’ingerenza degli Stati Uniti per i suoi propri obiettivi geopolitici. Ho voluto mettere a nudo questo “tradimento” nella speranza di far tornare la Francia nello spirito di non allineata e di una Europa indipendente dagli Stati Uniti voluta da De Gaulle e Mitterrand. E’ ancora possibile”.
Come mai questa urgenza?
“Ciò che mi ha impressionato – risponde il banchiere – è, dal 2014, il montare della retorica aggressiva dei comunicati unanimi e pubblici all’uscita delle riunioni dei ministri degli Esteri, poi dei capi di Stato e di governo del G7 e della NATO. Il rullo compressore americano e il loro dominio efficace della comunicazione, mirante allo scontro con la Russia. La dinamica aggressiva di gruppo dei G7 e della NATO è inquietante. L’opinione pubblica non ha alcuna presa su questa avanzata da sonnambuli della NATO verso un conflitto armato nell’Est Europa”.
Ancora una volta, bisogna ricordarsi che non stiamo leggendo Giulietto Chiesa, ma un banchiere globale. Una guerra in Europa?!
“Il rischio è reale”, risponde Hannoun. “La NATO è un meccanismo di allineamento in materia di difesa, dell’Unione Europea sugli Stati Uniti. Ora, questi hanno una postura ogni giorno più bellicosa. Si può temere il peggio se non si pone fine all’embricazione della Unione Europea con la NATO, il che richiede che i 22 paesi della UE escano dall’Alleanza. Non si può fermare la deriva verso “l’Europa della Guerra” se non tagliando il legame di subordinazione stabilito dagli Usa tra la NATO; che loro controllano, e la UE”.
Hannoun prosegue: il vero motivo di questa aggressività inutile e pericolosa, è che “il sistema militare-industriale deve inventarsi un nemico per giustificare le enormi spese militari della NATO: mille miliardi di dollari annui”. Ed è senza senso continuare a ripetere che la Russia ci minaccia: un paese di 146 milioni di abitanti, che non è una grande potenza, e che a malapena destina alla difesa 50 miliardi annui. Parte di quei mille miliardi potrebbero essere diretti a riduzioni della povertà, alla soluzione dei problemi idrici o al miglioramento del sistema sanitario, ma no – quelli del sistema militare-industriale voglio preservare l’allocazione del’immenso capitale per i loro scopi.
E conclude: “Bisogna aprire questo discorso interdetto per le elezioni europee del 26 maggio”. Dunque anche lui “sovranista”…
Ora, sorvoliamo sulle menzogne di Maastricht come progetto di pace…. Il fatto stesso che un banchiere globale possa enunciare di ribellarsi alla superpotenza americana ad alta voce, deve dire due cose: che la vecchia tigre è debole e perdente, e che se è ancora temuta, è per il suo avventurismo aggressivo e la sua imprevedibilità criminale. Insomma per la sua follia, non per la sua capacità di guida illuminata e cordiale. Gli americani ringrazino Israele se a questo è ridotto il loro prestigio mondiale.
E noi? Non ho alcuna idea particolarmente favorevole sulla nostra adesione alla Via della Seta – che del resto i tedeschi sono stati i primi ad accogliere, con il capolinea ferroviario di Duisburg. La sola cosa certa, è che gli americani non hanno più nulla da offrire in cambio per tenere insieme l’alleanza, se non sanzioni, minacce, guerra. Il modo di “comando” di Sion.