Damasco (AsiaNews) – Gli ultimi sviluppi della guerra in Siria mostrano che “non vi è la volontà di lasciare in pace questo Paese”; al contrario, attori regionali e potenze mondiali “sembra stiano cercando sempre più un pretesto per intervenire con una durezza ancora maggiore, e combattere”. È quanto sottolinea ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, commentando l’escalation della tensione all’indomani dell’attacco a Douma, ultimo bastione ribelle nella Ghouta orientale, periferia est della capitale. Fonti dell’opposizione denunciano l’uso di armi chimiche; Damasco smentisce con forza le accuse. Intanto all’Onu si consuma lo strappo fra Stati Uniti e Russia, che rischia di degenerare in conflitto aperto sul terreno.
In riferimento alla vicenda di Douma, il prelato ricorda come in queste ore “la Siria sta chiedendo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di inviare una commissione di inchiesta”. Tuttavia, aggiunge, le potenze del blocco anti-Assad [Stati Uniti, Regno Unito, Francia] vogliono adottare il pugno di ferro e non sembrano “accettare alcun compromesso”.
Il presidente Usa Donald Trump sta valutando l’ipotesi di attaccare la Siria. Una decisione dovrebbe arrivare entro le prossime 24, al massimo 48 ore. Gli Stati Uniti sono intenzionati a preparare una “risposta forte” a quello che definiscono un “atto barbarico” del leader siriano Bashar al-Assad contro la popolazione di Douma.
Secondo fonti dell’opposizione [ma non vi sono conferme indipendenti] nell’attacco sono morte circa 60 persone, fra cui donne e bambini. Almeno mille i feriti. A sostegno dell’interventismo americano vi sono anche il presidente francese Emmanuel Macron [che nel fine settimana ha intrattenuto una lunga conversazione telefonica con Trump] e il governo di Londra. I leader hanno concordato una “azione forte e comune”.
Il muro contro muro fra potenze ha registrato un nuovo capitolo nella serata di ieri all’Onu. L’ambasciatore russo Vassily Nebenzia ha smentito con forza le accuse di attacchi con armi chimiche, per i quali “non ci sono prove”. Egli ha quindi puntato il dito contro Washington, Londra e Parigi, che avrebbero avviato “una campagna di aggressione contro la Russia e la Siria, uno Stato sovrano”. “Non vi rendete conto – ha concluso – a che livello di rischio state spingendo la situazione internazionale”.
Immediata la replica della rappresentante statunitense Nikki Haley, secondo cui Mosca in Siria “sostiene un mostro”; tuttavia “l’ostruzionismo russo non impedirà agli Stati Uniti di rispondere”. Gli Usa premono per un voto del Consiglio di sicurezza, ma sinora non si è trovato l’accordo sulla bozza di risoluzione da presentare agli Stati membri.
“Russia e Stati Uniti dicono tutto e il contrario di tutto. Washington accusa ma non ha certezze. Quello che non mi spiego – prosegue il vicario di Aleppo – è il senso di un attacco con armi chimiche dopo aver già liberato quasi tutto il territorio della Ghouta orientale. Mi sembra poco credibile e mi chiedo chi possa trarre vantaggio da tutto questo”.
In un contesto di crescenti accuse e violenze, resta centrale l’appello per la pace di papa Francesco, che anche nei giorni scorsi è tornato a pregare per la Siria. “Le parole del pontefice – afferma il vicario di Aleppo – corrispondono alla nostra posizione e al nostro desiderio più grande. Vogliamo la pace. Di fronte a queste azioni e alle conseguenti minacce, la gente ha paura e l’escalation degli ultimi giorni preoccupa moltissimo. Non saprei dire cosa è cambiato nelle ultime settimane, ma si vede che vi è la ricerca di un pretesto per distruggere il nostro Paese”.
l prelato si augura che possa tornare a prevalere la logica del dialogo, della pace “e per questo noi preghiamo tutti i giorni. Stiamo valutando – aggiunge – l’opportunità di organizzare una giornata di preghiera nazionale per la pace”. “Bisogna arrivare a una soluzione condivisa – conclude – ma se non si adotta il criterio della verità e si sfruttano menzogne e bugie per i propri fini sarà difficile. E a pagarne le conseguenze saranno sempre le famiglie siriane, devastate sul piano economico, sociale e morale da un conflitto senza fine”.(DS)